Galileo Galilei, filosofo e scienziato

Galileo Galilei, filosofo e scienziato

Nella sua opera più celebre e conosciuta, La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962), Thomas Kuhn sostiene che il progresso scientifico si attua attraverso un’alternanza tra periodi di graduale sviluppo e approfondimento e vere e proprie “rivoluzioni scientifiche”, i cosiddetti cambiamenti di paradigma. Galileo Galilei è il protagonista di quello che forse è stato il cambiamento più radicale verificatosi nella storia del pensiero umano. Non semplicemente scienziato, infatti, ma filosofo, o meglio, filosofo della scienza.

Moltissimo si è scritto su di lui. Qualcuno ha volute catalogarlo nella schiera dei neoplatonici, vicino all’Accademia Fiorentina di Marsilio Ficino. Altri, certamente più convincenti, hanno visto nella sua visione dell’universo, che nel Saggiatore chiama il grandissimo libro … scritto in lingua matematica, l’ideale discepolo di Niccolò Tartaglia, per il quale la matematica è uno strumento per la comprensione della realtà e non una scienza astratta, un modello a cui l’universo si conforma.

Italo Calvino lo definì il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo. Molti converranno con lui. Antonino Zichichi lo chiama “divin uomo”, perché, sorretto dalla fede, ha dimostrato che il creato è governato da leggi divine. Pochi converranno con lui.

Secondo Giorgio Spini, Galileo fu uomo del suo tempo, non certo antagonista; ha intrattenuto ottimi rapporti con Cosimo II de’ Medici, con l’Accademia dei Lincei, con papa Barberini. Non finì al rogo come Giordano Bruno, non fu pugnalato come Paolo Sarpi né sepolto in carcere come Tommaso Campanella.

Fu certamente uomo di fede, anche se con alcune contraddizioni sul piano dell’etica: il concubinaggio, le due figlie non riconosciute e inviate in convento quasi bambine. Ebbe probabilmente l’ambizione, e forse l’ingenuità, di offrire in dono alla Chiesa le proprie scoperte, presentandosi come l’Aristotele del XVII° secolo, ritenendo ormai inadeguato l’originale del IV° a.C. Non intuì che la Chiesa, con atteggiamento ottuso e alla fine perdente, non avrebbe accettato. Emblematica, sotto questo profilo, fu la minaccia che Tommaso Caccini, il frate domenicano che lo denunciò al Tribunale dell’Inquisizione, formulò in chiesa durante una predica, citando un versetto degli Atti degli Apostoli (I, 11). Secondo la leggenda, ai discepoli attoniti, che avevano appena assistito all’ascensione di Gesu’ ed erano rimasti imbambolati a guardare in aria, un angelo avrebbe detto: «Galilei, perché state a osservare il cielo?».

Secondo Roberto Benigni, affettuoso conterraneo, uno dei segni della genialità di Galileo è l’esser riuscito ad affrancarsi dall’imprinting di una famiglia che aveva così poca fantasia da non sapergli trovare altro nome che il proprio cognome.

Dure sono le parole che Bertolt Brecht mette in bocca a Galileo nell’opera teatrale Vita di Galileo, che ha visto cimentarsi sul palcoscenico grandi interpreti come Charles Laughton e Tino Buazzelli:

Ho tradito la mia professione e quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può essere tollerata nei ranghi della scienza.

Ma le critiche non si fermano qui.

Jan Dijksterhuis, storico della scienza olandese del secolo scorso, afferma che di Galileo si è costruita una falsa immagine, il cosiddetto mito di Galileo, alla cui difesa si ergono alcuni autori italiani mossi dall’orgoglio nazionale.

A proposito di orgoglio nazionale, Alexandre Koyrè, storico francese del ‘900, arriva ad individuare sospette somiglianze tra brani del Saggiatore e testi di Descartes … scritti dieci anni dopo. Sostiene inoltre che Galileo non ha fatto della fisica, ma solo della pedagogia e delle filosofia. Non da meno sono gli storici inglesi, i quali attribuiscono a Newton tutto il merito di aver colto l’essenza dei problemi della fisica.

Anche altri (l’inglese Rupert Hall e lo statunitense Bernard Cohen) negano che Galileo abbia inaugurato un nuovo metodo scientifico basato sulla sperimentazione: avrebbe fatto ricorso semplicemente ad “esperimenti mentali”, perché, in fondo, aveva già una sua teoria per la cui validazione non occorreva sperimentare.

Sembra quasi che le rivoluzionarie scoperte che hanno demolito la fisica degli aristotelici, come, ad esempio quelle riguardanti il principio d’inerzia e la caduta dei gravi, perdano di valore … perché Galileo non è arrivato al fatidico F = ma.

Rupert Hall, storico della scienza inglese del ‘900, tenta di demolire il mito di Galileo sia nella fisica, affermando che

le scoperte di Galileo nel campo della cinematica erano meno originali di quanto egli pensasse,

sia nell’astronomia, quando, a proposito de il Dialogo sopra I Massimi Sistemi, afferma che

era una guida modesta per una vera astronomia ed esponeva una visione estremamente semplificata della teoria alla cui difesa era dedicato.

La verità è che Galileo ha liberato la scienza dalla metafisica, la quale, religione compresa, è definita da Jorge Luis Borges “un ramo della letteratura fantastica”.

A Keplero, con il quale Galileo ebbe un singolare rapporto epistolare, va riconosciuto il coraggio di aver espresso liberamente e orgogliosamente le proprie idee. Leggiamo in Harmonices Mundi:

Posso ben aspettare cento anni un lettore che comprenda ciò che ho scoperto, se Dio ha aspettato seimila anni qualcuno che sapesse meditare la sua creazione!

Non altrettanto rigore scientifico ritroviamo nella stessa sua opera quando, attribuendo ad ogni pianeta dell’universo allora noto alcune note musicali, afferma:

La Terra canta Mi, Fa, Mi: potete dedurre persino dalle sillabe che in questo mondo non vi è che Miseria, Fame e ancora Miseria.

Per non parlare poi della tesi da lui sostenuta nel Mysterium Cosmographicum, in base alla quale, per la creazione del mondo e la disposizione dei cieli, Dio si è ispirato ai cinque solidi regolari che hanno goduto di così grande fama da Pitagora e Platone in poi: il cubo, il tetraedro, il dodecaedro, l’icosaedro, l’ottaedro.

Quindi anche Keplero, grande uomo di scienza, non elimina le incrostazioni metafisiche dai prodotti della ricerca scientifica. Gli stessi Descartes e Newton tradiranno lo spirito di Galileo.

Ma la più preziosa eredità di Galileo è di natura epistemologica. Il rapporto con la realtà non può più essere il frutto di mediazioni metafisiche o teologiche, dalle quali è necessario pertanto affrancarsi. Ciò implica che i risultati scientifici non debbono più essere necessariamente accettati come verità immutabili, ma, al contrario, sono delle conquiste provvisorie, per la cui validazione o falsificazione è lecito ricorrere soltanto ad un ulteriore e più approfondito rapporto con quella realtà.

E così, dopo Galileo, è ripreso il succedersi delle rivoluzioni scientifiche.

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Redazione Fidaf

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