Elogio del cloroplasto
La cerimonia inaugurale del 270° Anno Accademico dell’Accademia dei Georgofili del 14 aprile scorso è stata nobilitata dalla memorabile prolusione del prof. Amedeo Alpi, significativamente intitolata “Agricoltura, scienza, innovazioni, comunicazione”. Oltre a consigliare la lettura del testo, mi permetto una riflessione su contenuti tanto solidi, articolati e profondi, anche se espressi con una signorile levità e qualche punta di elegante ironia toscana che hanno reso gradevolissimo l’ascolto delle parole dell’amico prof. Alpi.
Anzi, ascoltare la meravigliosa prolusione ha ricordato a chi scrive alcuni passaggi del volume “Agricoltura femminile singolare” di Deborah Piovan, che abbiamo avuto il piacere di presentare poco più di un mese fa in Società Agraria, ed a cui Amedeo Alpi ha dedicato una bellissima prefazione. In specie ha evocato il riferimento all’ “…elogio della complessità…”, alla necessità di affrontare i processi biologici con prudenza, con ponderazione, con molto studio ed approcci multi ed interdisciplinari.
Ebbene, quell’elogio della complessità non può che applicarsi al più fondamentale processo biochimico, ovvero la fotosintesi clorofilliana -la via metabolica più importante nel mondo biologico del nostro pianeta- che consente di convertire l’anidride carbonica catturata dall’atmosfera in molecole organiche da cui tutta la nostra esistenza dipende.
E l’elogio della complessità potrebbe tradursi in un “elogio del cloroplasto”, organo cellulare tanto microscopico per dimensioni quanto grandissimo appunto per complessità ed insostituibilità delle funzioni.
Un elogio che dovrebbe fare riflettere -non solo metaforicamente- sul concetto talora abusato di “sostenibilità” e sul ruolo che l’agricoltura riveste per la sostenibilità della vita umana sul pianeta. Dovrebbe far comprendere che la crescita della popolazione e delle sue esigenze (non solo alimentari ma anche di energia e di beni riproducibili) ha storicamente imposto ed impone più che richiedere un sempre più efficiente ed intenso processo di sfruttamento della capacità del cloroplasto nel trasformare l’anidride carbonica in sostanza organica utile. Capacità di cui l’agricoltura produttiva è da sempre e deve essere sempre più l’interprete ed al tempo stesso l’attore e lo strumento.
Il cenno che il rappresentante del Comune di Firenze ha fatto in apertura dei lavori del 14 aprile, auspicando una “pacificazione” tra mondo urbano e rurale, conteneva in tal senso un dato significativo. Ricordava infatti come le aree urbanizzate, pur occupando solo il 5% della superficie italiana, producano il 70% delle emissioni climalteranti. Un dato che deve far riflettere sulla complessità e la gravosità del crescente impegno richiesto al cloroplasto, alla fotosintesi, ed in ultima analisi alla stessa agricoltura per far fronte alla sfida della vera sostenibilità.
Purtroppo molti (anche a livello di comunicazione e conseguentemente di decisione politica) sono portati a pericolose semplificazioni. Molti, in Italia ed in Europa, pensano che la “sostenibilità” passi attraverso la dismissione della produttività in agricoltura o addirittura attraverso una esternalizzazione della produzione e dei suoi impatti (più o meno gravosi ed inevitabili, come per qualunque attività umana), con tutte le pericolose conseguenze che ne derivano, tanto a livello socio-economico e strategico-politico che -neppur troppo paradossalmente- a livello ambientale.
La complessità del sistema e delle sfide da affrontare dovrebbe condurre ad un approccio diverso, più maturo e responsabile. In cui gli strumenti per agire -intellettuali e culturali prima ancora che pratici- non sono i divieti, le limitazioni e gli incentivi a non produrre, ma l’apertura alla ricerca scientifica e tecnologica e la libertà di innovare per produrre meglio, per ridurre gli impatti ed aumentare l’efficienza dei processi. A cominciare dall’efficienza della fotosintesi, e quindi del cloroplasto dal cui elogio (e dal cui “sfruttamento”, che la produzione agraria esalta e rinnova ai fini pratici ed a beneficio di tutti) non possiamo prescindere.