Come cambierà la viticoltura italiana nel prossimo decennio?

Tra le trasformazioni che hanno caratterizzato la viticoltura italiana degli ultimi quindici anni, una delle principali è stata la progressiva scomparsa di molte piccole aziende e l’abbandono di alcune aree a vigneto, sia perché in condizioni marginali, sia perché non più adeguate sotto il profilo qualitativo e tecnico. Questo processo, che ha significato per l’Italia una riduzione della superficie viticola dagli 800.000 ettari del 2000 agli attuali 650.000 ettari circa, sembra ora essersi arrestato, ed anzi è ipotizzabile che nei prossimi dieci anni la superficie a vigneto possa registrare un leggero recupero. Il numero delle piccole aziende continuerà comunque a diminuire, ma sarà più che compensato dall’aumento di quelle di maggiori dimensioni.  Alla fine del prossimo decennio è ipotizzabile che l’azienda viticola italiana, che oggi non supera mediamente i 3 ettari di vigneto, possa attestarsi attorno ai 4-5 ettari. Al di là di questo cambiamento strutturale, l’industria vitivinicola sembra peraltro avviata verso ulteriori importanti modifiche, con gli obiettivi primari di incrementare la sostenibilità della coltura e di aumentare il suo rapporto qualità/prezzo.

Per quanto riguarda la sostenibilità, è presumibile che nel prossimo decennio siano sempre più ridotti gli interventi di difesa, sia per un più razionale monitoraggio dello sviluppo dei patogeni, anche utilizzando la viticoltura di precisione, sia per un possibile uso di nuovi vitigni da incrocio più tolleranti alle malattie. È anche ipotizzabile che inizino ad essere impiegati alcuni vitigni “classici” migliorati con l’inserimento di geni di resistenza ad alcune fitopatie. In pratica, la normale viticoltura “integrata” si avvicinerà sempre maggiormente a quella “biologica” e sottrarrà spazi anche alla viticoltura “biodinamica”.
Per migliorare il rapporto qualità/prezzo si imporrà quasi certamente la sostituzione di alcuni vitigni, non più apprezzati dal mercato, con altri più aderenti ai gusti dei consumatori e dotati di spiccata personalità. In questo aggiornamento varietale è probabile che perdano terreno anche le varietà “internazionali” e che vengano invece valorizzati ulteriormente i vitigni italiani “territoriali”, cioè quelli che da sempre hanno caratterizzato le diverse zone viticole rifiutando la standardizzazione del gusto.
Sul rapporto qualità/prezzo influirà positivamente anche una progressiva riconversione degli impianti, che porterà alla sostituzione di molti sistemi non meccanizzabili con altri più moderni e suscettibili di meccanizzazione integrale.  Potranno essere meccanizzati anche interventi come il diradamento dei germogli e dei grappoli che oggi sono effettuati a mano. Questo permetterà di abbattere i costi e sarà utile per mantenere i prezzi entro limiti compatibili con la concorrenza internazionale. È infatti ipotizzabile che i consumi interni di vino possano ancora diminuire, e che il futuro dell’industria vitivinicola nazionale sia sempre più legato alle sue capacità di esportazione.
Sotto il profilo agronomico, è infine probabile che nel prossimo decennio vengano maggiormente utilizzate le innovazioni tecniche prodotte dalla ricerca, che a loro volta favoriranno la qualità indirizzando i comportamenti fisiologici delle piante verso obiettivi pre-definiti, quali il controllo delle rese e dei ritmi di maturazione. Se infatti nel prossimo decennio le temperature medie annuali aumenteranno ancora, sarà sempre più necessario adottare interventi “mirati” di manipolazione della chioma (ad esempio defogliazioni e cimature), per riequilibrare agli altri processi biochimici l‘eccessiva accumulazione zuccherina delle uve, dal momento che il mercato di massa del prossimo decennio continuerà a richiedere prodotti di qualità, ma meno impegnativi, freschi, fruttati e con gradazioni alcoliche moderate.
In sintesi, potranno essere molte le innovazioni del prossimo decennio per la vitivinicoltura italiana, che al pari di quanto sta avvenendo nelle aree più avanzate della viticoltura mondiale dovrà guardare avanti, per non rimanere ingessata all’interno di indirizzi statici che potrebbero comprometterne la vitalità economica e sociale.
Inverno, Giuseppe Abbati
Inverno, Giuseppe Abbati

Redazione Fidaf

Un pensiero su “Come cambierà la viticoltura italiana nel prossimo decennio?

  1. I progressi della viticoltura italiana fatti negli ultimi decenni e parallelamente quelli compiuti dalla vinificazione nostrana sono stati ammirevoli. Ne fanno fede i livelli di eccellenza raggiunti dal prodotto,i successi nelle esportazioni, la considerazione di cui godono i nostri enologi, la graduale eliminazione della vendita di nostro vino del sud, per dare “forza”a produzioni enologiche all’estero. Di ciò dovremmo essere tutti consapevoli e favorire ogni progresso futuro.
    Purtroppo nel nostro Paese invece una larga fascia di popolazione resta ancora legata a certi stereotipi del passato per cui “bere vino” è cosa disdicevole. “Vade retro satana”. Una adeguata divulgazione,tesa a sradicare queste assurdità sarebbe quanto mai opportuna. Ormai dovrebbe essere di dominio comune che il buon vino, nelle giuste quantità, è sano e fa bene. La nostra gente da sempre si è nutrita di vino,tanto che Enotria,Paese del vino, era uno degli appellativi con cui nell’antica Grecia cui ci si riferiva all’Italia.

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