Analisi e prospettive della coltivazione del nocciolo in Italia

Analisi e prospettive della coltivazione del nocciolo in Italia

L’interesse crescente sul nocciolo ha spinto l’Accademia dei Georgofili in collaborazione con il Collegio Nazionale Agrotecnici e Agrotecnici Laureati a dedicare, a tale coltura, una giornata di studio affinché tutti i soggetti interessati alla filiera potessero approfondire questa tematica in un contesto di sviluppo sostenibile basato su conoscenze scientifiche innovative.
E’ noto che a livello mondiale, le superfici coltivate a nocciolo sono in continua crescita. L’Italia è il secondo produttore mondiale dopo la Turchia anche se, da qualche tempo, una discreta fetta di mercato è stata conquistata da altri Paesi prima sconosciuti quali Spagna, Georgia, Azerbaijan, Iran, Russia, USA, Cile.
In Italia operano importanti industrie che per le loro produzioni a base di nocciola, come le creme spalmabili, la farcitura della pasticceria e le nocciole rivestite di cioccolato, occupano un posto di eccellenza a livello mondiale tanto da dover importare, con un trend in continua crescita, gran parte della frutta secca per il loro fabbisogno.
La situazione deficitaria interna della produzione di nocciole, unita ad alcune valutazioni sulle prospettive a livello politico/economico di importanti Paesi produttori, hanno spinto le industrie medesime a proporre e creare le condizioni per potersi approvvigionare della materia prima a livello locale. Queste iniziative erano dirette, da una parte, a favorire l’aumento della superficie non solo nelle Regioni già tradizionalmente impegnate in questo settore quali Lazio, Piemonte, Campania, Sicilia, ma anche in altre aree dove la coltivazione del nocciolo risultava del tutto marginale (Abruzzo, Molise, Umbria, Toscana), da l’altra, ad incentivare la messa a punto di tecniche innovative di coltura.
Ciò ha destato molto interesse da parte degli agricoltori e delle loro Associazioni di categoria. Anche le Amministrazioni pubbliche sono state coinvolte inserendo le varie fasi della filiera della coltivazione e della trasformazione del frutto del nocciolo all’interno dei Programmi di Sviluppo Rurale regionali nell’opportunità di trovare una possibile alternativa nei casi i cui le coltivazioni agricole tradizionali presentano margini economici sempre più bassi.
Il mercato della nocciola è sotto certi aspetti controllato dal prezzo del frutto esportato dalla Turchia che ha acquisito nel tempo valore di riferimento a livello internazionale. In questo contesto si intuisce l’importanza della relazioni intercorrenti tra evoluzione dei prezzi e reddittività della produzione. Così nel caso di nuovi impianti altrettanta attenzione va riservata ad una valutazione puntuale dei costi in relazione ai potenziali flussi di cassa durante i periodi di investimento. Tra l’altro la scelta di realizzare noccioleti ad alta specializzazione e tecnologia innovativa, che comportano comunque anche maggiori input energetici, può trovare concorrenza da parte di altre colture realizzate seguendo gli stessi criteri.
Da ciò un primo punto fermo che è quello relativo alla individuazione della reale vocazione ambientale dove la coltura del nocciolo può trovare soddisfatte le proprie valenze ecologiche finalizzate alla quantità e qualità del frutto. Ciò comporta l’individuazione del migliore compromesso tra redditività produttiva ed impieghi energetici. Una moderna e corretta agricoltura non può più trascurare la sostenibilità ambientale e parallelamente la salvaguardia del reddito degli agricoltori. Le nuove tecniche di impianto e di gestione devono fare riferimento non solo alla meccanizzazione, ma anche all’adozione di protocolli produttivi sostenibili.
Alla scelta degli areali più idonei (caratteristiche pedoclimatiche) deve seguire l’impiego di materiale di moltiplicazione certificato esente da patogeni. La scelta variatale si basa ancora oggi sulle così dette “vecchie varietà” selezionate da lungo tempo e tipiche delle principali aree di coltivazione: Tonda gentile trilobata in Piemonte, Tonda gentile romana e Nocchione in Lazio, Mortarella, San Giovanni, Tonda di Giffoni in Campania, Mansa in Sicilia, tutte certificabili attraverso analisi biomolecolari. A livello italiano di interesse è la nuova varietà Tonda Francescana che è in fase di studio su vasta scala. Più in generale in questo settore la ricerca è vivace: la selezione si sviluppa verso la specializzazione per situazioni ambientali differenziate ovvero in base alla tipologia della trasformazione industriale del frutto, il materiale di propagazione viene certificato e garantito nei confronti della base genetica e dell’assenza di malattie.
D’altra parte il nocciolo in coltura specializzata non è esente da stress abiotici e biotici. Nel caso della produzione qualitativa e quantitativa del frutto, questa è da inserire tra le specie “esigenti”: richiede alte disponibilità idriche, è soggetta alle gelate primaverili a causa delle precoce schiusura delle gemme a fiore, non sopporta le alte ondate di calore. Ciò deve essere tenuto in alta considerazione anche in relazione ai cambiamenti climatici. Per questi motivi è importante, ad esempio, valutare la reale disponibilità locale delle risorse idriche e soddisfarle attraverso sistemi di stoccaggio dell’acqua. Riconsiderare in senso positivo il ruolo dei laghetti collinari può rappresentare una strategia di grande interesse a favore sia del coltura del nocciolo, come quella di altre colture arboree da frutto, sia come strumento di regolazione e regimazione idrogeologica finalizzato ad una corretta salvaguardia ambientale.
Notevole è stata l’innovazione nel settore della meccanizzazione del corileto. La riduzione delle ore di lavoro manuale è fondamentale per garantire un reddito soddisfacente. Sono disponibili macchine specifiche per la gestione del suolo, per le operazioni colturali, per la raccolta del frutto. Permane purtroppo il problema che per operare in modo efficace ed a costi accettabili, i mezzi meccanici necessitano di “grandi spazzi”. La monocoltura intensiva solleva da tempo varie problematiche. Queste perplessità non sono legate alla corilicoltura in sé: il vigneto, la coltura del melo sono ugualmente coinvolti. Il cambiamento del paesaggio, che potrebbe incidere negativamente sugli aspetti finanziari di altre attività imprenditoriali a livello locale, rappresenta uno dei fattori che, in questo momento, suscita un diffuso senso di insoddisfazione. D’altra parte l’opportunità di una “nuova” coltivazione del nocciolo deve essere presa in grande considerazione.
La ricerca del migliore compromesso, basato sulle fondamenta di una sostenibilità gestionale ed ambientale, rappresenta ancora una volta il traguardo che dobbiamo raggiungere.

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Redazione Fidaf

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