Archeoapicoltura in Sicilia
Nelle “grotte del ragno”, nei pressi di Valencia, in Spagna, si trova la raffigurazione, datata 6.000 a. C., dell’”uomo delle liane” che preleva i favi di api selvatiche, con modalità simili a quelle adottate, alle soglie del 2.000, in Nepal, dagli indigeni per predare i favi dell’ape gigante (Apis dorsata). L’apicoltura, intesa quale allevamento delle api, ha avuto origine nell’altopiano Anatolico, in Mesopotamia e nella fascia Siro Palestinese, da dove i Fenici la diffusero con i loro commerci. Nel Bacino mediterraneo il legame ape-uomo era già radicato dai culti di età neolitica e, tra le culture dell’Età del Bronzo, esisteva una complessa simbologia riguardante le api e il miele.
Un antico centro apistico fu l’Egitto dove, nel 3.150 a. C, l’ape compare nei geroglifici del faraone Nemes, che unificò l’alto e il basso Egitto, nonché nelle titolature di Micerino, del 2.600 a.C., e di Ramsete II (1.224 a.C.). Gli apicoltori egizi godevano di prestigio e di alti redditi, come testimoniano le decorazioni della tomba di Pabusa del 600 a.C. I Greci, per i quali Demetra era la “pura ape madre”, appellavano Zeus “melisseo”, poiché, appena nato, era stato nutrito dalle api, al pari di Dionisio e di Apollo, nonché del filosofo Platone. I coloni greci crearono il mito di Aristeo che, istruito dalle Ninfe a coltivare la vite e l’olivo, a fare il formaggio e ad allevare le api, diffuse tali conoscenze nella Magna Grecia…