Agricoltura e geodinamica dei territori alpini ed appenninici: sviluppo delle attività agro-alimentari e forestali
Secondo le indicazioni formulate per il prossimo Tavolo FIDAF, Andrea Sonnino ha molto opportunamente indicato che il nuovo documento “dovrebbe partire da qualche elemento di analisi per proporre principi e concetti informatori delle politiche agricole, alimentari e di sviluppo rurale, che saranno concepite nei prossimi anni. Le discussioni dovrebbero venire limitate alla proposizione di alcune peculiarità italiane, che possono favorire indicazioni concettuali a livello locale, anche in altri Paesi”.
Una peculiarità dell’Italia, unica in Europa, è rappresentata dalla frequenza dei terremoti che, in questi ultimi 15 anni, dal primo incontro di Maccarese, hanno raggiunto al 24 agosto 2016, il numero di 83 senza contare gli sciami sismici.
Le perdite sono considerevoli e le lezioni che si possono trarre dal recente episodio di Amatrice, oltre alla generosa partecipazione del Paese per soccorrere le popolazioni colpite, riguardano i notevoli progressi compiuti nell’organizzazione e nella rapidità degli interventi effettuati con grande abnegazione dalla Protezione civile, dai Vigili del Fuoco, dalle Forze dell’ordine, dai Volontari nei centri urbani.
Ancora una volta, né può essere diversamente, il tessuto agricolo ha dovuto affrontare ulteriori difficoltà derivanti dallo sconvolgimento della rete viaria, dall’isolamento delle case e delle stalle sparse, dai movimenti franosi, dalle modifiche superficiali e profonde del suolo, dallo sconvolgimento della circolazione idrica, dalle perdite del patrimonio zootecnico, dalla distruzione delle colture, con conseguenze disastrose per l’economia di vasti territori.
La seconda lezione positiva, è fornita dai risultati delle ricerche condotte dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che ha immediatamente indicato la struttura ed i movimenti tettonici delle zone colpite e dall’efficacia del “data Base” realizzato dall’ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale), che ha fornito una serie di informazioni fondamentali sulla situazione geomorfologica del territorio e l’associazione tra i terremoti ed i segmenti di faglia.
Nell’ Appennino tra Gubbio e Rieti, da San Benedetto del Tronto ed Amatrice, cioè in una distanza di circa 90 km sono attive 21 faglie, che segnano irrimediabilmente il futuro delle aree interne di questa vasta area.
La riflessione da proporre al tavolo, nel momento in cui si affronta la ripresa delle attività, ma che può venire estesa anche alle Alpi, soggette ad una sensibile rotazione, riguarda la ripetizione dei modelli organizzativi colturali tradizionali nei luoghi ad alto rischio, con le stesse modalità produttive, che sono proprie dei terreni stabili.
Forse è arrivato il momento di individuare, grazie ai notevoli progressi compiuti dalla ricerca, nuove prospettive progettuali, che consentano una maggiore sicurezza per la sopravvivenza degli agricoltori, facendo ampio ricorso alla robotica, che come dimostrano gli ottimi risultati ottenuti in Provincia di Trento, si presta in maniera particolare, alla complessa gestione degli allevamenti zootecnici.
Per la scelta delle specie da impiegare nelle coltivazioni, le indagini condotte negli USA, per contenere l’erosione superficiale del suolo, quelle fornite di micorrize, sembrano più efficaci rispetto alle tradizionali.
Il futuro elettrico e dell’automazione degli autoveicoli, non mancherà di interessare anche il settore della meccanica agraria, che è destinata a svolgere un ruolo traente nella protezione del suolo.
L’elenco potrebbe continuare con l’esame dell’organizzazione agricola produttiva, in paesi soggetti a continue scosse telluriche, come in Giappone, che hanno portato ad una netta suddivisione del territorio tra agricoltura (zone stabili) e foreste (zone instabili).
In sintesi, tenuto conto delle aree a rischio, il nostro Paese non può permettersi il lusso di assistere all’abbandono di vaste superfici, anche in vista dell’acuirsi delle crisi alimentari che le Organizzazioni Internazionali considerano come la causa destabilizzante in molte regioni dell’Africa e dell’Asia, con pesanti ripercussioni su flussi migratori, che stanno travolgendo anche l’Italia.
Sembra, dalle recenti parole del Presidente del Consiglio Renzi, che la classe politica incominci a considerare l’opportunità di formulare un progetto a lungo termine, che comprenda anche la messa in sicurezza delle regioni collinari e montane. Il Tavolo della FIDAF, potrebbe contribuire alla valorizzazione delle aree interne, che sono le più fragili.