E’ di Nazareno Strampelli il primo Anfiploide Triticum aestivum X Dasypyrum villosum? (Parte I)

E’ di Nazareno Strampelli il primo Anfiploide  Triticum aestivum X Dasypyrum villosum? (Parte I)

Recentemente nel volumetto di Sergio Salvi(1) del 2016, dal titolo: “L’uomo che voleva nutrire il mondo: i primi 150 anni di Nazareno Strampelli”, ho letto che l’ibrido T. aestivum “Rieti” X T. villosum (= Haynaldia villosa = Dasypyrum villosum) sarebbe un falso in base alle critiche mosse a Strampelli da E. Tschermak e N. Vavilov alla Conferenza Internazionale del Grano, svoltasi a Roma nel 1027. Questi autorevoli scienziati sostenevano che gli esemplari a loro mostrati non avevano proprio nulla del parentale selvatico.

La varietà “Roma” che deriva dall’incrocio Akakomughi X Dasypyrum villosum (fatto proprio in quel Maggio del 1927) sembrerebbe dar loro ragione. Infatti, alcuni anni dopo R. Forlani (1954) sosteneva la stessa tesi. Ricerche più recenti di S. Minelli et al. (2005) e M.E. Caceres et al. (2011), usando metodologie citogenetiche e molecolari più avanzate, non hanno trovato tracce del DNA di Dasypyrum nella cultivar Roma.

A mio parere, però, la cosa più sorprendente ed interessante è contenuta nelle frasi riportate da Strampelli nel suo libro del 1932 a pag. 32, nella quale si legge: “….nelle sezioni di culmi di ibridi avuti dal Rieti incrociato con frumenti a taglia forte, riscontrai l’aumento di volume e numero e la modificazione di forma dei loro fasci (vascolari). E’ per questo, ancora, che volli praticare anche degli incroci interspecifici (in realtà intergenerici), fra i quali mi piace rammentare: – Il Rieti x Triticum villosum che, fertile fin dalla prima generazione, mi fornì tipi e forme giganti per i culmi, per le spighe e per le cariossidi, ed alcune forme con cariossidi alquanto zuccherine; – Il Rieti x Segale che, sterile nella prima generazione per atrofia delle antere, resi fertili con successive reimpollinazioni con polline di Rieti, finche ottenni tipi fertili di un certo interesse, ma che non risolsero il problema che mi ero imposto”.

A quel tempo non era ancora possibile raddoppiare il numero cromosomico degli ibridi interspecifici e intergenerici con l’uso della colchicina: tecnica  che iniziò a diffondersi alla fine degli anni ’30 (Blackeslee, 1937), e con la quale iniziò la produzione su vasta scala di specie allopoliploidi nuove, a partire dagli anfiplodi aventi numero cromosomico doppio rispetto agli F1. L’esempio classico di maggiore successo agronomico è stato il triticale, ottenuto per la prima volta spontaneamente da Rimpau nel 1891.

Ora, per chi ha dimestichezza con la produzione artificiale di anfiplodi sa che, in generale, vengono osservati fenomeni di gigantismo come successivamente osservò anche il Forlani (1954). In realtà si tratterebbe di una forma di lussureggiamento (eterosi), resa stabile mediante il raddoppiamento cromosomico. Roberto Forlani mise anche in evidenza che due erano i modi per riconoscere un anfiploide: il conteggio cromosomico e la fertilità delle spighe degli F1. Pertanto, quanto ha scritto Strampelli nel 1932 si attaglia perfettamente alla descrizione di un anfiplode spontaneo. Del resto nei decenni successivi lo stesso fenomeno è stato osservato più volte nel frumento duro: Meletti et al. 1977; Stefani et al. 1983,1986; Blanco et al. 1983.

Nel volume pubblicato nel 1932 (decennale della Marcia su Roma) Strampelli cura personalmente la Parte Seconda: “ I miei lavori: origini e sviluppi – I grani della vittoria”. Più che una trattazione particolareggiata ed esaustiva si tratta in realtà di un Sommario, con parti riprese integralmente dalla sua prima Pubblicazione sostanziosa del 1907. Il che starebbe a significare che non era proprio tanto entusiasta di fare un’opera che in realtà rispondeva più alle  finalità del Regime che a quelle tecnico-scientifiche.

Strampelli, però, non si lascia scappare l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. In primis, vuole rispondere alle critiche che da anni molti gli facevano sulla presunta cattiva qualità dei suoi grani. In seconda battuta vuole mettere a fuoco il suo sforzo più che ventennale – e peraltro deludente – sugli incroci interspecifici e intergenerici. E, memore delle critiche ricevute ingiustamente nel 1927, riafferma con decisione la sua verità e in nota a fondo pagina riporta  i lavori di E. Tschermak del 1929 e 1930 che provano l’esattezza dei suoi risultati conseguiti negli anni precedenti.

Per concludere direi che quanto scritto da Strampelli è affidabile al 99% e si rimanda alla prova regina che potrebbe trovarsi ancora in quelle centinaia di barattoli con semi, conservati a Rieti e in attesa di essere annotati e decifrati, anche alla luce delle conoscenze moderne.

Vedi Parte II

Conversation in a Rose Garden - Auguste Renoir
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Redazione Fidaf

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