Cooperative e sindacati: la lezione del mercato
Lo scontro fra i sindacati e le cooperative induce ad una riflessione non episodica né di colore su uno degli eterni conflitti dell’economia. Lo spunto è la violenta polemica fra il vertice della CGIL e quello della Coop in occasione dello sciopero dei lavoratori del commercio indetto per l’ultimo sabato prenatalizio, presumibilmente il giorno di maggior volume di vendite di ogni anno, e, in particolare, del gracile 2015. Lo scontro ha coinvolto forze sociali politicamente vicine, ma inevitabilmente divise dal rispettivo ruolo e nasce da una visione stereotipata e rigida dell’economia.
Lo hanno compreso i consumatori, più disturbati che solidali con una battaglia di cui non comprendono l’ opportunità, e anche i lavoratori che hanno risposto in pochi alla chiamata. Il vertice sindacale ha dimostrato di non conoscere la cooperazione ed ha mosso alla Coop l’accusa di puntare al profitto. In termini politici un vero schiaffo, in realtà una manifestazione di ridotta conoscenza della logica cooperativa. La cooperativa è una specie di ircocervo: per un aspetto è impresa fra le imprese, per l’altro non punta al profitto in sé, ma alla massima remunerazione dell’apporto dei soci. Quello che nelle imprese ordinarie è profitto in una cooperativa si traduce nel pagamento di un prezzo per i prodotti conferiti e i servizi offerti dai soci superiore a quello di mercato, proprio perché i margini positivi vengono rigirati ad essi, reinvestiti nella crescita dell’impresa comune, destinati al rafforzamento del sistema cooperativo.
Nel caso della cooperazione di consumo o di acquisto di beni strumentali lo stesso concetto si traduce in costi teoricamente minori di quelli di mercato per il socio. E qui emerge un primo conflitto fra l’interesse dell’impresa cooperativa e quello individuale del socio che è contemporaneamente coimprenditore…