Emigrazione: la storia si ripete. Nel 1891 naufragio della nave “Utopia”. Oltre 500 morti italiani
Un prezioso volumetto, recentemente ristampato ad iniziativa di una rivista alla quale ho il piacere di collaborare, che ci ricorda la drammatica collisione tra una nave carica di emigranti italiani e una corazzata inglese, mi ha fatto rivivere indimenticate emozioni dell’infanzia: i racconti del nonno materno, relativi ai suoi undici anni trascorsi da emigrante in America.
Un episodio – il naufragio avvenuto circa 125 anni fa, nelle acque di Gibilterra – che provocò lutto e conseguenze drammatiche a 500 famiglie, nonché dolore alle comunità da cui erano partite quelle sfortunate persone.
Ma l’episodio, purtroppo, era inevitabilmente scivolato nel dimenticatoio della Storia, come è naturale che avvenga di fronte al fluire di vicende che in misura sempre più globalizzata coinvolgono e sconvolgono il mondo.
Il drammatico evento dovrebbe essere sempre ricordato, soprattutto per una obiettiva valutazione delle attuali tumultuose emigrazioni e delle conseguenze – complesse e spesso gravi, non sempre controllabili – per i paesi che debbono gestire gli arrivi.
Questa occasione di un ricordo del passato, pur se doloroso e sconvolgente, è anche un motivo di riflessione su vari temi e per vari motivi. A me personalmente, ripeto, ha fatto rivivere una esperienza familiare, che fortunatamente non ha avuto la drammaticità di questa vicenda, ma ha risvegliato nella memoria le situazioni e i problemi della nostra società di quel tempo, che doveva affidare il desiderio e la speranza di una vita migliore alla emigrazione verso terre dove il futuro aveva colori e prospettive più confortanti, anche se la scelta costava non poco, in termini di affetti e di amore per il proprio paese.
Assume un valore simbolico un fatto singolare: la nave che subì il tragico incidente in quella notte del 1891 si chiamava “Utopia”. L’ironia del destino riesce ad attribuire un significato particolare alle motivazioni che spingevano i nostri poveri emigranti del tempo a superare confini e oceani : le chiamavano speranze, desideri, ma qualche volta il destino decide di trasformarle in “utopia”.
Rievocando circostanze che, oltre ad essere dimenticate, si potevano considerare, fino a qualche anno fa, superate dal naturale processo della storia, non si può fare a meno di riscoprire la loro sicura attualità. Naturalmente gli scenari, i soggetti, le destinazioni cambiano, ma il processo nel suo insieme ci offre la dimostrazione di come esista una sorta di “processo biologico” del pianeta, caratterizzato da una fisiologia parallela a quella di qualunque essere vivente. Piacciano o non piacciano, gli spostamenti delle comunità umane, soprattutto oggi, si ripetono, naturalmente in forme, circostanze e motivazioni diverse.
Se questa è la forza inarrestabile della Natura, il processo “naturale” non può essere ignorato. Ma va certamente analizzato, compreso e, nei limiti del possibile, guidato e gestito.
La società muta profondamente. E’ comprensibile il desiderio o la necessità di tante persone di trasformarsi in migranti, ma le motivazioni divengono sempre più complesse e diversificate. Un tempo si emigrava per trovare lavoro, una prospettiva per il domani. Allora, infatti, non esistevano – almeno come dimensione – i fenomeni attuali che creano, accanto ad una emigrazione comparabile a quella di un tempo e con motivazioni umane valide e corrette, anche flussi con fini delinquenziali.
Ecco uno dei problemi di tutti i paesi coinvolti da processi di immigrazione. E’ giusta, giustissima, necessaria, la integrazione, ma “integrazione” deve essere, nel senso che, riconoscendo i giusti diritti agli immigrati, vengano mantenuti, sostenuti e difesi anche i diritti della “società accogliente”.
Se il principio è semplice e valido, giustificato e necessario, certamente non è facile la sua applicazione, considerata la sempre maggiore complessità del problema, la varietà delle motivazioni, delle etnie, dei contesti economici e sociali interessati e coinvolti.
Compete alla Politica saper cercare e trovare soluzioni adatte, nel rispetto delle esigenze di tutti, ma soprattutto dei diritti di tutti.