Bruchi selvatici, “sostituti” del Baco da seta
Nella seconda metà dell’800, le sorti della bachicoltura e dell’industria serica, particolarmente importante in Italia e in Francia, furono messe a dura prova dalla rapida e incontrollabile diffusione di alcune malattie del Baco da seta (Bombyx mori); oltre al giallume e alla flaccidezza, particolarmente gravi furono il calcino, causato dal fungo Botrytis bassiana, e la pebrina o mal della petecchia, causata da Nosema bombycis, trasmissibile anche con le uova. La soluzione del problema, ideata dal Cantoni nel 1862, venne poi autorevolmente ripresa e messa a punto da Pasteur dal quale prese il nome il metodo dell’isolamento e della selezione delle femmine. In quegli anni i bachicoltori, rivolsero la loro attenzione verso altri Lepidotteri esotici produttori di seta. Già gli Atzechi realizzavano tessuti con la seta, denominata mizteca, secreta dai bruchi del Lasiocampide messicano Eutachyptera psidii. Le specie introdotte in Europa afferivano tutte alla famiglia Saturnidae che include le indigene Saturnia del pero (Saturnia pyri) e Pavonia minore (Eudia pavonia). Fra le specie introdotte nell’800 non si è acclimatata la Nord americana Hyalophora cecropia, monovoltina, che venne allevata in Francia. Le larve, si nutrono delle foglie di Acero, Betulla, Ciliegio e di altri fruttiferi. Fra le specie, originarie dell’Estremo Oriente, fuggite dagli allevamenti, che si sono acclimatate in Europa, interessante è la giapponese Antheraea yamamai, della quale, da oltre 1.000 anni, gli indigeni raccoglievano, di notte, i bozzoli, costruiti dalle larve mature sulle querce, illuminando la chioma con torce per far brillare la seta verdastra, particolarmente resistente ed elastica. Attualmente il Saturnide è presente, ma non dannoso, nei Balcani, in Austria e in Friuli. Altra specie acclimatatasi in Europa è Aglia tau, diffusa dalla Spagna alla Scandinavia, fino agli Urali e alla Siberia. In Italia è presente in alcune faggete di Piemonte, Lombardia, Liguria e Trentino. Le larve si nutrono anche delle foglie di Betulla, Tiglio, Querce, e Melo, senza causare defogliazioni di rilievo, anche grazie alle elevate parassitizzazioni da parte di Ditteri Tachinidi. Delle altre due specie del genere Aglia: A. pernyi e A. myletta, introdotte per ottenere le stoffe di tussah, non si hanno segnalazioni in Europa. Il Bombice dell’Ailanto, Samia cynthia, originario dell’Estremo Oriente, è stato introdotto in Nord Africa, in Medio Oriente in America settentrionale e in Europa; in Italia la prima introduzione risale al 1854, in Piemonte da dove si è diffuso in Lombardia, nel Veneto, in Trentino e in Emilia-Romagna; le larve, oltre alla sua pianta d’elezione, si nutrono delle foglie di Ricino, Sambuco, Ligustro, Pero, ecc. senza rivestire interesse fitosanitario. L’adulto, la cui apertura alare può raggiungere 16,5 cm, è di colore giallo-verdastro con caratteristiche macchie color cenere e tacche ocellari sulle ali. La specie svolge 1 o 2 generazioni annue; gli adulti sfarfallano in primavera inoltrata e le femmine depongono alcune centinaia di uova in piccoli gruppi sulle foglie. Le larve, completato lo sviluppo sulla pianta ospite, costruiscono un bozzolo di seta di colore scuro, aderente a una foglia e assicurato a un ramo con un robusto peduncolo sericeo. Con la “seta eri” ottenuta, si produce un tessuto resistente detto “Kien ceu”. In Sicilia, negli stessi anni, il barone palermitano Francesco Anca, introdusse e allevò la congenere Samia ricini, che vive soprattutto su Ricinus communis, con il duplice scopo di ottenere la seta dai bruchi e i semi dalle piante.
Con la soluzione dei problemi patologici del Baco, e soprattutto con il declino della bachicoltura in Europa, gli allevamenti di bruchi esotici furono abbandonati, anche poiché le caratteristiche dei bozzoli e della loro seta non avevano i requisiti richiesti dall’industria serica.