L’UE scommetta sulla PAC come arma geopolitica
La Pac 2023-2027 non è in grado di tenere il passo con il contesto globale e non è adeguata né sufficiente a proteggere l’agricoltura europea dalle crisi che stiamo vivendo. In un momento di volatilità dei prezzi senza precedenti, quando l’Ue moltiplica gli accordi di libero scambio senza essere in grado di imporre clausole speculari che soddisfino i requisiti europei in termini di ambiente o benessere degli animali, e quando altre potenze agro-esportatrici come gli Stati Uniti forniscono un sostegno illimitato ai loro agricoltori, l’Europa si ostina a finanziare aiuti inefficaci in un contesto di tagli di bilancio alla politica agricola che va avanti dal 2000. Allo stesso tempo, chiede ad ogni nuova riforma sforzi sempre maggiori per la sostenibilità ambientale, senza proteggere i suoi agricoltori dalla mancanza di competitività che sta imponendo loro, né dare ai consumatori i mezzi per permettersi questo cibo più virtuoso, ma anche più costoso di quello importato da Paesi che hanno
regole produttive meno rispettose dell’ambiente.
I consumatori hanno perso la consapevolezza delle motivazioni strutturali, ancora oggi immutate, alla base della Pac: garantire prezzi equi ad agricoltori e consumatori e cibo di qualità a tutti.
L’attuale periodo inflazionistico tende a rendere inaccessibili i prodotti premium, costringendoli a riorientare le loro scelte verso alimenti importati di fascia bassa, derivati da modelli agricoli lontani dai nostri. Perciò, in vista dell’ennesima riforma che sarà affrontata dal nuovo esecutivo Ue dopo le elezioni europee, è necessario rilegittimare la Pac non solo agli occhi degli agricoltori reduci da una stagione di proteste senza precedenti, ma anche a quelli dei consumatori, che con le loro tasse sono anche i principali finanziatori del bilancio comunitario.
Per essere rilegittimata, la Pac deve diventare “Paac”, una Politica agricola e alimentare comune, promuovendo al contempo gli aiuti alimentari per i più svantaggiati.
Deve essere riorientata, concentrandosi sulla gestione dell’offerta e della domanda, ad esempio rafforzando le Ocm più orientate a un’equa ripartizione del valore nelle catene commerciali, tramite il monitoraggio dei costi di produzione e dei prezzi dei prodotti dal cancello dell’azienda alla tavola dei consumatori e mobilitando strumenti d’intervento più efficienti ed efficaci: aiuti anticiclici con un pilastro di gestione del rischio, scorte strategiche, quote e garanzia di sbocchi per il mercato interno, in questo contesto internazionale instabile in cui altri player internazionali stanno guadagnando fette di mercato.
In tutto ciò sarà importante una visione a lungo termine dello sviluppo del settore primario e rurale che metta al centro il modello imprenditoriale e familiare tipico dell’agricoltura europea, pur in una ottica di innovazione e sviluppo sostenibile sotto il duplice profilo economico ed ambientale. È quindi evidente che in un simile scenario bisognerà passare nella discussione delle nuove prospettive finanziarie pluriennali dell’Ue da una mera “difesa del budget agricolo” a una convinta richiesta di rafforzamento delle risorse dedicate alla Pa(a)c nell’interesse non solo degli agricoltori ma di tutti i cittadini europei. Il peso dell’intero sistema agroalimentare è ben maggiore dell’output misurato in soli termini di Pil (per l’Italia è circa il 15%): ha un insostituibile ruolo politico, sociale, paesaggistico,
ambientale, culturale e di sicurezza alimentare come la guerra in Ucraina e la crisi del Canale di Suez ci hanno ricordato.
Il commercio agroalimentare e il cibo sono un’arma geopolitica di valenza strategica in un momento storico di perdita d’identità dell’Europa e possono concorrere a un veloce recupero della leadership internazionale del Vecchio Continente per la promozione della pace globale, già fondamento costitutivo dell’Ue.