Espresso italiano, l’importanza della schiuma

Espresso italiano, l’importanza della schiuma

Il caffè espresso o Espresso Italiano, per merito anche delle nuove macchi-ne per uso familiare, è il metodo più diffuso in Italia e sta diventando sempre più popolare in molti altri paesi del mondo, dove ogni giorno sono consumati forse un centinaio di milioni di tazze. Diversamente dalle altre tecniche adoperate per preparare il caffè, nell’Espresso Italiano prodotto alla pressione di nove e più bar e a circa 90° centigradi, si ha una esaltazione dell’aroma e del gusto legati alla formazione di una schiuma o crema che da qualche tempo è oggetto di studi sistematici chimici e fisici per comprendere meglio questo complesso sistema.
Nel passato la schiuma del caffè espresso era considerata una sorta di evento magico legato all’esperienza dell’abile barista, dando origine a varie credenze e miti senza fondamenti scientifici. Una delle affermazioni popolari era che qualsia-si errore nella macinazione o nella percolazione, nel livello di temperatura o di estrazione, è immediatamente denunciato dal colore, dalla consistenza e dalla persistenza della schiuma, un’idea supportata da molti decenni di tentativi ed errori e non da dati obiettivi e riproducibili, anche perché il metodo e l’attrezzatura per la produzione di caffè espresso hanno solo quasi settanta anni, mentre dati sugli aspetti fisico-chimici e strutturali risalgono agli ultimi decenni per opera di scienziati italiani iniziando da Ernesto Illy e Luciano Navarini (Neglected Food Bub-bles: The Espresso Coffee Foam – Food Biophysics – September 2011, Volume 6, Issue 3, pp 335–348).
L’importanza della schiuma o crema dell’Espresso Italiano, pur nella sua effimera presenza nella tazzina, deriva dal fatto che nella struttura cremosa si concentrano gli aromi che sono fondamentali nel determinare il gusto dell’Espresso Italiano facendone la bevanda italiana più nota e diffusa al mondo.
Nel tipico volume di una tazzina di caffè espresso di 25 – 30 millilitri la schiuma rappresenta almeno il 10% del volume totale. La schiuma del caffè è costituita per la metà circa da caffè liquido e per l’altra metà da microbolle di anidride carbonica del diametro compreso tra i 10 e i 150 millesimi di millimetro (micrometri) con una membrana costituita da grassi, proteine, polifenoli, acidi e glucidi e microglobuli di oli. La quantità di schiuma dipende dal tipo di caffè, è maggiore nel caffè Robusta e minore nell’Arabica, con gradi intermedi nelle miscele tra le due varietà. La schiuma o crema si forma quando il caffè tostato e ridotto in polvere finissima è posto in acqua calda sotto pressione. Le condizioni ottimali tipiche per l’Espresso Italiano, che non si ottengono con la semplice bollitura, sono di circa 90° centigradi e almeno 9 bar di pressione. Le microbolle della schiuma si formano dall’anidride carbonica che si raccoglie sulle particelle di polvere di caffè che sfuggono dal filtro e hanno dimensioni da uno a cinque micrometri. Il potere aggregante dell’anidride carbonica su queste particelle è dovuto alle loro caratteristiche che derivano anche dalla presenza della cellulosa e lignina, molecole molto ramificate, in un processo analogo a quello che è stato scoperto nella formazione dei buchi dei formaggi. La grandezza delle microbolle e la loro stabilità e persistenza dipende poi dalle proteine, acidi fenolici e cationi bivalenti presenti nell’infuso di caffè. Se quest’ultimo è ricco di grassi che abbassano la tensione superficiale le microbolle sono più piccole ed evanescenti e la crema è più fine e di minore persistenza. Tutto questo contribuisce a spiegare perché i caffè di Robusta, più ricchi di proteine e acidi fenolici, e i caffè preparati con acque dure hanno più crema.
La crema va valutata in base al suo colore, con un minino del giallo pallido e il massimo del marrone tonaca di frate, colore quest’ultimo che si raggiunge con il caffè Robusta tostato scuro e con l’Arabica ben tostata. Altrettanto importante è la consistenza e la tessitura della crema, quest’ultima valutata al massimo quando è estremamente fine e simile a una panna colorata. Determinante per il giudizio su una crema è la sua durata, il suo collasso e l’aroma che ne scaturisce. Il modo migliore per questa valutazione è di lasciare l’espresso fermo nella tazzina, senza agitare o mescolare. In queste condizioni per il calore del caffè vi è la liberazione degli aromi della sua parte liquida, mentre le bollicine della crema scoppiano anche per l’azione di composti aromatici che abbassano la tensione superficiale e liberano l’anidride carbonica che veicola le molecole aromatiche della loro membrana. Per questo oggi non è più valido considerare un paramento di qualità della crema la sua persistenza oltre i due minuti, ma al contrario una crema persistente che non libera aromi, è da ritenere una caratteristica negativa.
La crema va giudicata per il suo aroma e il suo gusto che vanno attenta-mente analizzati e per fare questo bisogna tenere conto anche della tazzina. Le caratteristiche del materiale e la forma della tazzina intervengono nel mantenere la temperatura del caffè e sui moti convettivi che garantiscono una regolare distribuzione della crema in superficie generando una precisa direzione delle microbolle, la regolarità della crema e la sua persistenza. Per gustare a dovere l’Espresso Italiano la tazzina di porcellana è la migliore in assoluto e sono da bandire le tazzine di vetro, plastica e carta, per lo stesso motivo per cui nessuno penserebbe di offrire un vino di qualità in un bicchiere di plastica o carta! Anche per il buon caffè abolizione quindi della plastica che oggi è inoltre coerente con l’eliminazione delle stoviglie monouso!

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Redazione Fidaf

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