I modelli alimentari prevalenti, verso una transizione sostenibile
Abitudini e modelli alimentari nel mondo Marvin Harris, un antropologo americano di fama internazionale, ha scritto, a metà degli anni 80, un saggio dall’intrigante titolo Buono da mangiare – Enigmi del gusto e consuetudini alimentari. Non si tratta dell’ennesimo libro a metà tra il ricettario e lo sfoggio da gourmet, ma di un fondamentale testo di antropologia dei consumi alimentari. La ricerca affonda le sue radici nella cultura e tradizioni alimentari dei popoli, aiutando il lettore ad interpretare le più affermate abitudini alimentari esistenti nei diversi Paesi e le motivazioni alla base di tali scelte consolidate. Una delle ragioni che l’autore chiama in causa per interpretare ciò che “è buono da mangiare” e le sostanziali differenze tra luoghi e culture del mondo è da ascriversi ai condizionamenti ambientali che esistono, nonché alla densità demografica dei diversi paesi.
Harris analizza anche i rapporti costi/benefici, non solo economici, tra i diversi cibi prodotti e consumati prevalentemente nei diversi contesti. Si spinge anche a teorizzare le motivazioni “pratiche” alla base di certe preferenze/avversioni alimentari indotte da quattro grandi religioni: induismo, buddhismo, ebraismo e islamismo. Il cristianesimo viene analizzato solo in relazione al consumo, avversato o meno da alcune culture o popolazioni soprattutto dell’emisfero Nord, di carne equina. Per molti tabù alimentari l’autore ricerca le cause nel contesto dell’intera organizzazione produttiva degli alimenti, così come si è stratificata nel corso dei secoli. Harris analizza anche alcuni approcci molto discutibili degli aiuti alimentari offerti da alcuni Paesi sviluppati ad altri più poveri o in condizioni di emergenze umanitarie…