Arginare la catastrofe alimentare non è in contrapposizione alla sostenibilità

Arginare la catastrofe alimentare non è in contrapposizione alla sostenibilità

Avevamo intitolato l’editoriale di aprile Una crisi alimentare “sismica” citando il titolo di un rapporto del Programma Alimentare Mondiale. La storia di copertina dell’ultimo numero di The Economist è intitolata The coming food catastrophe a ribadire che la situazione della sicurezza alimentare a livello globale si sta facendo veramente seria. Tre grandi fattori di crisi stanno difatti operando congiuntamente: il cambiamento climatico che sta severamente decurtando la produttività agricola in molte aree geografiche, la crisi sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19, che ha devastato le economie di molti Paesi e, da ultimo, l’invasione russa della Ucraina, che ha – per il momento – ostruito le esportazioni di derrate alimentari e minaccia di causare la drastica riduzione della produzione di cereali e di oleaginose in una delle regioni più fertili del mondo. I rifornimenti agricoli verso molti Paesi mediterranei e africani sono quindi interrotti, mentre altri Paesi esportatori, preoccupati dell’evolversi della situazione, hanno deciso di interrompere temporaneamente le loro esportazioni agricole. A tutto questo si accompagna il rapido incremento dei prezzi dei mezzi di produzione (fertilizzanti, carburanti), che concorre a determinare un’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari. Per il momento, la disponibilità fisica degli alimenti, prima componente della sicurezza alimentare, non sembra ancora compromessa, ma gravemente minacciata. La seconda componente della sicurezza alimentare, l’accesso, anche economico, ai prodotti alimentari – è già notevolmente pregiudicata in molte parti del mondo e può rapidamente essere danneggiata in modo ancor più grave se non vengono velocemente adottate contromisure politiche adeguate. Questa preoccupante situazione suggerisce alcune considerazioni.

Stupisce in primo luogo la scarsa attenzione dedicata a questo problema dai decisori politici e dai media di informazione, distratti da problemi locali di molto minor conto, nonostante i costanti richiami delle organizzazioni internazionali. Si ha la sensazione che non vi sia la percezione della portata del problema: scarsità di cibo e prezzi alti sospingono vasti strati della popolazione, soprattutto – ma non esclusivamente – nei Paesi a basso reddito, verso la povertà, aumentano il fenomeno della malnutrizione, fermano lo sviluppo, causano disoccupazione, soffiano sul fuoco delle migrazioni interne (urbanizzazione) ed internazionali e agiscono come fattori di degrado ambientale. Dare sollecito sollievo alle popolazioni in difficoltà è un dovere morale, ma anche, e soprattutto un nostro oggettivo interesse.

Una seconda considerazione: molti commentatori sostengono l’esistenza di una falsa dicotomia tra mitigazione dei fattori della crisi alimentare e sostenibilità, forse a suggerire l’inazione sul tema della sicurezza alimentare. In realtà, per alleviare la scarsa disponibilità di cibo e per calmierare i prezzi è sicuramente necessario produrre di più, anche nei Paesi Europei. Come ha messo in rilievo il convegno organizzato il 27 aprile dalla FIDAF, da UNASA e dalla Società Geografica Italiana, in collaborazione con la Presidenza della Commissione Agricoltura della Camera, è necessario ricalibrare le politiche europee volte a estensivizzare la produzione agricola europea. È difatti sempre meno praticabile la strategia di compensare la mancata produzione così generata con crescenti importazioni, esportando in altre parole le esternalità negative (leggi impatto ambientale) della produzione di alimenti. È necessario quindi ritornare alle politiche di incentivazione della produttività dell’agricoltura promuovendo a questo scopo l’innovazione tecnologica, sociale ed organizzativa. Dobbiamo in altri termini promuovere l’intensivizzazione sostenibile dell’agricoltura. Aumentare la produzione di alimenti non è affatto in contrapposizione alla sostenibilità, ma è, al contrario, una delle misure urgenti da adottare per arginare significativamente la crisi alimentare e nel contempo intraprendere la transizione ecologica verso la sostenibilità dei sistemi agroalimentari. Non dobbiamo quindi rinunciare o rimandare le politiche ambientali, ma dobbiamo renderle meno sensibili a facili suggestioni e più coerenti con le indicazioni che giungono dalla ricerca agronomica. Produrre di più con meno – per utilizzare lo slogan della FAO – è possibile, se solo lo vogliamo.

Redazione Fidaf

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