Dalle scoperte scientifiche alle applicazioni tecnologiche: passaggio tutt’altro che scontato
Negli ultimi anni si è discusso molto, anche in questa Accademia, di “genome editing”, cioè di un metodo di modifica del DNA, molto efficace e diverso dal più anziano “trasferimento genico”. I genetisti ci hanno spiegato in cosa consiste e come sia suscettibile di impiego pratico anche per il miglioramento genetico delle piante coltivate. Ciò che è meno conosciuta è la complessa battaglia che si sta combattendo tra gruppi di scienziati e Istituzioni scientifiche per il riconoscimento del diritto allo sfruttamento del “know how”, recentemente documentata dalla rivista americana Science. Esistono varie tecniche di “genome editing” che consentono di modificare i geni; tra di esse la più promettente viene chiamata CRISPR e si basa sull’uso di segmenti di DNA procariotico contenenti sequenze ripetitive. Nel 2012 due ricercatrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, pubblicano un articolo su Science nel quale dichiarano lo straordinario potenziale applicativo della tecnica CRISPR/Cas9; Cas9 è una endonucleasi associata a CRISPR che, di fatto, viene guidata nel sito esatto del DNA dove si deve esercitare il taglio. Infatti le due scienziate si erano convinte che con questo strumento si potesse tagliare il DNA in modo mirato, modificando poi i geni e quindi, la loro espressione. L’interesse del mondo scientifico su questa tecnica è stato immediato, come dimostra il numero delle pubblicazioni sul CRISPR che salgono dalle 126 del 2012 alle 2155 del 2016.
Nel frattempo, il lavoro delle due scienziate desta l’interesse di molti altri valenti colleghi insieme ai quali condividono l’idea di formare, tutti insieme, una società per mettere la tecnica a disposizione del mercato che appare molto vasto (dalla medicina alla agricoltura, all’ambiente ecc.). Ma l’interessante tentativo unitario non decolla, come spesso accade alle belle idee. La comunità dei ricercatori si divide presto per disaccordi su vari argomenti: preoccupazioni circa la proprietà intellettuale, rapporti con le Università e con gli Enti di ricerca (Università della California, Broad Institute, Università di Harvard, Massachusetts Institute of Technology e Università di Vienna), ambizioni di premio Nobel, presenza in trasmissioni televisive, profitti personali, ecc. In pratica una classica saga accademica con tutti gli ingredienti e soprattutto un forte ego. Ciascun gruppo prende quindi la sua strada e vengono fondate varie Società. Si stima che siano stati raccolti circa due miliardi di dollari di “Venture Capital” di cui varie decine di milioni sono stati spesi per gli avvocati che hanno dovuto gestire la grande battaglia per stabilire chi avesse diritto a brevettare le tecniche scoperte, presso lo U.S. Patent and Trademark Office (USPTO)…