L'insegnamento dell'Estimo nelle Università: attualità e prospettive
Questo intervento vuole evidenziare l’attuale presenza dell’Estimo nei corsi di laurea ad indirizzo agrario e verificarne lo “stato di salute”. Da diversi anni, infatti, nelle Facoltà di Agraria italiane l’Estimo ha perso quella centralità che ne caratterizzava l’insegnamento fino ai primi anni 2000. Ciò trova diverse concause. A seguito della riforma conseguente ai decreti 509/99 e 240/2004, sono nati numerosi percorsi formativi fortemente settorializzati che, pur rimanendo nel solco delle scienze agrarie, hanno assunto profili lontani da quello “ad ampio spettro” e finalizzato alla professione di agronomo che caratterizzava il corso in Scienze Agrarie fino alla fine del secolo scorso. Molti tra i nuovi percorsi formativi, pur formando laureati nelle classi L-25 e LM-69, non prevedono le competenze in ambito estimativo tra quelle necessarie per la formazione del laureato, anche se tale laureato può affrontare l’esame di stato per l’iscrizione all’albo. In Italia, nell’anno accademico 2020-21, i corsi di laurea nella classe L-25 o LM-69 sono presenti in 30 atenei, e in 24 di questi è presente l’insegnamento dell’Estimo (figura1). La collocazione prevalente dell’insegnamento è nelle lauree triennali (21 atenei su 24), mentre è minore la presenza nei corsi magistrali (13 atenei su 24).
Rispetto all’anno accademico 2013-14 sono aumentati gli atenei in cui è attivo l’insegnamento dell’estimo nelle classi L-25 o LM-69 (da 19 a 24), così come aumenta il numero di atenei in cui l’Estimo è presente in entrambi i livelli (da 6 a 10). Il processo di diversificazione dell’offerta didattica all’interno dell’area delle Scienze agrarie ha portato a moltiplicare i corsi di laurea e di laurea magistrale (figura 2). Il processo è ancora in corso: tra il 2013 e il 2020 i corsi di Laurea nella classe L-25 sono aumentati del 15% (da 52 a 60) e i corsi di Laurea Magistrale nella classe LM-69 del 10% (da 32 a 35).
Complessivamente, sui 95 percorsi triennali e magistrali, l’Estimo è presente in 50 di essi. Rispetto al 2013 la presenza dell’Estimo è passata dal 48% al 53%. L’insegnamento è collocato prevalentemente nei percorsi triennali (62% delle Lauree triennali lo prevedono), mentre minore è la presenza nei corsi magistrali (37%). Va comunque sottolineato che negli ultimi anni la a presenza dell’Estimo è in aumento sia nei corsi triennali che in quelli magistrali, soprattutto per l’inclusione dell’insegnamento nei corsi di studio di nuova costituzione: rispetto al 2013 degli 11 nuovi corsi di Laurea e Laurea Magistrale, l’Estimo è presente i 10 di essi. Rispetto 7 anni addietro è significativo l’incremento della presenza dell’Estimo nei percorsi magistrali (da 9 a 13). Gli insegnamenti erogati sono prevalentemente incentrati sull’Estimo rurale, citato esplicitamente nel titolo in 33 casi. Significativa è anche la presenza di Estimo forestale (11 casi) e ambientale (10), spesso abbinati, mentre in alcuni casi l’enfasi è posta sull’Estimo territoriale e sull’Estimo professionale. Il panorama tratteggiato si presenta inevitabilmente in chiaroscuro. E’ difficile dire se la presenza dell’Estimo in circa la metà dei corsi di laurea ad indirizzo agrario siano pochi o tanti. Certamente va ricordato che tutti i laureati e laureati magistrali possono affrontare l’esame di stato per accedere alla professione di agronomo, e che l’Estimo costituisca uno degli ambiti professionali più rilevanti. Appare incoraggiante il fatto che negli ultimi anni la presenza stia aumentando, segno di una rivalutazione di quell’offerta formativa orientata anche alla professione, che rimane un ambito lavorativo che presenta una costante e robusta domanda di competenze estimative. Tra le opportunità offerte dall’Estimo vanno anche ricordate le nuove frontiere legate alle tematiche in campo ambientale, ai nuovi approcci nel campo delle assicurazioni e l’espansione delle fonti informative legate alle banche dati disponibili e in via di ampliamento. Tutto ciò può determinare una nuova spinta non solo alle opportunità professionali, ma anche alla speculazione scientifica e metodologica. Rimangono per contro alcune tendenze di fondo che penalizzano la disciplina estimativa. Non vale la pena ripercorrere qui il processo di reindirizzamento dei filoni di ricerca determinato dal sistema valutativo basato sugli indicatori di produttività scientifica. Basti ricordare che tutte le discipline a forte orientamento applicativo e professionale hanno subito un sensibile depauperamento di contributi scientifici a causa della scarsità di riviste indicizzate disponibili ad accogliere articoli dal taglio operativo. Da ciò è derivato un progressivo orientamento dei giovani ricercatori a trascurare le discipline come l’Estimo per orientarsi su filoni di ricerca facilmente collocabili sulle riviste internazionali. Ciò anche per un diffuso luogo comune per il quale l’Estimo non sia una disciplina scientifica ma unicamente applicativa, dando per “concluso” lo sforzo profuso dai capostipiti della scuola estimativa italiana (Serpieri, Medici, Famularo, Di Cocco, ecc.). Non va nemmeno dimenticato il meccanismo di concorrenza “al ribasso” che ha interessato il mondo della professione, meccanismo peraltro incentivato da una domanda di perizie non sempre basata su professionalità e competenza ma piuttosto sull’abbattimento del costo delle stime. Pratica e insegnamento dell’Estimo: sono due aspetti che devono sempre coesistere perché solo la pratica consente, da un lato, di affrontare la casistica che muta con il mutare dei tempi e delle domande di valutazione e, dall’altro, di alimentare nuovi temi utili alla ricerca e alla didattica.
Intervento convegno FIDAF: Estimo Scienza del metodo