Forse c’è una “terza via”: andare avanti con un’Europa diversa
Per chi si ricorda i dibattiti politici degli anni ’60 e ’70 la “terza via” è un’espressione familiare. La si utilizzava per uscire dall’impasse del tipo né con il marxismo, né con il capitalismo e suggerire ibridi vari che avevano a mio avviso la positività di allentare l’abbraccio mortale dell’ideologismo distruttivo e paralizzante.
Tornando ai giorni nostri mi convinco sempre più che abbiamo bisogno di un’Europa diversa. Ho cominciato a convincermene subito dopo la vicenda Brexit (esempio preclaro di evento politico surreale o virtuale certo finora tutto giocato sul piano delle aspettative delle percezioni e dei famigerati animal spirits) e passati 6 mesi ho trovato solo motivi per confermare le sensazioni espresse in un post su Linkedin diffuso subito dopo il referendum inglese.
Trascrivo solo una frase:
Questa situazione giustifica l’affermazione “Vogliamo l’Europa, ma non questa Europa” e più puntualmente lo slogan “Abbiamo o troppa Europa o troppo poca Europa”.
Nel post sono delineate le nuove linee strategiche, e possibili modalità attuative ispirate dalla convinzione che un cieco continuismo non dà alcuna prospettiva favorevole (personalmente propendo per un’Europa non a due velocità, come se ci fossero igli antesignani e i retrogradi, ma a due specificità evitando gli attuali squilibri).