Cultura del verde: incontro tra le professionalità
La cultura del “verde” ha bisogno di una nuova lettura; ma non basta la chiave tecnica, per sapere come e dove realizzarlo; non basta quella sociologica, per dare una corretta interpretazione alle esigenze delle collettività urbane; non basta la chiave pragmatica, così frequentemente e spesso impropriamente utilizzata nella miriade di sedi decisionali locali, che dà luogo ad altrettanti giardini e giardinetti, che dimostrano più la buona volontà degli amministratori che la loro capacità di gestire un problema apparentemente semplice, ma in realtà alquanto complicato, se si vogliono realizzare obiettivi in linea con l’attualità.
La nuova lettura – onnicomprensiva – va fatta anzitutto in chiave “culturale”, la sola che consenta di comprendere le trasformazioni di contenuto dell’ambiente in genere e del verde in particolare, alla luce dei radicali cambiamenti che hanno interessato l’uomo e la società. Una trasformazione, in definitiva, di funzione.
Laddove il viale alberato, ad esempio, era il luogo del passeggio, di una fase cioè ristoratrice della vita – obiettivo atteso e gratificante soprattutto dopo il lavoro – oggi ha completamente perduto questo ruolo, per divenire essenzialmente scenografia di accesso al centro urbano.
Ecco perché i dibattiti dedicati all’ambiente e al verde pubblico non possono essere soltanto contributi alla soluzione tecnica dei problemi, in termini paesaggistici, ma debbono anzitutto aiutare a comprendere il significato e il senso di certe trasformazioni. La premessa culturale è indispensabile, insomma, per organizzare le scelte, le decisioni, gli interventi.
E’ questo che bisogna fare per aiutare a capire, se è vero che capire completa la conoscenza. E questa parte, utile a coloro che sono impegnati sul tema, diviene certo essenziale per quanti hanno responsabilità decisionali, che devono scegliere gli obiettivi di vero interesse sociale.
E’ per questa ragione che bisogna offrire agli amministratori locali una guida mediante gli orizzonti “culturali” dell’ambiente, affinché le loro scelte, di interesse pubblico, possano essere suffragate da una puntuale, aggiornata e approfondita conoscenza della realtà.
Se l’aspetto culturale dell’ambiente e del verde pubblico appare, così, fondamentale, non meno rilevanti sono gli aspetti tecnici e quindi quelli professionali. Aspetti che si giovano della intesa professionale – sempre più connotata da convinta collaborazione – tra architetti, ingegneri, agronomi, paesaggisti e forestali, dato che l’ambiente è divenuto lo specchio e il riflesso della complessità sociale e professionale della nostra epoca e, quindi, campo favorito dalla interdisciplinarietà.
Il parco, il giardino, il viale alberato, la suggestione prospettica sono stati un tempo soprattutto frutto del genio; ma oggi bisogna correre sui binari di una società organizzata, divisa per competenze, che tanto più producono quanto più si integrano, in luogo di contrastarsi, alla ricerca di illusorie primazie.
Non è facile indicare i punti delle linee di demarcazione tra una professionalità e un’altra: non solo perché non esistono confini rigidi e universali, ma anche perché essi risiedono nella volontà e nella coscienza professionale di tutti i protagonisti di questa gratificante sfida: rendere più vivibili le città, rendere più serena la vita, rendere più socievoli gli uomini, anche mediante un volto nuovo dell’ambiente.
mi complimento per questo articolo come celebrazione del senso civico e del saper vivere in armonia con l’ambiente e le persone.