Cibo senza agricoltura
Ricordo che quando – nello scorso millennio – frequentavo le scuole alimentari, il maestro ci annunciò che presto avremmo tutti abbandonato il nostro, ormai obsoleto, sistema di alimentazione e che presto avremmo potuto soddisfare tutte le nostre esigenze alimentari assumendo pillole che contenevano tutte le sostanze necessarie al nostro sostentamento. Ovviamente la mia fantasia si accese e immaginò che avrei avuto sempre con me delle boccette con il tappo a vite che contenevano queste pillole multicolori e che di tanto in tanto ne avrei inghiottita con golosità una. Per nostra grande fortuna, la profezia del mio maestro non si è mai avverata, per cui abbiamo continuato a nutrirci delle pietanze che, oltre a fornirci i nutrienti che ci necessitano, soddisfano anche il nostro palato.
La previsione del maestro mi è tornata in mente quando mi è capitato sotto gli occhi l’articolo “Food without agriculture”, recentemente pubblicato su Nature Sustainability dal Prof. Davis dell’Università di California e dai suoi collaboratori. In questo articolo il Prof. Davis propone la produzione di nutrienti per via biosintetica a partire da petrolio, da metano, da carbone e da rifiuti solidi urbani, in modo da sostituire la produzione di alimenti da sistemi agricoli. La proposta del Prof. Davis si poggia su due presupposti: che la produzione agricola di alimenti sia uno dei maggiori responsabili degli attuali problemi ambientali del nostro pianeta, soprattutto della emissione di gas climalteranti, e che gli alimenti prodotti forniscano esclusivamente gli apporti nutrizionali garantiti dai loro maggiori costituenti chimici.
Ambedue questi presupposti sono fallaci. Cominciamo dal primo presupposto. Le stime FAO indicano che il sistema agroalimentare globale è responsabile dell’emissione di circa 14-16 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti annue (Gt CO2eq), che nel 2020 corrispondevano a oltre il 30% delle emissioni totali di climalteranti. Solo la metà di queste emissioni è a carico della produzione primaria, mentre il resto è responsabilità del cambio d’uso del suolo e dei processi di filiera e consumo (trasformazione e distribuzione di alimenti. Le emissioni attribuibili alla produzione agricola sono quindi il 15% delle emissioni totali. Va inoltre considerato che l’agricoltura e la gestione delle foreste sono le uniche attività umane che sottraggono anidride carbonica dall’atmosfera mediante la fotosintesi clorofilliana. Il suolo agricolo e quello forestale sono i più grandi serbatoi di anidride carbonica del nostro pianeta, più capaci di oceani e atmosfera. L’intensificazione sostenibile della produzione agricola può rendere non necessaria l’espansione della superficie coltivata per soddisfare la domanda crescente di alimenti e intervenire così anche sulla componente di cambio d’uso del suolo delle emissioni di climalteranti. Comunque agricoltura e foreste possono contribuire anche maggiormente alla mitigazione del cambiamento climatico adottando pratiche che riducono le emissioni e aumentano il sequestro di carbonio dall’atmosfera, come abbiamo discusso nel convegno “Mitigazione del cambiamento climatico: il contributo di agricoltura e foreste”, organizzato nel 2022 dalla FIDAF in collaborazione con l’ENEA, il CREA ed il CONAF.
Per quanto riguarda il secondo presupposto degli studi del gruppo del Prof. Davis, basta ricordare che i cibi che assumiamo non sono costituiti esclusivamente da proteine, carboidrati e grassi vegetali, ma anche da fibre, vitamine, fenoli, e da molte altre sostanze che li rendono benefici per la nostra salute, anche oltre l’apporto di nutrienti. Anche se la convenienza ambientale della produzione d’alimenti sintetici fosse dimostrata, e l’articolo qui discusso non è particolarmente convincente in merito, la nutrizione del genere umano ne risulterebbe drasticamente impoverita. Meglio optare per ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura mediante l’innovazione tecnologica, processo ormai compiutamente in atto, che tentare di sostituire l’agricoltura con processi di sintesi chimica.
Il Sapiens s’è andato evolvendo, per molto tempo, con le risorse alimentari disponibili nell’ambiente. Una manciata di millenni fa, ha iniziato a gestire queste riporse, ma non se n’è del tutto distaccato. Mi chiedo se i cibi sintetici di cui si sente parlare, senza entrare nel merito del sapore, siano in grado di fornire l’insieme degli elementi e dei fattori nutritivi di cui il Sapiens ha bisogno, molto probabilmente non riconducibili a pochi composti chimici.
E’, comunque, comprensibile che ci si pensi. Infatti, dal Sapiens nelle foreste siamo passati ai miliardi di umani impilati in città multi piano e nutrirli, con qualcosa di non molto diverso dal cibo dei Sapiens è incredibilmente costoso in termini di energia ed impatto.