Expo 2015, un confronto non ancora aperto
Mentre continuano a contrapporsi diverse posizioni, in tema di produzione agricola sostenibile e di economia e politica agricola, tra gli stessi addetti ai lavori, i media e l’opinione pubblica, in molti Paesi sottosviluppati la fame e la denutrizione continuano a falcidiare milioni di esseri umani ogni anno, e le Nazioni Unite stanno pianificando un nuovo grande progetto di sviluppo sostenibile per i prossimi 15 anni, mettendo a disposizione più di duemila miliardi di dollari oltre ad una serie di obiettivi, ripresi dalla Dichiarazione del Millennio (FAO 2000), che vanno dalla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla lotta alla disoccupazione, alla promozione della pace.
Anche in vista di questo progetto planetario, si stanno avanzando critiche da più parti, in particolare dalla variegata componente ambientalista internazionale, sempre vigile su questi temi. Lomborg, noto ambientalista fondatore del Gruppo di Lavoro Copenaghen Consensus, appoggiato dallo stesso Bill Gates (blog Gatesnotes), sostiene infatti la necessità di un’attenta verifica del rapporto costi/benefici del progetto ONU, ritenendo dannosa la reiterata ostilità all’uso di energia fossile per produrre elettricità. Codesta grande risorsa ha infatti permesso alla Cina di liberare dalla povertà centinaia di milioni di cinesi. Un esplicito invito pertanto a riconsiderare i limiti fissati alle emissioni di gas serra, processo costoso e dai dubbi risultati, per incentivare invece la ricerca ad ottenere risultati migliori nel contenimento delle emissioni stesse e per mettere a punto la tecnologia di fonti rinnovabili più efficienti di quelle promosse e diffuse negli ultimi anni.
Tali considerazioni sollevano pesanti perplessità su quello che potrà essere il risultato della Conferenza delle Parti del prossimo dicembre 2015 a Parigi, indetta con l’obiettivo dello “scenario 450”, per una concentrazione in parti per milione di CO2 nell’atmosfera molto più contenuta dell’attuale (700 ppm), ed in grado di mantenere il riscaldamento globale del Pianeta entro i 2°C, evitando i potenziali +4°C indotti dall’attuale livello di emissioni, che porterebbero conseguenze devastanti. L’incertezza regna ancora sovrana ed al 31 marzo 2015 risultava che soltanto UE, USA, Russia, Messico, Norvegia e Svizzera avevano depositato all’ONU le loro intenzioni.
Mentre si avverte una crescente tensione nell’opinione pubblica mondiale, nei confronti dei cambiamenti climatici in atto, come evidente conseguenza delle attività produttive dei Paesi sviluppati ma oggi anche di quelle dei Paesi in via di sviluppo, come Cina, India e Brasile. con manifestazioni molto partecipate, come quella di domenica 21 settembre 2014 ( sono stati stimati oltre 3 milioni di manifestanti nelle principali Città del mondo), appaiono ancora molto controverse le reazioni dei diversi Governi nei confronti dell’allarme sul climate change, messo in discussione tra gli altri dall’American Petroleum Institute e dalle più influenti grandi industrie “energivore”.
E’ in atto anzi un evidente ripensamento di certi modelli di politica ambientale, come si rileva anche un riposizionamento di determinati esponenti dell’ambientalismo più estremo, di fronte a certe situazioni contraddittorie, che nascono dal non voler tener conto delle più innovative acquisizioni della ricerca scientifica, nel campo delle biotecnologie. E’ dell’anno scorso 2014 un’intervista sulla rivista Le Scienze a Patrick Moore, uno dei più noti fondatori di Greenpeace nel 1971, curata da Antonio Pascale, scrittore ed Ispettore Ministeriale, oltre che attento osservatore delle vicende che riguardano l’agricoltura ed il mondo rurale.
Moore è uscito da tempo da Greenpeace ed è venuto successivamente a Roma per una conferenza a sostegno della coltivazione del Golden Rice, una delle più note sementi di riso OGM, arricchita di betacarotene, in grado di integrare la nutrizione di 124 milioni di persone che, durante l’anno, mangiano solo ed esclusivamente riso, in modo da evitare la carenza da vitamina A che, secondo aggiornate stime dell’OMS, porta ogni anno alla cecità 500.000 persone ed alla morte di due milioni di persone, più della malaria e dell’ AIDS. Patrick Moore nel 2011 ha presentato il libro: “L’ambientalista ragionevole”, proponendo la nascita di una figura nuova di ambientalista, dove le opinioni si formano non sulla base di percezioni soggettive o valutazioni personali, ma sono il frutto di studi collettivi, supportati da ricerche elaborate secondo una metodologia scientifica.
Greenpeace, movimento oppositore degli OGM “senza se e senza ma”, per ostacolare il successo del Golden Rice spaventa le persone e distrugge i campi prova: a loro avviso, se passasse il riso OGM non sarebbe possibile impedire l’avvento su vasta scala delle colture biotech, sostenute dalle grandi multinazionali, ormai coltivate su superfici sempre più vaste in ogni parte del mondo.
Le suddette scene si stanno replicando da qualche tempo anche in Italia, con attivisti dell’Ambientalismo locale che ostacolano i tentativi di seminare Mais bt in Friuli, fronteggiando l’agricoltore Fidenato che aveva in un primo tempo ottenuto il parere favorevole del Consiglio di Stato alla semina di colture OGM, in regime di coesistenza con le sementi tradizionali. Il successivo regolamento sulla coesistenza ideato dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Friuli, palesemente irrealizzabile nella pratica colturale, e le più recenti disposizioni della UE, che hanno reso i singoli Governi degli Stati membri liberi di decidere in materia di colture OGM, sembrano aver concluso la partita per gli agricoltori europei, contro le sementi biotech.
Il tormentone OGM in Italia
Nel caso specifico delle colture OGM, l’opposizione alla loro diffusione si è sempre fondata sul timore che al loro utilizzo possano essere collegati gravi rischi per la salute dei consumatori e dell’ambiente stesso. Anche se il mondo scientifico è ormai unito nell’escludere la sussistenza del rischio di tali danni, gli oppositori degli OGM avanzano il diritto al “principio di precauzione” determinando da tempo, a livello di Unione Europea, una situazione di stallo politico, recentemente risolta con la recente delibera che lascia facoltà ai singoli Governi degli Stati membri di decidere in tema di OGM, con l’impostazione che, nel determinare la scelta, il parere politico dei Governi di turno possa avere lo stesso peso di quello della Comunità scientifica internazionale.
Mentre la gran parte delle nazioni più agricole nel mondo ha deciso pro colture OGM, seminate in oltre 180 milioni di ettari, trovando una posizione condivisa tra gli agricoltori, in Europa il fronte è contrastato, con la Spagna ed altri Paesi membri favorevoli al Biotech, Francia, Germania ed Austria ancora contrarie, mentre in Italia la posizione del Governo è palesemente ostile, per essere monopolizzata dalla posizione ufficiale della Coldiretti, la più influente delle Associazioni di Categoria agricole, che intravvede nell’introduzione delle colture OGM il rischio di gravi danni d’immagine alla produzione agroalimentare “made in Italy”, con i relativi danni commerciali. Sulla stessa linea sono le aziende agroalimentari nazionali, in particolare quelle che lavorano il mais per l’alimentazione umana ( feed), la cui clientela impone una rigida condizione di “ogm free”.
Si tratta pertanto del prevalere di una sostanziale esigenza di marketing che condiziona i possibili scenari di sviluppo sostenibile della produzione agricola europea. Posizione che proprio in questi giorni sta determinando pesanti condizionamenti nel sistema del commercio internazionale, per l’insostenibile equivocità di una posizione che, se da un lato impedisce l’importazione di sementi OGM, dall’altro vede crescere le importazioni di materie prime OGM da parte delle industrie alimentari e degli allevamenti, per ovviare alla mancata capacità di autoapprovvigionamento della produzione agricola nazionale: infatti, da Paese esportatore di mais, l’Italia oggi importa il 50% del suo fabbisogno, importando inevitabilmente mais OGM, come importa gran parte di soia OGM.
Questa situazione di deficit produttivo nel mais, è piuttosto recente e si è andata concretizzando nell’ultimo quindicennio, come conseguenza della medesima politica di chiusura agli OGM che ha paradossalmente coinvolto la ricerca scientifica, proibita di fatto dal Ministero fin dal 1998. Ad aggravare la situazione della produzione maidicola nazionale, è esplosa nel 2012 la grana della contaminazione da aflatossina, insorta per avversità climatiche particolari e, comunque, per la sostanziale impreparazione del settore a rispettare i limiti di contaminazione fissati dalla UE, con il rischio di collasso dell’intera filiera.
Le difficoltà evidenziate nel gestire l’emergenza aflatossina nel mais, determinano il rischio di contaminazione del latte, secreto alimentare prezioso nel quale la vacca espelle l’aflatossina metabolizzata M1, la cui presenza nel latte è tollerata dalle vigenti normative nella misura di 2 grammi ogni 100 tonnellate di latte, parametro praticamente impossibile da rispettare nel caso di grave contaminazione, come quella dell’estate 2012. Le conseguenze di quella stagione sono state pagate in tempo reale dagli agricoltori nei Centri Raccolta e si stanno ancora concretizzando in qualche caso a distanza, nei pregiati prodotti della filiera lattiero casearia padana. Su questa situazione, pesa come un macigno l’impossibilità di poter ricorrere alla semina delle varietà di mais Bt, che darebbero origine a piante OGM inattaccabili dalla Piralide, causa primaria delle contaminazioni fungine della granella, contrastabile soltanto mediante l’impiego di pesticidi.
Decisi segnali di svolta dal mondo scientifico.
Ma proprio nella fase iniziale dell’estate 2014, quasi per una silenziosa chiamata di correo del mondo della scienza, sono stati diversi gli interventi di alcune delle personalità più in vista del mondo accademico italiano, a prendere posizione a favore di un’apertura alle colture OGM o, per lo meno, alla possibilità di riprenderne la Ricerca, sospesa inopinatamente dal Governo italiano fin dalla fine degli Anni Novanta. Sulle pagine dell’autorevole Corriere della Sera, a partire dal 11 giugno 2014, è intervenuta più volte la senatrice a vita prof.ssa Elena Cattaneo, ricercatrice di statura internazionale, con due lettere al Direttore, richiamando anche l’attenzione del Ministro Martina, a cui sono state rivolte sedici domande specifiche in tema di OGM, che credo siano ancora in attesa di una risposta. All’inizio di quest’anno poi, a compimento del Semestre italiano alla presidenza del Parlamento Europeo, la già citata Direttiva che lascia agli Stati membri la facoltà di decidere: quasi una beffa.
Dopo questa apparente chiusura definitiva da parte del Governo Italiano, nei confronti di ogni ipotesi di coltivazioni biotech nel territorio nazionale, il delicato e controverso tema è stato ripreso recentemente nel corso di alcuni Convegni presso autorevoli Istituzioni. Tra questi meritano di essere segnalati due importanti eventi organizzati a Roma, nel giro di una settimana dello scorso mese di febbraio 2015: il Seminario di studio organizzato dal CNR, in collaborazione con l’Accademia dei Lincei, dal titolo “OGM: opportunità e sfide”, ed il Convegno realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, dal titolo “Gli OGM nella filiera agroalimentare: una rinuncia ragionata o un’opportunità mancata?”, dove erano previsti anche interventi di rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura e dell’Associazione Consumatori.
Negli ultimi tempi altre autorevoli voci si sono aggiunte nel perorare a breve almeno la riapertura della Ricerca agricola in Italia, in tema di OGM. Tra queste Marco Cattaneo, Direttore Responsabile della rivista Le Scienze, nel suo editoriale dal titolo: “Il paradosso italiano: finanziamo studi con OGM che poi fanno ricchi altri”, ed in un articolo interno di Lina Signorile, si intrattengono sugli OGM, anche oltre il contesto agricolo, come un “tesoro sprecato” nelle politiche della Ricerca in Medicina, dove “L’ingegneria genetica trasforma microrganismi e piante in reattori per produrre farmaci e vaccini, ma la Ricerca italiana in questo campo è frenata da leggi inadeguate, che danneggiano anche l’economia” ( vedi il n° 560 /2015).
Come cittadini di questo Paese, oltre che come Agronomi addetti ai lavori, ci auguriamo che nel corso dell’Expo Milanese, anche questi temi possano essere ripresi e ridiscussi, passandoli al vaglio del confronto con le altre realtà economiche e sociali del Pianeta, attraverso un dibattito libero da pregiudiziali ideologiche e scientificamente documentato.
E’ quanto auspica anche Papa Francesco nella Sua recente Enciclica “Laudato sì”, richiamando l’esigenza di valutare anche il tema degli OGM nel contesto più generale di una “ecologia integrale”, intesa come un ecosistema globale dove tutto risulta interconnesso. A modo suo, anche la guida alla lettura dell’Enciclica da parte di Carlo Petrini non dovrebbe sorprendere, confermando questa aspirazione del dibattito globale a considerare anche il più vasto concorso dei principali esponenti della pubblica opinione.
Portogruaro, 21 luglio 2015