Agroindustria: una industria senza l’Agro. Continuiamo così?
Gli indirizzi di politica commerciale rischiano fortemente di compromettere gli stessi equilibri sistemici dell’Unione Europea
L’evoluzione storica dei dati statistici relativi agli scambi commerciali consente una lettura in prospettiva del mercato comunitario e di quello nazionale: un ordito di estrema complessità per l’imprevedibile incombenza di numerosi fattori esterni.
Ci si riferisce non solo al rapporto euro dollaro, alla variabilità del costo del petrolio, all’incidenza delle problematiche ambientali, ma soprattutto alle perturbazioni geopolitiche minate dalle forti tensioni internazionali ed ideologiche, al prevedibile contenimento della politica espansiva della BCE, al peso importante ma difficilmente valutabile delle delocalizzazioni produttive, ad una politica più restrittiva degli Stati Uniti o di altri importanti attori internazionali, nonché ad un processo di globalizzazione non governato attraverso opportuni interventi di temperamento.
L’Unione Europea presenta da anni un surplus commerciale costante, ma non certo rapportato alle sue enormi potenzialità.
Il ritardo nel processo d’integrazione europea è dovuto essenzialmente alla difficoltà di conciliare interessi nazionali contrapposti: la rigidità degli indirizzi economici, l’opacità finanziaria, la disarmonia fiscale hanno ostacolato la stessa ripresa economica, con conseguente insicurezza negli investimenti e pregiudizio per lo sviluppo di molte filiere produttive.
Nel 2017, pur scontando un aumento delle esportazioni, il saldo positivo ha subito un importante ridimensionamento rispetto al 2016, passando da 39,4 md di Euro, pari al 2,3%, a 25 md di Euro, pari all’1,35%, nonostante che Paesi come la Germania e l’Italia abbiano, sia pure con un ridotto contenimento, confermato i risultati positivi dello scorso anno…