Gli artigiani di Firenze a lavoro nella Torre de’Pulci
Quando il 12 marzo 1933 i Georgofili in solenne assemblea festeggiarono il loro trasferimento definitivo nel ”Palazzo Torre de’Pulci”, il lustro di secoli di storia c’era a pieno.
Prima di tutto, certamente, quello della prestigiosa istituzione fiorentina ricca di 180 anni di vicende gloriose che Arrigo Serpieri aveva evidenziato in una sua lunga relazione del 24 aprile 1932 al Ministro dell’Agricoltura e Foreste e quello anche però di una città, Firenze, che accoglieva, tramandata di generazione in generazione, l’arte di ‘lavorare con le mani’ e produrre capolavori; arte diffusa nelle strade della città (e nei borghi vicini) e che faceva della bella Firenze un luogo vivo, propulsivo, invidiato e non omologabile.
Questo è ciò che emerge dai documenti conservati nell’Archivio Storico, Sezione Contemporanea dei Georgofili, un prezioso patrimonio di una storia forse ancora troppo vicina per capirne il senso e il significato. Ma basta sfogliarne le carte per comprendere che siamo dinanzi ad un patrimonio smisurato di notizie leggibili da varie angolazioni: storiche, politiche, economiche, sociali. A noi, in questo primo nostro articolo dedicato alla sede dei Georgofili nella Torre de’ Pulci nell’ottantacinquesimo anniversario dell’insediamento, è piaciuto cogliere l’immagine di una città sì di tradizione mercantile, ma anche artistica, ossia Artigiana, dove il mestiere fatto di tante sapienze era capace di trasmettere assonanze antiche che avevano radici nel più profondo cuore della storia fiorentina.
Al conte Luigi Bottini era stato affidato fin dal 13 aprile 1932, l’incarico “di controllo e visto sugli stati di avanzamento dei lavori al palazzo Torre dei Pulci”, compito che Bottini assunse con alto senso del dovere (v. sua lettera del 14 aprile) e che svolse con immenso impegno e precisione, appoggiato sempre dal presidente dell’Accademia Serpieri e coadiuvato da eminenti colleghi impegnati nel controllo delle spese e nella richiesta di finanziamenti.
Sui lavori vigilò la R. Soprintendenza all’arte medievale e moderna della Toscana alla quale l’Accademia si era rivolta per procedere in modo consono alla sistemazione della nuova storica sede. Dall’Archivio emerge un costante contatto fra le due istituzioni, e sicuramente anche i Georgofili si impegnarono direttamente nella ricerca di artigiani capaci di rispondere alle loro esigenze per gli arredi e per la sistemazione dei locali.
Senza volgere lo sguardo troppo oltre, Firenze offriva manodopera di altissimo livello.
Era tradizione dei Georgofili guardarsi attorno e porre la propria attenzione verso chi sul luogo potesse rispondere alle loro esigenze; moltissimi gli esempi che al riguardo potremmo citare, ma basta qui ricordare l’apprezzamento manifestato a metà ‘800 dall’Accademia per l’officina di Giovanni Holliger a Rovezzano dove si adattavano alle esigenze della campagna toscana macchine agricole d’importazione, avvalendosi esclusivamente di operai del luogo.
Fu così anche nel 1932.
Citeremo qui di seguito solo alcune delle ditte alle quali l’Accademia si rivolse per i lavori alla nuova sede; esemplificazione di questo interesse per le maestranze locali, ma anche e soprattutto dimostrazione di quanto fosse fitto nel tessuto economico della città quel reticolo di attività manifatturiere e artigiane che la rendevano dinamica:
“Auctio”, vendite all’asta” per il grande tavolo di noce massello della presidenza; “Tappezzeria Carlo Saccardi” di Via S. Zanobi 86 per l’imbottitura di quattro sedie per la sala delle adunanze e per la tappezzeria degli scaffali della biblioteca; “Ditta Armando Bruschi”, Via Guelfa 75, stabilimento vetrario per le vetrate trafilate a piombo; “Pietro Nerucci & C.”, Via Cavour 51 per gli impianti elettrici; “Rangoni Basilio e Figlio”, Via del Pignoncino 16, falegnami stipettai ai quali spettò di provvedere alla stanza della biblioteca disegnandone le librerie e costruendole in castagno e in abete; “Ditta Giuseppe Palagi”, Via della Pergola 1 per decorazioni in pittura, dorature e verniciature; “Fratelli Bonini” con stabilimento a Pontassieve e sede sociale in piazza Duomo 10 specializzati in tessitura e tappeti di lana lavorati a mano uso Smirne, stoffe per mobili damaschi, broccati e velluti; “Ditta Giuseppe De Micheli e C.”, Via Brunelleschi 4 per l’impianto di riscaldamento; “Bastianelli Omero”, ebanista di Antella, specializzato in cornici a sbalzo fornite all’Accademia per i ritratti dei Principi di Piemonte; “Ditta G. Mantellini”, piazza Madonna 8 per il trasporto “di diverse piccole statue e libri” e “Remozione di una statua di circa 20 quintali e di altra di circa 7 quintali da via Ricasoli a Galleria degli Uffizi; “Società Anonima ‘La Capannuccia’”, Via Ricasoli 5 per la posa in opera del pavimento a quadri pressati rossi; “Giovanni Fantechi”, Via dei Servi 33 per mobili intarsiati stile Rinascimento, sedie stile antico ricoperte di velluto rosso, bronzi, ferri battuti, ottoni sbalzati; “Fratelli Mariani, Viuzzo Moriani 2, specializzati in ferro battuto, cancelli e lanterne e che fornirono all’Accademia 8 lumiere in ferro forgiato per il salone, 4 boccioli per le lampade della biblioteca, 1 lanterna per la scala completa di stige e vetri, nonché lumiere e boccioli per l’ingresso e gli altri locali; “Premiata Officina meccanica Giulio Bruscaglioni” per un lume da tavola; “Officina Fratelli Ridi”, Via della Fornace 3 per ferri battuti artistici; “Eternit”, piazza S. Maria Novella 21 per le canne fumarie; “Cartoleria R. Anichini & C.”, Via Oriuolo 53 per la cancelleria; “La Florida” di Ferdinando Fallani, Via dei Fossi 31, grossista in telerie, filati e ricami per fornitura di 6 asciugamani; “Fabbrica prodotti chimici Flora”, Via Mino 2 per detersivi; “Angelo Peyron” ditta con sede a Firenze e Roma, specializzata in tappeti, stoffe per mobili, coperte.
L’elenco potrebbe essere infinito a segno e riprova di una città produttiva, nelle cui vie dove oggi campeggiano fast-food e grandi marche, qualche tempo fa c’erano botteghe dove il lavoro ferveva e venivano realizzati veri e propri capolavori.
Agli artigiani fiorentini citati, aggiungiamo il nome della ditta milanese a cui l’Accademia si rivolse per la fabbricazione e posa in opera dell’ascensore, l’“Officina meccanica Stigler”, Via Galileo 45; non possiamo sottacere anche l’associazione “Roman International Charities” presso la quale Luigi Figna, a nome dei Georgofili, acquistò “una lumiera usata in vetro di Murano con 6 lampadine”.
Per concludere i nomi di alcuni mastri artigiani che lavorarono per i Georgofili: Olderigo Meucci, maestro scalpellino; Arturo Baldi, maestro muratore; Arturo Berni, Attilio Focardi, Alfredo Lombardi, falegnami; Giuseppe Dini, decoratore; Egidio Aliani, maestro verniciatore; Ugo Maiani, scalpellino e ornatista; Venanzio Bolsi alle cui mani venne affidata la patinatura della “statua” di Cosimo Ridolfi.