Dall’Onu un brusco richiamo alla realtà
Arriva dalle agenzie delle Nazioni Unite (FAO, WFP, IFAD, UNICEF e OMS) un brusco richiamo alla realtà: il rapporto “The State of Food Security and Nutrition in the World 2023” mette in luce che la prevalenza della sottonutrizione nel mondo è rimasta praticamente stabile nel 2022 rispetto al 2021 e quindi molto al di sopra dei livelli pre-COVID-19. La fame ha interessato nel 2022 circa il 9,2% della popolazione mondiale, ossia tra 691 e 783 milioni di persone, contro il 7,9% del 2019. Il che significa circa 122 milioni di persone in più.
Se l’attuale trend non subirà significativi cambiamenti, si può prevedere che le persone cronicamente sottonutrite raggiungeranno nel 2030 il numero di 600 milioni, ben lontano quindi dall’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile #2, “Porre fine alla fame, realizzare la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile”. Oltre alla pandemia di COVID-19, l’invasione russa dell’Ucraina ha costituito una significativa frenata al conseguimento dell’Obiettivo delle Nazioni Unite di azzerare il numero di coloro che non possono accedere ad una alimentazione sufficiente per condurre una vita attiva e sana. I recenti sviluppi di mancato rinnovo dell’accordo sull’esportazione di cereali prodotti in Ucraina non potrà che peggiorare ulteriormente la situazione dei molti Paesi che dipendono dalle importazioni per soddisfare la domanda interna di alimenti.
Questi inquietanti dati forniranno la base di discussione per lo “UN Food Systems Summit +2 Stocktaking Moment”, che si terrà a Roma dal 24 al 26 luglio prossimi presso la FAO. Il Summit ha lo scopo di creare un’occasione per i Paesi membri di valutare i progressi conseguiti e di identificare i colli di bottiglia che ostacolano il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile #2. L’auspicio è però che i partecipanti vadano oltre la valutazione della situazione e colgano l’opportunità di propugnare un deciso impegno su scala adeguata, basato sulla evidenza che i sistemi agroalimentari sostenibili contribuiscono sostanzialmente alla salute ed al benessere delle popolazioni e del pianeta. La lotta alla malnutrizione non ha infatti solo un dimensione etica, ma è conveniente per tutti i Paesi, sia ad alto che a basso reddito, per lenire gli alti costi sociali economici che essa comporta, comprese l’instabilità politica, le migrazioni di massa e le guerre.
Il rapporto congiunto delle agenzie ONU mette inoltre in rilievo che 3 miliardi e 100 milioni di persone – ossia il 42% della popolazione mondiale – non si sono potuti permettere una dieta sana nel 2021. Anche questo dato ha subito un importante peggioramento rispetto al 2019. Aumentare in modo sostenibile la produzione di alimenti assume quindi una dimensione essenziale per tenere i prezzi dei prodotti alimentari entro limiti ragionevoli e consentire quindi l’accesso all’alimentazione a tutti gli strati della popolazione mondiale. La crescente urbanizzazione della popolazione mondiale ha spinto il consumo di cibo processato, spesso ad alta densità energetica e con alto contenuto in grassi e sale, mentre frutta e verdura non sono sempre alla portata di tutti. Questi fenomeni stanno spesso contribuendo alla malnutrizione. Il rapporto conclude quindi che la comprensione dei sistemi agroalimentari mondiali richiede sempre di più di focalizzare l’attenzione sul continuum città-campagna, considerando attentamente le interconnessioni tra zone urbane e aree rurali. Infatti l’espansione dell’occupazione fuori dall’azienda agricola e l’espansione delle catene di approvvigionamento alimentare stanno determinando una profonda trasformazione delle diete alimentari.
“The State of Food Security and Nutrition in the World 2023” riporta anche uno studio condotto in 11 paesi Africani che mette in discussione alcuni radicati convincimenti sul funzionamento dei sistemi agroalimentari del continente. Lo studio dimostra infatti che l’approvvigionamento di cibo si basa in misura crescente sull’acquisto non solo tra le popolazioni urbane, ma anche tra gli abitanti delle zone rurali. Lo studio dimostra anche che i comportamenti di acquisto sono sorprendentemente simili nelle aree urbane e in quelle rurali. Negli 11 Paesi studiati il consumo di cibo processato, o altamente processato, è più alto nelle aree urbane, ma diminuisce solo gradualmente spostandosi verso le aree periurbane e rurali. Il consumo di frutta è verdura è uniforme tra città e campagna e comunque inferiore alle necessità di una corretta alimentazione.
Le politiche volte al miglioramento della sicurezza alimentare debbono quindi mirare soprattutto all’innovazione nelle aziende familiari e all’ampliamento dell’accesso al mercato dei piccoli produttori agricoli.