L’allevamento equino in Italia: stato dell’arte e prospettive future di un settore produttivo zootecnico dalle grandi potenzialità economiche ed ambientali
Premessa
L’allevamento rappresenta il punto di partenza della filiera ippica nazionale: sono oltre 600.000 gli ettari di terreno impegnati in questo ambito, terreni affatto marginali, ma che sono utilizzati appieno per la coltivazione di alimenti diretti agli animali (fieno, avena, erba medica, insilati, paglia, ecc.), che in gran parte sono poi avviati alla trasformazione industriale per la produzione di mangimi, integratori e complementari (alimentazione indiretta di trasformazione – industria mangimistica).
L’ippica non è solo un problema agricolo e zootecnico, ma è anche una “questione sociale”, perché coinvolge ed impegna una ampia base di soggetti ed operatori (Allevatori, Proprietari, Allenatori, Driver/Fantini, Ippodromi, ecc.ecc.), variegata tra loro, ma fondamentale in termini economici e produttivi, a tutto vantaggio anche del made in Italy.
Sino al 1999 e per ben 70 anni, l’intero settore era governato dall’UNIRE (Unione Nazionale Incremento Razze Equine), che si è sostenuto “AUTONOMAMENTE” grazie ad una Legge del 1942 –Legge Mangelli – che assegnava all’Ente la gestione diretta della raccolta economica del gioco delle scommesse sulle corse dei cavalli: ovviamente l’Erario beneficiava di lauti introiti senza alcun costo di gestione o di organizzazione e pianificazione degli eventi ippici.
L’anno 1999 rappresenterà per il mondo ippico l’inizio di un lungo e lento declino, perché la scarsa conoscenza e lungimiranza dei politici dell’epoca, maturarono la convinzione politica di accorpare sotto il diretto controllo dello Stato, tutto il nuovo sistema di giochi che si stava sviluppando in Europa; ecco quindi la comparsa dei Monopoli di Stato e più precisamente di AAMS/MEF – oggi Agenzia delle Dogane. In poco tempo l’intera rete nazionale di raccolta delle agenzie ippiche fu “REQUISITA” e convertita e convinta a gestire altri giochi e tipi di scommesse, facendo dimenticare a tutti lo scopo e la mission per cui erano state allestite.
L’introduzione di nuovi giochi, nel sistema di raccolta proprio del mondo ippico, ha fatto sì che avendo questi dei coefficienti vantaggiosi sia per gli scommettitori, che per le strutture di scommessa, hanno determinato una caduta di “appetibilità” del prodotto “Corse dei Cavalli”, provocando di conseguenza una marcata diminuzione nella raccolta sulle corse ippiche e quindi una riduzione della disponibilità economica per l’UNIRE e per l’intero Settore agrizootecnico (sostegno al miglioramento degli Allevamenti, al miglioramento della genetica e della selezione, ecc.).
Lo Stato in definitiva ha trovato più semplice ed economico creare giochi ad estrazione casuale e a stampare le cedole dei “Gratta e Vinci”, che rivolgere invece rispettosa attenzione verso un comparto produttivo ed economico fatto, di Uomini, Cavalli e Territorio, ovvero gente onesta e laboriosa che paga le tasse, sostiene l’agricoltura e l’allevamento nazionale con il miglioramento genetico e la cura dell’ambiente.
Con la soppressione dell’ex UNIRE-ex ASSI, le competenze tecniche del settore ippico sono in capo al Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste, mentre quello economico ricade nelle competenze dell’Agenzia delle Dogane/ Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’allevamento equino nazionale: le caratteristiche
L’allevamento dei cavalli, in genere, rappresenta una importante funzione di salvaguardia e tutela di ambiti territoriali rurali “marginali”, che altri tipi di attività zootecniche difficilmente riescono a fare. Come ben sapete, tra i compiti prioritari del Ministero dell’agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste (MASAF), rientrano le competenze in materia di gestione dei Libri Genealogici e Registri Anagrafici anche delle Razze equine autoctone italiane che, si concretizzano, non solo nel miglioramento e valorizzazione meramente numerico del patrimonio equino nazionale, ma anche e soprattutto, in quello genetico, attraverso adeguati indirizzi e attuazione di specifiche politiche allevatoriali volti a valorizzare il prodotto allevato in termini di maggiore incisività sui mercati nazionali ed internazionali.
Didatticamente e non solo, i cavalli si distinguono per morfologia, in tre tipi fondamentali: Brachimorfo, Mesomorfo e Dolicomorfo e a loro volta, in due gruppi intermedi, Meso-dolicomorfi e Meso-brachimorfi.
Tralasciando il tipo Brachimorfo ed il tipo intermedio Meso-brachimorfo, a cui ai primi appartengono soggetti idonei a sviluppare più la forza che la velocità (quindi cavalli da tiro e da lavoro), caratteristiche queste oramai soppiantate dai mezzi a motore anche nelle Forze Armate (i cavalli non sono più utilizzati per il traino di mezzi d’artiglieria o per il trasporto di rifornimenti e munizioni !!!), i secondi per le loro caratteristiche, si collocano a metà strada fra i cavalli da tiro ed i cavalli da sella o da carrozza.
I cavalli tipo Mesomorfi si caratterizzano per la struttura fisica molto più leggera rispetto al brachimorfo, ma comunque potente e compatta: in età moderna, esso rappresenta il cavallo da caccia o da campagna, intesa come equitazione non agonistica. A questo tipo appartengono moltissimi cavalli e fra quelli autoctoni ricordiamo il MURGESE, il BARDIGIANO, l’ANGLO ARABO ORIENTALE.
I cavalli tipo Dolicomorfi sono più idonei alle andature veloci che alle prove di forza: hanno torace ampio e profondo, linee allungate e articolazioni con angoli molto aperti.
La figura è più leggera, slanciata ed agile, tipologia tipica del PUROSANGUE INGLESE e dei TROTTATORI.
I cavalli Meso-dolicomorfi sono forti e potenti combinando altre caratteristiche quali l’agilità e l’eleganza nel portamento, tipici del MAREMMANO, del LIPIZZANO, del PERSANO, del SANFRATELLANO e del SELLA ITALIANO. Quest’ultima razza è di recente creazione derivante dall’incrocio di molte razze italiane con innesto di sangue Anglo-Arabo Sardo al fine di ottenere un soggetto robusto, dall’aspetto nobile (tipico dei derivati dal Purosangue inglese) e con ampia affidabilità come le razze italiane. I cavalli appartenenti a questa razza hanno spiccata attitudine al salto ostacoli, alla specialità dell’endurance, al dressage e al completo.
All’interno di questa dissertazione “zootecnica” sulla classificazione morfologica dei cavalli, ho volutamente elencato le razze di cavalli autoctoni di cui il MASAF detiene i Libri Genealogici e i Registri Anagrafici e che, a ben vedere, esprimono e rappresentano al meglio il ricco potenziale di biodiversità di cui dispone il nostro Paese.
Il miglioramento genetico e la selezione qualitativa morfo-attitudinale di queste razze, deve avvenire in stretta collaborazione, con le Associazioni di Razza e con gli Allevatori, ma anche con un adeguato supporto del mondo universitario e della ricerca che, attraverso l’attività di selezione dei migliori riproduttori e la diffusione del materiale germinale dei soggetti più incisivi, sotto il profilo morfo-funzionale ed attuata con le moderne tecniche riproduttive in uso Veterinario (già operative per altre razze equine come per esempio nel Trottatore), possono ottenere risultati soddisfacenti per raggiungere obbiettivi esaltanti in ambito sportivo equestre, dando così lustro e risalto all’Allevamento equino italiano.
Dando uno sguardo alle statistiche della produzione nazionale ippica, estratti dalla Banca dati del MASAF, ovvero dei cavalli nati ed iscritti ai rispettivi Libri Genealogici e suddivisi nelle tre “macro aree” di pertinenza, Trotto, Galoppo e Sella, possiamo osservare come la tendenza di crescita degli ultimi 5 anni sia in graduale risalita, rispetto agli d’oro di inizio secolo.
Infatti, partendo dalla produzione dell’anno 2018 abbiamo:
Anno 2019:
Anno 2020:
Anno 2021:
Anno 2022:
Scenari futuri del comparto
Storicamente l’allevamento ippico italiano ha in generale livelli di eccellenza attrattivi molto importanti per il mercato estero e per taluni aspetti, rappresenta un vero punto di riferimento. L’allevamento italiano è erede di una grande tradizione nazionale e di un portato valoriale ricco e di interesse “universale” (rapporto con la natura, impegno, responsabilità, cura, capacità socio-educativa, valore terapeutico) e tra l’altro, può contare su una larga base di figure professionali, di appassionati e che quindi presenta un alto potenziale in termini occupazionali: perciò il Ministero ha intrapreso recentemente un percorso di valorizzazione specifica del settore, riconoscendo la necessità di prevedere una Direzione generale esclusiva per il rilancio del comparto, avendo ben presente che l’ippica è una filiera complessa ed articolata e che al pari di altri ambiti produttivi agrizootecnici. deve essere sostenuta a beneficio della salvaguardia e tutela di ambiti territoriali rurali “marginali” e delle specifiche biodiversità di specie.