Coltivazione o allevamento, cibo o mangimi? “Senza rimpianti 5”
Sono sostenibili gli allevamenti intensivi? È sostenibile la produzione di carne, latte e uova? Dovremo diventare tutti vegetariani, come si e ci domanda Bozzini nell’articolo su AgriCulture?
L’antropologo Marvin Harris nel suo libro “Buono da mangiare: enigmi del gusto e consuetudini alimentari” (Einaudi) analizza le abitudini alimentari dei popoli e arriva alla conclusione che le diete a base di carne sono tradizionalmente adottate nelle aree a bassa densità di popolazione e ad ampia disponibilità di terra, mentre le diete vegetariane sono tipiche delle aree più densamente popolate. In queste ultime, infatti, le risorse naturali disponibili non permettono la produzione di calorie di origine animale senza ridurre le calorie totali disponibili per l’alimentazione umana. Anche le prescrizioni delle maggiori religioni in materia di dieta, come per esempio il divieto per ebrei e musulmani di mangiare suini, o la sacralità delle vacche per gli induisti, rispondono largamente all’esigenza di dirigere i consumi verso alimenti che hanno un migliore bilancio economico o ambientale nei territori in cui sono praticate. Dall’inizio degli anni ’70 alla metà degli anni ’90 questo tipo di distribuzione delle diete è stato sconvolto: da una parte la domanda di carne, uova e latte è stata gonfiata dalle migliorate condizioni di vita nei paesi emergenti, dall’altra l’introduzione di tecniche intensive di allevamento ha permesso di moltiplicare la produzione. Negli ultimi ‘50 anni la produzione di carne bovina e bufalina, ovina e caprina e di latte è più che raddoppiata, la produzione di uova è quintuplicata e quella di polli e tacchini si è accresciuta di quasi 12 volte. Nello stesso periodo il consumo di carne nei Paesi in via di sviluppo è aumentato di circa 70 milioni di tonnellate, quasi tre volte l’aumento verificatosi nei Paesi industrializzati, ed il consumo di latte è cresciuto di 105 milioni di tonnellate, più del doppio dell’incremento avvenuto nei Paesi più sviluppati. Per sostenere questo aumento di produzione è stato necessario espandere la superficie di prati permanenti e pascoli, che occupano oggi 3 miliardi e 350 milioni di ettari, ma soprattutto incrementare la produzione di mangimi per animali. Circa il 33% delle aree destinate a seminativi sono oggi dedicate alla produzione di mangimi per animali in produzione zootecnica. In totale circa 4/5 dell’intera superficie agricola sono dedicati all’alimentazione animale e solo il restante 20% è destinato alla produzione diretta di alimenti umani e di fibre vegetali. I fattori che hanno determinato la cosiddetta rivoluzione zootecnica continueranno ad agire nei prossimi anni e determineranno cambi ancor più rilevanti delle diete nei Paesi in via di sviluppo, con diminuzione della quota di cereali e alimenti di base e un aumento del consumo di carne e di prodotti lattiero-caseari. Si prevede per esempio che, se l’attuale tendenza rimarrà costante, il consumo di carne raddoppierà ulteriormente da adesso al 2030. Rendere sostenibile la produzione zootecnica sarà quindi sempre più difficile. Certo, il miglioramento delle pratiche di allevamento e di quelle agronomiche per la produzione di mangimi potrà migliorarne l’efficienza e quindi ridurne la pressione ambientale. Ugualmente, il miglioramento di produttività di prati permanenti e di pascoli può rendere più competitivi gli allevamenti estensivi di animali poligastrici e ridurre l’allevameto intensivo di poligastrici e monogastrici e quindi l’uso di mangimi concentrati. Si dovrà però agire anche sul lato della domanda di alimenti, contenendo l’aumento della domanda di proteine animali o spostando le preferenze dei consumatori dalla carne bovina e suina verso alimenti provenienti da più alta efficienza di conversione dei mangimi, come latte, uova, pollame e pesce. Un migliore equilibrio delle diete potrà favorire un migliore equilibrio tra produzione di alimenti di origine vegetale e di quelli di origine animale, tra allevamenti intensivi e quelli estensivi, tra produzione di mangimi e di prodotti per l’alimentazione umana. Forse non dobbiamo diventare tutti vegetariani, ma certamente dobbiamo adottare tutti diete più sostenibili.