1. Gli stati dell’Europa occidentale, usciti distrutti dalla II guerra mondiale, decisero, pur fra tentennamenti e retromarce, di avviare un processo di integrazione che puntò su quella economica, non essendo stato possibile superare il non spento nazionalismo di molti, ostacolo che non consentì di puntare a una vera integrazione politica.
Appunto l’oscillare fra spinte a favore dell’integrazione e il nazionalismo ha caratterizzato la vita della Comunità economica europea, poi Comunità europea e, infine, Unione europea; alla politica della sedia vuota avviata da De Gaulle nei primi anni di vita della CEE e alla previsione, contenuta nel Trattato di Lisbona del 2010, della possibilità di uscire dall’UE si contrappongono l’Atto Unico europeo, entrato in vigore nel 1987, che diede un forte impulso alla creazione di un mercato unico, e quello di Maastricht, fondamento per la creazione dell’euro, che sembrava essere, ma non lo è stato fino ad ora, un passo decisivo verso una integrazione politica.
A questa incertezza negli orientamenti “politici” si accompagnò una posizione attorno l’ammissione di nuovi stati membri sempre più lassista, e seguita per meri e presunti fini geopolitici da un lato, di allargamento del mercato dall’altro.
Ma gli ultimi stati ammessi non hanno accettato, sin dall’origine, l’implicita idea d’integrazione politica, vedendo nell’entrata nell’Ue un mezzo per associarsi a stati più ricchi e come, nel caso di quelli dell’Europa orientale, uno strumento per sottrarsi all’influenza russa…
The Garden Gate at Vetheuil – Claude Monet