Cambia il clima: occorre selezionare nuove piante

Cambia il clima: occorre selezionare nuove piante

I vari rapporti periodicamente pubblicati dall’International Panel on Climate Change (IPPC) e la corposa letteratura scientifica forniscono dettagli sulla prova fisica del cambiamento climatico: a livello del terreno, nell’aria, negli oceani. Il riscaldamento globale è, infatti, “inequivocabile”, con “buona pace” (ma in questo caso sarebbe meglio parlare di “cattiva pace”) dei negazionisti. Questi ultimi non perdono occasione di ribadire la propria e antiscientifica posizione ogniqualvolta si verificano delle ondate di freddo in inverno o quando ci sono, come ci sono sempre stati, periodi meno torridi e siccitosi in estate. Qualche breve pausa del riscaldamento è da considerarsi troppo breve per portare ripercussioni a lungo termine sul clima ed è ovviamente il quadro generale che dobbiamo considerare. Questo ci dice che gli ultimi  cinque anni più caldi del mondo sono tutti avvenuti dal 2015 al 2019, con nove dei 10 anni più caldi che si sono verificati dal 2005 secondo gli scienziati del NOAA’s (National Centers for Environmental Information). Un dato poco confortante.
L’IPPC ci avverte che le emissioni continue di gas climalteranti, principale causa dell’aumento dell’effetto serra, determineranno un ulteriore riscaldamento e cambiamenti in tutti gli aspetti del sistema climatico. Per contenere questi cambiamenti saranno necessarie “riduzioni sostanziali e durature delle emissioni di gas serra” e da questo non possiamo certamente prescindere. Primo: ridurre le emissioni.
Sappiamo che uno dei metodi migliori per combattere gli effetti del cambiamento climatico è aumentare la copertura arborea sul nostro pianeta, in particolar modo laddove l’effetto dei cambiamenti climatici è più forte, cioè negli agglomerati urbani, in cui il fenomeno dell’isola di calore urbano può determinare aumenti fino a 5-7°C rispetto alle aree rurali.
Soluzione semplice solo all’apparenza, perché non abbiamo ancora sufficienti informazioni sull’effetto dei cambiamenti climatici sugli alberi e su come, di conseguenza, dovremo orientare le nostre scelte. Per specificare gli effetti futuri dei cambiamenti climatici sulla arboricoltura sono necessarie previsioni affidabili dei cambiamenti transitori del clima regionale e globale perché abbiamo bisogno di selezionare le piante che tollerino il cambiamento climatico che si prevede, con un regime delle precipitazioni alterato, un aumento della frequenza e della gravità dei periodi di siccità estiva in entrambi gli emisferi e, probabilmente, degli eventi meteorologici estremi (tempeste , trombe d’aria , ecc.).
La siccità è considerato il fattore più significativo e che preoccupa di più, non solo nei climi mediterranei, per come può fortemente influenzare la sopravvivenza e la crescita di alberi appena piantati e il successivo sviluppo di malattie resistenza dei parassiti delle piante. E non parlo solo della siccità estiva alla quale siamo, sia noi che le piante, abituati, ma anche dei periodi siccitosi ormai sempre più frequenti in autunno, inverno e in primavera. Questi ultimi sono particolarmente esiziali poiché non solo influenzano la fisiologia e la biochimica delle piante ma, indebolendole, le rendono molto più suscettibili ai parassiti. Questo spiega la recente diffusione di alcuni insetti o l’aumentata virulenza di alcuni patogeni che ha determinato morie diffuse di specie anche mediterranee.
In questo scenario, le possibili misure di adattamento comprendono cambiamenti delle pratiche di impianto e gestione dell’albero, una migliore corrispondenza delle specie, e la messa a dimora di anche di specie non indigene, ma resilienti. Opinione corrente, sulla quale c’è largo consenso pubblico, ma non sempre scientifico, è quella di limitare la messa a dimora di specie autoctone, citando il loro adattamento alle locali condizioni, l’obbligo di mantenere la biodiversità e una base genetica nativa. Tuttavia, le specie autoctone o naturalizzate potrebbero non essere in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici, soprattutto in considerazione del tasso di variazione previsto e il tempo relativamente breve in cui questo avverrà.
Reperire piante da regioni con un clima simile a quello previsto dagli studi dei vari organismi scientifici o dei singoli gruppi di ricerca, può fornire una possibilità da esplorare.
In particolare, i fattori da considerare nella scelta di alberi per le strade da mettere a dimora lungo le strade, nei parchi, ma anche nelle aree private, includono requisiti tecnici come la risposta alla potatura, la stabilità, la resistenza alle malattie e l’assenza di parassiti catastrofici, l’adattamento del terreno, la tolleranza del sole o dell’ombra, la provenienza e altro ancora. Ma la selezione dovrebbe essere anche basata sui potenziali benefici apportati dagli alberi alla qualità dell’ambiente urbano; tuttavia, mentre sta aumentando la consapevolezza sugli effetti della copertura arborea sulla qualità dell’ambiente urbano, solo negli ultimi 10-15 anni sono stati fatti alcuni sforzi per selezionare le piante per questo tipo d’uso e di adottare pratiche di gestione al fine di massimizzare i benefici netti del verde sul biossido di carbonio atmosferico e sulla qualità dell’aria. Nelle attuali strategie di impianto potrebbero e dovrebbero essere adattate le specie che non sono solo molto efficienti nel sequestro di CO2, ma che hanno dimostrato di avere, ad esempio, un maggiore efficienza dell’uso dell’acqua (WUE – rapporto tra fotosintesi netta e il tasso di traspirazione), un’elevata capacità di abbattimento degli inquinanti, una bassa produzione di composti organici volatili, precursori dell’ozono, ecc.
Le scelte dovranno, quindi, essere basate non sul clima attuale e sulla città che è, ma sul clima futuro e sulla città che sarà. La “città verde” non può rimanere soltanto un insieme di idee astratte, portatili, stereotipate perché dovrà essere un luogo particolare, che costituirà il territorio di attività della nostra vita. La sua topografia e le caratteristiche naturali formano potenti contenitori percettivi per la nostra presa di coscienza e gli alberi ne dovranno essere i principali attori.

“Chi pianta un albero, pianta una speranza”

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Redazione Fidaf

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