AGRICOLTURA, INDUSTRIALIZZAZIONE, PROGRESSO TECNOLOGICO-INFORMATICO. Il passato rischiarerà sempre meno l’avvenire

AGRICOLTURA, INDUSTRIALIZZAZIONE, PROGRESSO TECNOLOGICO-INFORMATICO. Il passato rischiarerà sempre meno l’avvenire

Il processo chiamato “industrializzazione” ha certamente trasformato la nostra società, soprattutto nell’ultimo secolo, creando un benessere diffuso, che le generazioni precedenti non potevano nemmeno immaginare. Un processo che ha stimolato la convinzione che eravamo su una strada che non poteva che crescere, creando altro benessere, altre ricchezze, in modo infinito e indefinito, al quale non si poteva rinunciare.

Al progresso industriale si è aggiunto, poi, quello tecnologico-informatico, che faceva credere sempre più che l’associazione tra il reale e il virtuale avrebbe definitivamente sconfitto ogni resistenza a un progresso e a un benessere superiore, inestimabile e senza limiti. Nessuno avvertiva gli scricchiolii di questa gigantesca “architettura economica”, che si è sempre più gonfiata, sotto l’insegna della globalizzazione.

Insomma, abbiamo vissuto e stiamo vivendo questa esperienza, che nessuno può contestare, di cui dobbiamo pure riconoscere gli effetti benefici, ma della quale bisogna saper valutare anche i rischi e i limiti. C’è sempre un rovescio della medaglia e, ad ogni beneficio, corrisponde sempre un “costo”. E’ opportuno, allora, chiedersi quali sono i costi e i miti di questi processi che abbiamo vissuto e che viviamo, alcuni con entusiasmo e altri con sofferenza.

E’ necessario ragionare in termini meno convenzionali e più allargati, per identificare non solo le cause dei problemi, ma anche le possibili e attendibili vie di uscita.

Parliamo di Agricoltura. Il settore definito “primario” si è progressivamente ristretto, riducendo enormemente il proprio apporto sia alla ricchezza prodotta nel paese, sia alla occupazione.

La tecnologia, ormai, è appannaggio di tutti. Anche l’agricoltura ha tratto, sicuramente, vantaggi dal progresso tecnologico, soprattutto nel settore agroalimentare, aumentando la sua produttività. Ma è stata sempre più ridimensionata – passando da 18 a 12 milioni di ettari – perché come settore appare meno concorrenziale rispetto ad altre opportunità produttive.

Siamo sicuri che questo sia stato un cammino giusto, nell’interesse di tutta la società nazionale? Siamo sicuri che continuare questo processo sia conveniente ai paesi cosiddetti “sviluppati”, che hanno puntato i loro obiettivi e le loro risorse su uno sviluppo di tecnologie informatiche ? Qualche valido motivo di dubbio c’è. Proviamo a riflettere.

La prima considerazione riguarda l’aspetto demografico. Si deve parlare di popolazione non solo a livello di singolo stato, ma di popolazione mondiale. La crescita demografica ha avuto sempre – e continua ad avere – uno sviluppo a carattere esponenziale, cioè con progressive accelerazioni. La presenza umana ha raggiunta i sette miliardi, ma i demografi prevedono che entro pochi decenni saranno raggiunti e forse superati i nove miliardi. Un incremento quasi del 30 per cento che merita convinta attenzione. Già oggi, la parte dell’umanità afflitta dalla fame è notevole. Cosa sarà quando le bocche saranno cresciute così considerevolmente? E’ compito soprattutto dell’agricoltura affrontare e risolvere il problema. Come? Sviluppando le sue potenzialità, anche mediante una collaborazione internazionale che parta dal rafforzamento di tutte le possibilità locali.

La seconda considerazione riguarda l’aspetto ambientale. Siamo di fronte a cambiamenti climatici di notevole rilievo accompagnati da un degrado ambientale che minaccia di peggiorare. Sono diffuse le convinzioni che attribuiscono all’inquinamento dell’uomo le cause del surriscaldamento del pianeta e le sue conseguenze.

Il problema esiste e l’approccio più razionale è quello di difendere il territorio dal degrado, mediante una presenza vigile e costante che può essere assicurata sostanzialmente dalla popolazione che sul territorio vive e che si occupa di agricoltura. Naturalmente, questa popolazione va appoggiata e stimolata anche in questa funzione, con politiche di incoraggiamento e assistenza.

Un’altra considerazione si riferisce alla indipendenza alimentare di ogni singolo paese, che non può certamente essere assicurata al cento per cento, ma che va promossa tenendo conto delle inevitabili importazioni. Il parallelo della nostra dipendenza energetica dà una convincente dimostrazione di quanto sarebbe pericolosa una eccessiva dipendenza in campo alimentare, di fronte a scossoni che non è facile prevedere, ma che sicuramente non si possono escludere, soprattutto nelle fasi di “nervosismo internazionale”. Produrre di più “in casa”, pertanto, offre una migliore tranquillità alimentare che non va trascurata.

Un’ultima considerazione si ispira a un principio di sicura attualità. La stabilità economica e sociale di un paese è condizionata da una equa ripartizione di attività e di occupazione. Se c’è una equilibrata ripartizione – soprattutto mediante accordi di filiera – tra i settori industriali, agricoli e dei servizi – si può sperare in una risposta più solida ad eventuali scossoni provenienti dal sistema internazionale. Bisogna cogliere le opportunità della globalizzazione, non accettare di esporsi supinamente alla sua prepotenza.

Conclusione: il nostro Paese si salverà più facilmente se sarà in grado di ripristinare le funzioni economiche e sociali dell’Agricoltura, liberandola da quella sostanziale emarginazione che si pensava aprisse le porte a una “modernizzazione” indispensabile e inevitabile che, invece, ha avuto sicuramente anche effetti negativi. Per raggiungere l’obiettivo di un ritorno dell’Agricoltura a una funzione primaria economica e sociale, sono importanti, anzi sono essenziali, due linee operative strategiche.

La prima è una politica non solo di sostegno, ma di garanzia e di stimolo, a livello nazionale e soprattutto comunitario. La nuova PAC deve concretizzarsi in azioni più coordinate, progressive ed efficienti, per valorizzare – e non condizionare – le risorse di tutti i paesi interessati.

La seconda linea operativa e strategica dipende dalla volontà e dalla capacità della politica di dare impulso e stimolo ai giovani, affinché possano riscoprire l’ambiente naturale in cui operano le aziende agricole, nonché l’interesse e il fascino – anche se impegnativo e faticoso – del lavoro a contatto con la Natura. Ormai tutti dicono, giustamente, che il futuro è dei giovani e che senza giovani non c’è futuro. E’ una verità tanto ovvia quanto importante. E che ci induce ad aggiungere, alla richiesta appena indirizzata alla Politica di stimolarli, di rivolgerci ai giovani stessi perché siano essi a trovare, nel cuore e nelle convinzioni, le risorse e la forza per credere nella propria capacità di passare dalle formule attuali, elaborate su una esperienza che ha evidenziato i suoi limiti, ad una esperienza nuova, che non sia la riscoperta di un passato che ha avuto i suoi meriti, ma non è riproducibile e sia invece un “nuovo futuro” adatto al mondo di oggi e soprattutto a quello di domani.

Il passato – giova ripeterlo – rischiarerà sempre meno l’avvenire.

Young Girl in the Garden at Giverny - Claude Monet
Young Girl in the Garden at Giverny – Claude Monet

Redazione Fidaf

Un pensiero su “AGRICOLTURA, INDUSTRIALIZZAZIONE, PROGRESSO TECNOLOGICO-INFORMATICO. Il passato rischiarerà sempre meno l’avvenire

  1. mi complimento per l’analisi intelligente dei fenomeni e dei cambiamenti epocali che sono in corso. Mi viene tuttavia da chiedere se non sia da recuperare il senso profondo dell'<> di San Benedetto come chiavi risolutive per affrontare la complessità dei problemi.

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