Deforestazione e mercato internazionale degli alimenti
Il fenomeno della deforestazione persiste ad un ritmo elevato, anche se attenuato rispetto ai periodi precedenti. Negli ultimi 10 anni la superficie forestata è diminuita di 43 milioni di ettari, meno dei 78 milioni di ettari persi di foreste nell’ultimo decennio dello scorso secolo[1]. La diminuzione delle superficie globale delle foreste rimane comunque preoccupante. Il cambiamento di destinazione d’uso della terra è difatti responsabile di quote significative delle emissioni di gas climalteranti: 3,1 Gt CO2eq, pari a quasi il 6% del totale delle emissioni globali[2]. La perdita di superficie forestata è inoltre causa di perdita di biodiversità e di altri ingenti danni all’ambiente. Appare quindi evidente che occorre fermare – o quanto meno ridurre – il fenomeno della deforestazione, producendo gli alimenti necessari a soddisfare la crescente domanda mondiale sulla superficie già dedicata all’agricoltura, senza espandere ulteriormente la frontiera agricola. Occorre in altre parole intensificare sostenibilmente la produzione agricola.
L’editoriale “Il Green Deal europeo esporta danno ambientale”, pubblicato da AgriCulture nel novembre 2022, denunciava il pericolo che le politiche agricole europee potessero avere l’effetto di esportare le esternalità negative della produzione di alimenti, incentivando pratiche agricole più benigne per l’ambiente ma meno efficienti dal punto di vista della produttività. La risultante diminuzione della produzione comunitaria di alimenti dovrebbe infatti essere compensata aumentando le importazioni di derrate alimentari da Pesi terzi, con l’effetto finale di spostare all’estero, ma non di ridurre, l’impatto ambientale globale dei sistemi agroalimentari. L’espansione della domanda di prodotti alimentari da parte dell’Unione Europea potrebbe inoltre incoraggiare la messa in coltura di nuove superfici, incentivando quindi la deforestazione. I prodotti agricoli europei dovrebbero inoltre competere sui mercati internazionali con derrate alimentari prodotte in Paesi terzi, in cui non sono in vigore stringenti misure di tutela ambientale e quindi a costi di produzione notevolmente inferiori.
Per evitare di contribuire, sia pure indirettamente, alla deforestazione mediante le importazioni alimentari, l’Unione Europea ha recentemente adottato il regolamento EUDR[3]. Questo provvedimento regola l’importazione di bovini, cacao, caffè, olio di palma, gomma, soia e legname. L’EUDR si basa sulla due diligence obbligatoria e preventiva cui è tenuto chi immette nel mercato della UE uno dei prodotti regolamentati. In altre parole, gli importatori devono dimostrare mediante geolocalizzazione e latra documentazione che i prodotti che intendono introdurre sul mercato della UE non provengono da terreni deforestati dopo il 2020. Debbono inoltre dimostrare che il rischio che la produzione delle derrate da importare abbia comportato conflitti con comunità indigene o altre controversie sociali è trascurabile. Il fine di questo regolamento appare certamente lodevole, ma affiorano da più parti dubbi sugli effetti che potrà generare. In particolare, mentre i grandi traders sono sicuramente in grado di rispettare questo provvedimento e continuare le importazioni nella UE, come potranno i piccoli produttori dei Paesi a basso reddito assicurare la due diligence che esso richiede? Si rischia di escludere dal commercio internazionale proprio quei piccoli agricoltori che si dovrebbe al contrario incentivare per assicurare uno sviluppo ambientalmente sostenibile e socialmente equo alle aree meno avvantaggiate del nostro pianeta?
[1] Dati FAOSTAT
[2] https://www.fao.org/3/cc2672en/cc2672en.pdf
[3] Regulation (EU) 2023/1115 of the European Parliament and of the Council of 31 May 2023 on the making available on the Union market and the export from the Union of certain commodities and products associated with deforestation and forest degradation and repealing Regulation (EU) No 995/2010. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX%3A32023R1115