Transizione green, il clima sta cambiando

Transizione green, il clima sta cambiando

Il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima dello scorso luglio ha aumentando il contributo delle fonti di energia rinnovabili per raggiungere gli obiettivi Ue 2030. Ma la sua realizzazione in Italia si sta scontrando con l’ostilità delle comunità locali, che lamentano
l’impatto dei nuovi impianti sul territorio.
A questo si aggiungono poi gli ostacoli burocratici/amministrativi nelle varie regioni. Una situazione di incertezza che rallenta gli investimenti per la realizzazione di nuove strutture.

 

Negli ultimi mesi è proseguito in Italia il dibattito sull’utilizzo delle energie rinnovabili da impiegare per la transizione energetica, in particolar modo si discute sulla strategia da seguire per raggiungere gli obiettivi energetici e climatici, concordati con l’Europa per il 2030. Obiettivi che il nuovo Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima),trasmesso a Bruxelles il 1° luglio 2024, ha ben evidenziato e che possono essere cosi riassunti:

▪ riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;

▪ aumento della quota di energia rinnovabile;

▪ miglioramento dell’efficienza energetica;

▪ aumento della interconnettività elettrica.

Rispetto al precedente Piano presentato nel 2019, il nuovo Pniec vede aumentare il contributo delle fonti di energie rinnovabili al soddisfacimento dei consumi energetici nazionali, che si prevede raggiungano, nel 2030, il 39,4% sui consumi finali lordi complessivi di
energia. Gli incrementi progressivi delle quote di energie rinnovabili sono indicati nel grafico sotto riportato, estratto dal Pniec presentato il 1luglio 2024. Il Pniec prevede, entro il 2025, il superamento graduale dei combustibili fossili – phase out dal carbone – grazie alla promozione e all’ampio ricorso all’energia elettrica prodotta dalle fonti di energia rinnovabili (Fer) in tutta Italia, ad eccezione della Sardegna, dove terminerà tra il 2026 e il 2028. Si presuppone che la generazione da Fer si attesterà a circa 237,8 TWh al 2030, comprensivi di circa 10 TWh destinati alla produzione di idrogeno verde. Il valore di 237,8 TWh si ottiene sommando alla quota dei consumi complessivi nazionali di energia elettrica coperta da fonti rinnovabili, la produzione di energia elettrica generata dal settore idroelettrico, previsto dal Pniec, e rappresenta il 63,4%, del consumo interno lordo di energia elettrica, pari a 359,3 TWh, come indicato nella tabella 12 estratta dal Piano presentato a Bruxelles il 1° luglio 2024.

CRESCE LA CONTESTAZIONE

Ma, la transizione green basata sull’abbandono dei combustibili fossili, accolta inizialmente con grande euforia, si sta sempre più scontrando con l’ostilità delle comunità locali, a causa dell’impatto che i nuovi impianti per la produzione di energie rinnovabili hanno sui territori in cui vengono realizzati, sia in termini di consumo di suolo sia sotto il profilo ambientale e paesaggistico.
Infatti, sono numerose le regioni in cui il dibattito sull’utilizzo delle energie rinnovabili da impiegare per la trasformazione energetica
e in particolar modo sulla strategia da seguire per raggiungere gli obiettivi concordati con l’Europa per il 2030, prosegue sempre più
contrastato. Sono infatti in aumento i comitati che si oppongono alla realizzazione di nuovi impianti per la produzione di energie rinnovabili. L’opposizione ai nuovi impianti, rivolta inizialmente contro la realizzazione di grandi strutture fotovoltaiche, si è rapidamente estesa a tutte le forme di produzione di energia da fonti rinnovabili: impianti eolici a terra, impianti eolici a mare, stazioni di accumulo dell’energia prodotta e
così via. Anche impianti innovativi come quelli agrivoltaici avanzati, la cui costruzione è agevolata dai finanziamenti concessi dal bando
del Pnrr – Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica), Componente 2 (Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile), Investimento 1.1. – che ha l’obiettivo di incentivare la realizzazione di sistemi agrivoltaici di natura sperimentale, in cui la produzione di energia dei pannelli non può prescindere dalla coltivazione del terreno su cui questi sono installati, sta affrontando le stesse difficoltà di realizzazione degli altri impianti.
Eppure, gli impianti agrivoltaici avanzati, rappresentando un sistema di produzione di energia rinnovabile in cui sussiste la continuità dell’attività agricola e/o pastorale con la produzione di energia dei pannelli fotovoltaici, dovrebbero essere accolti favorevolmente venendo meno il consumo di suolo imputato alle altre tipologie di impianti.

INVESTIMENTI AL RALLENTY

Questo clima di incertezza sta influenzando la progettazione e la realizzazione dei nuovi impianti da fonti di energia rinnovabili, fondamentali per raggiungere gli obiettivi del Pniec. I dati pubblicati a fine dicembre dal GSE, sotto riportati, sembrano confermarlo perché evidenziano la cautela con cui gli investitori nazionali e internazionali, nonché gli imprenditori agricoli in forma singola o associata, hanno partecipato al bando pubblico Pnrr, pur a fronte di contributi incentivanti per la realizzazione degli impianti agrivoltaici avanzati.
Infatti, a fronte di una dotazione finanziaria della Misura del Pnrr pari a 1.098.992.050,96 euro è stato ammesso a finanziamento un importo pari a 775.574.309,00 euro.
Il numero di domande presentate per le due tipologie di interventi previsti dal bando Pnrr, registro e aste, è di seguito riportato. Come facilmente riscontrabile, la tipologia ad asta, alla quale potevano partecipare le associazioni temporanee di imprese che includevano almeno un imprenditore agricolo, così come definito dall’articolo 2135 del codice civile, pur con un numero di domande inferiore a quello previsto, ha avuto una richiesta di potenza da installare quasi doppia rispetto a quella prevista, mentre la tipologia a registro, pur con un numero superiore di domande, non ha raggiunto la potenza prevista dal bando Pnrr.
Dalla lettura della graduatoria pubblicata dal Gse si osserva che la localizzazione degli impianti di agrivoltaico avanzato ammessi a finanziamento dal bando Pnrr (196 impianti sui 540 previsti), è situata in tre regioni italiane: Sicilia, Puglia ed Emilia-Romagna. Regioni
in cui le legislazioni regionali non contengono norme stringenti che di fatto impediscono la realizzazione degli impianti. Occorre tener conto che la tempistica stringente imposta dal bando del Pnrr prevede per l’entrata in esercizio degli impianti agrivoltaici avanzati diciotto mesi a decorrere dalla data di comunicazione dell’esito positivo della domanda di finanziamento e comunque non oltre il 30 giugno 2026.

L’ESEMPIO DELLA SARDEGNA

Un esempio evidente del clima di contrasto tra le diverse normative nazionali e le istituzioni regionali preposte al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti agrivoltaici avanzati per la produzione di energia rinnovabile, è quanto sta accadendo in Sardegna. Nell’isola sono stati ammesse a finanziamento dal bando Pnrr 18 domande, 6 con la procedura a registro e 12 con la procedura ad asta. Due impianti agrivoltaici avanzati, denominati “Monte Nurra”, nelle campagne di Sassari, e “Villasor”, il 30 dicembre hanno avuto il parere favorevole dalla Commissione Tecnica nazionale Pnrr -Pniec. Tuttavia, la Regione Sardegna in una nota ha fatto sapere che «I pareri sono stati adottati nonostante la certificata incompatibilità dei progetti, sia col quadro normativo regionale, sia con i valori paesaggistici, ambientali e culturali che la legislazione regionale difende». Il motivo ostativo della regione Sardegna è dovuto all‘ubicazione degli impianti
in aree non idonee secondo la Legge Regionale n. 20 del 2024. Se, su tutti i pareri richiesti per avere le autorizzazioni amministrative necessarie per avviare la realizzazione degli impianti per la produzione di energie rinnovabili, dovessero riscontrarsi gli stessi ostacoli burocratici/amministrativi, gli obiettivi energetici previsti dal Pniec potrebbero subire dei ritardi, che comprometterebbero i traguardi
concordati con Bruxelles.

 

Autore: Roberto Accossu, Vice Presidente della FIDAF (da il Libero Professionista Reloaded n. 30)

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Redazione Fidaf

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