Combattimenti in corso nei boschi dell’Ucraina

Combattimenti in corso nei boschi dell’Ucraina

Nessuno pensava ad una guerra cosi prolungata quando cominciò. A fine febbraio 2023, alla domanda “Generale, un anno fa chi pensava a un conflitto così lungo?” Carlo Jean, massimo esperto italiano di strategia e geostrategia[1], ha risposto “Nessuno. La resistenza ucraina e gli aiuti occidentali hanno cambiato le cose”.

Nel 2008 lo scrivente sfiorò una esperienza premonitrice, essendo impegnato sui pascoli d’alta quota della Georgia poco prima della improvvisa aggressione che fece crollare quel Paese in tre giorni. In Ucraina invece una analoga Blitzkrieg non ha funzionato per l’aggressore e neanche le altre mutazioni di strategia e di tattica sono riuscite a sottomettere i difensori: anzi, essi sono riusciti a reagire anche con sorprendenti controffensive. Ora agli atti bellici dinamici fa sfondo una guerra di attrito la cui attenuazione dipenderà forse dal consumo dei materiali ancora più che degli uomini, ma di un conflitto del genere siamo ben lungi dal vedere l’esito finale.

Concentrandoci nella nostra prospettiva di forestali, penso che pochi immaginassero che la guerra coinvolgesse anche i boschi. Questo scenario però non mi ha meravigliato, perché quando ebbi occasione di scrutare la pianura ucraina (che era stata teatro delle fulminee avanzate di panzer dell’Operazione Barbarossa) notai boschi e boschetti (più diffusi rispetto all’epoca 1941-42). Nella quiete della pace sono rifugi di biodiversità ma in un’ottica militare avrebbero potuto costituire aree diversificate favorevoli alla difensiva.

Se ne è accorta anche la stampa: dapprima, non aveva del tutto ignorato i combattimenti nei boschi ma per lo più li aveva considerati come episodici (ci sono spot di video che mostravano le riprese dell’attacco alle postazioni degli occupanti russi nei boschi). Adesso è tempo di coglierne l’intera portata:

“A Est la steppa è ancora in gran parte brulla, ma non mancano poche foreste di pini dal tronco altissimo immessi nel terreno negli ultimi trent’anni che coprono parti di territorio non urbano a macchia di leopardo. È in queste aree, una continua alternanza di collinette brulle, fitte foreste e avvallamenti percorsi da fiumiciattoli, all’incrocio tra gli oblast di Kharkiv, Luhansk e Donetsk, che la Russia lancia coscritti per lo più non addestrati contro le posizioni difensive ucraine e spesso anche postazioni di fortuna difendibili dalla conformazione del territorio.[2]

Ecco dunque che:

“Le foreste costituiscono la difesa naturale più inaspettata ma non per questo meno efficace”.

I motivi di ciò sono spiegati in maniera da convincere per il lettore:

“… rendono invisibili i cecchini alla ricerca di ufficiali da uccidere, forniscono copertura e possibilità di muoversi in sicurezza ai mortai ucraini, consentono ai soldati russi, meno disciplinati, di scivolare in massa attorno a obiettivi sensibili per poi spuntare da più parti.”

Il messaggio è corretto, anche se forse i dettagli non sono del tutto chiari e certamente non completi (ma il lettore forse non va affaticato). E’ però importante far capire soprattutto che:

“in una guerra di logoramento in cui la superficie del territorio conta tanto, le aree boschive sono diventate protagoniste di scontri.”

Dire scontri è troppo poco; nella martoriata Ucraina, allora è meglio spiegare:

“scontri epici che ricordano quelli della Prima Guerra Mondiale, come la famigerata offensiva Mosa-Argonne…”

Ma chi sa oggi cosa è stata la battaglia della foresta dell’Argonne, condotta sul Fronte occidentale nell’autunno del 1918 e non ancora conclusa quando i nostri avevano ormai vinto a Vittorio Veneto, dopo aver tenuto sul Monte Grappa e sul Piave?

“La storia nelle foreste tra Kreminna e Bakhmut è simile: l’improvvisa scarsità di mortai ha imposto agli ucraini di fare ampio uso di mitragliatrici, le quali però sono efficaci solo quando il nemico è abbastanza lontano. Se si lancia in avanti, un soldato russo troppo vicino, come ben sanno da quelle parti, può essere atterrato solo colpendolo sulla testa con l’arma. Combattendo tra file interminabili di pini e piccoli cespugli, è facile trovarsi all’improvviso il nemico così vicino da riconoscere il colore degli occhi o non troppo lontano da potergli sparare con la certezza di andare a segno senza essere scorto”.

L’articolista torna su dettagli, che sono realistici, ancorché meglio comprensibili da chi ha un minimo di esperienza militare.

“Proprio le mine, come nella Foresta delle Argonne, sono tornate ad essere le grandi protagoniste: gli ucraini hanno imparato a piazzarle in modo rapido e efficace per impedire ai russi di stargli appresso durante ripiegamenti tattici, in modo da evitare che improvvise accelerate dei russi gettino il caos durante gli spostamenti. Insomma, se il tuo nemico deve perdere tempo prezioso (oltre che uomini) per sminare il terreno durante un’avanzata, hai tutto il tempo di riposizionarti in luoghi fortificati e aprire a tua volta il fuoco, mentre l’attaccante è scoperto. Questo puoi farlo, però, solo attorno e nelle aree boschive: troppo grandi, fitte e umide per essere “spianate” come i centri abitati. Così sotto i pini puoi trovare riparo dagli onnipresenti droni, che a fatica attraversano le chiome degli alberi sempreverdi nei punti più fitti.”

Questa è la situazione attuale, ma, come giustamente sottolinea il capace articolista, non è la prima volta che le truppe russe subiscono le conseguenze della presenza di aree boschive nei terreni da loro attraversati:

“successe anche a marzo 2022, durante la calata dalla Bielorussia verso Kiev, poi interrotta tra Hostomel e Bucha, quando soldati e volontari ucraini, armati di Javelin e di droni suicidi, uscivano dalle foreste per attacchi micidiali e poi vi trovavano rifugio. Ma anche nell’avanzata da Sumy verso la capitale ucraina, un anno fa, le foreste attorno a Brovary costrinsero i russi a compiere manovre lente e prevedibili, con la logistica sempre in crisi.”

A mio parere, con un tale tipo di resoconto, la stampa compie un salto di qualità e delinea un vero e proprio quadro del campo di battaglia. I contenuti di questo articolo sono ripresi anche da altre testate giornalistiche[3]. Potrebbe preludere ad una estensione di interesse sul tema e, in ogni caso, consente di comprendere meglio le contromosse di parte russa[4].

Comunque, la presenza di boschi sul teatro di battaglia non si ferma alle contingenze morfologiche e tattiche. Può coinvolgere anche scelte più ampie, come segnala il generale Carlo Jean[5]:

“ciò di cui abbisognano gli ucraini sono artiglieria e lanciarazzi, più efficaci dell’aviazione. In una regione boscosa la stessa aviazione russa non ha avuto effetti tattici, manca di armi di precisione, meglio missili e droni.”

[1] Mi onoro di averlo conosciuto personalmente quando era comandante della Brigata Alpina Cadore (1983-84) e ho seguito poi nei suoi numerosi libri, studi e articoli sulla stampa sia specializzata che ordinaria.

[2] David RossiUcraina, la guerra nei boschi che frena le avanzate russe. Mine e imboscate: così gli ucraini colpiscono gli uomini di Mosca” Il fatto quotidiano 26 febbraio 2023

[3]  Vedi ad esempio “Guerra in Ucraina: vi spieghiamo come la battaglia nei boschi sta fermando l’avanzata della Russia” Team iLMeteo.it Meteorologi e Tecnici 1 marzo 2023

[4]  Vedi ad esempio Francesco Palmas  “Ucraina. L’orso russo sta uscendo dal letargo e mette da parte le strategie sovietiche” Avvenire 11 marzo 2023

[5] Maurizio Stefanini  Generale Jean, Xi-Putin: “Accordo per salvare la faccia a Mosca?” Libero 21 febbraio 2023

 

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Redazione Fidaf

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