Foreste urbane. La progettazione di città resilienti che può cambiare il mondo
Il clima sta cambiando. E si sente, soprattutto in città. Con i loro comportamenti dissipativi e poco attenti alla conservazione delle risorse, le città sono causa dei cambiamenti climatici, ma anche la prima vittima dei loro effetti. Per ridurre la portata degli effetti dei cambiamenti climatici e aumentare la resilienza delle città, molte organizzazioni internazionali suggeriscono di adottare “soluzioni basate sulla natura”. Fra queste, le foreste urbane – che comprendono lembi di bosco, viali alberati, grandi parchi, orti urbani, giardini, ville storiche e verde di quartiere – hanno il maggiore potenziale di cambiamento del paradigma di “essere e costruire” città.
Ipertrofia urbana
La coltivazione e l’utilizzo di alberi al di fuori della foresta come risorsa per le comunità risale al Neolitico, quando le società umane iniziarono a trasformare le foreste del Mediterraneo in aree agricole. Anche nei sistemi “taglia e brucia”, era comune preservare alberi specifici per il loro valore spirituale o simbolico e fino all’inizio del secolo scorso, alberi, boschi e filari sono stati una parte intima dei paesaggi sia urbani che rurali (basti pensare ai cipressi in Toscana o ai pini di Roma). Nell’arco degli ultimi decenni le città hanno invece attraversato una fase di crescita strabordante. L’esempio dei Paesi Bassi, e della nostra Pianura Padana, è emblematico: territori relativamente vasti diventati un’unica integrazione strutturale e funzionale di realtà urbane. Le proiezioni vedono crescere ancora le città dell’Asia “Megalopolitana” e dell’America Latina, ma anche del continente considerato rurale per definizione fino a pochi anni fa: l’Africa. A livello globale, il 60 per cento dell’area che si prevede sarà urbana entro il 2030 rimane da costruire, e il 70 per cento degli umani abiterà in città entro il 2050…