Così la Brexit penalizza la bioeconomia
L’uscita del Regno Unito dalla Ue avrà forti conseguenze sullo sviluppo della biobased economy all’interno del paese. E peserà anche sui rapporti con l’Unione europea per l’accesso ai mercati, lo scambio di ricercatori o la partecipazione a progetti finanziati nell’ambito di Horizon 2020.
I media sono pieni di notizie e analisi sulla Brexit; se ne parla nelle case di tutta Europa, mentre politici, investitori, industriali e cittadini stranieri residenti nel Regno Unito (e viceversa) passano notti insonni a confrontarsi sul tema.
Allora perché concentrarsi – anche solo per un attimo – sull’impatto che produrrà la Brexit sulla bioeconomia?
La risposta è piuttosto semplice: è difficile trovare un altro ambito nel settore della ricerca e sviluppo tecnologico, nell’innovazione e nella futura cooperazione transnazionale europea più indicativo – e più adatto – a prestarsi come vetrina delle infauste conseguenze di quanto deciso il 23 giugno.
Certo, il Regno Unito, i suoi politici, ricercatori e imprenditori non sono mai stati tra gli entusiasti della bioeconomia: non erano nel gruppo dei pionieri o tra i più convinti promotori dello sviluppo dell’ idea – vecchia e nuova allo stesso tempo – di incrementare l’uso delle risorse biologiche. I maggiori sostenitori si trovavano piuttosto nei paesi del Benelux, della Scandinavia, in parte in Germania e, in un secondo momento, in Italia e Francia se parliamo di bioeconomia applicata.
Sulle prospettive di unabiobased economy europea i rappresentanti della Gran Bretagna hanno tenuto un atteggiamento più del tipo “aspetta e osserva”; evidentemente hanno preso tutto il tempo che serviva loro per arrivare a definire cosa potesse essere meglio per il paese, le sue industrie e la sua società. Non essendo in generale il Regno Unito una terra a forte vocazione agricola, non possedendo un’abbondanza di risorse in biomassa, ma dovendo gestire invece grandi quantità di rifiuti, il governo britannico ha ragionato con attenzione seguendo un approccio step-by-step. Nonostante l’assenza di una strategia nazionale, e pur cercandone intensamente una, si sono sviluppate aziende di fama mondiale come Nnfcc, Celtic Renewables e Biome Bioplastics, mentre BioVale (cluster tecnologico della regione dello Yorkshire and Humber) è diventato partner in interessanti progetti di cooperazione con paesi del Benelux, Francia e Germania…