COVID-19: assalto delle mafie

COVID-19: assalto delle mafie

Occorre un impegno convinto e unanime – a tutti i livelli – per evitare i rischi costituiti dalla capacità delle varie mafie di sfruttare le difficoltà di migliaia di piccole e medie aziende di uscire dalla gravissima crisi in cui versano, prodotta da COVID-19.

Bisogna impedire, anzitutto, il prevalere di una originale terapia che spesso viene proposta per combattere le varie forme di criminalità che appestano ormai aree sempre più vaste di tutte le regioni : sospendere finanziamenti, contributi, appalti finalizzati alla realizzazione di nuove opere o al miglioramento di quelle esistenti.

Si sostiene – con argomenti che fanno facilmente presa sulle coscienze di troppi – che ogni sostegno agli imprenditori e agli enti pubblici di tutti i settori si traduce, assai spesso, in incentivi per le varie specie di mafia, poiché gli appalti favoriscono sub-appalti “truccati” ; e gli investimenti per nuove iniziative industriali, commerciali, di miglioramento fondiario, generano tangenti.

Il ragionamento non fa una grinza, anche se dà per scontata la definitiva incapacità dello Stato e delle pubbliche istituzioni di recuperare i ruoli che ad essi competono, sia nel settore dell’ordine pubblico, sia ai fini della auspicata crescita economico-sociale delle aree interessate, quale condizione sostanziale per lo sviluppo dell’economia nazionale.

Non fa una grinza, tale terapia d’urto, ma è cinica : condanna milioni di piccoli imprenditori e i giovani – soprattutto del Mezzogiorno – a un futuro privo di prospettive, nonché intere comunità a condizioni di disperazione, non potendo esse sperare nel miglioramento dei servizi e delle strutture indispensabili per una vita accettabile.

Non bisogna subire o, peggio, favorire tale provocatoria proposta, che cristallizzerebbe l’attuale situazione ; e la aggraverebbe ulteriormente, a causa della mancata eliminazione delle cause dei fenomeni delittuosi.

Bisogna curare il male, ma se i finanziamenti non sono adeguati e se manca un convinto impegno corale, si continuerà inevitabilmente a operare con una visione settoriale, zonale, con tempi lunghi per gli indispensabili interventi da realizzare.

Le popolazioni delle vaste aree penalizzate – in stragrande maggioranza costituite da cittadini onesti e laboriosi – non possono rimanere chiuse in lazzaretti ; l’unico risultato sarebbe l’ulteriore, progressivo degrado economico-sociale e, quindi, il peggioramento complessivo della situazione nazionale. Bisogna tentare di capire, invece, perché le varie terapie sperimentate sinora non hanno dato i risultati sperati.

Gli interventi speciali non hanno avuto – nelle aree interessate – effetti adeguati, principalmente nel settore delle infrastrutture, anche perché è mancato un convinto e corale impegno a livello centrale, per cui non sempre i finanziamenti sono stati adeguati; e ancora : si è proceduto, spesso, con una visione settoriale o zonale delle carenze da rimuovere, frazionando in tempi lunghi interventi che avrebbero dovuto avere attuazione sollecita e respiro ampio.

Le conseguenze, spesso, sono state le cosiddette “cattedrali nel deserto” : opere notevoli, ma non raccordate al mondo circostante, spesso né adeguatamente attrezzato, né preparato a sfruttarne potenzialità e opportunità. Uno sperpero di denaro pubblico per gli eccessivi costi delle opere, dovuti anche a periodiche revisioni dei preventivi iniziali di spesa. Ma la conseguenza più insoddisfacente è stata quella – spesso ignorata o sottovalutata – di far cadere le aree interessate sotto una soffocante tutela, favorendo la più deleteria politica assistenziale : considerare gran parte del Paese avulso dalla realtà nazionale, mentre ne è parte integrante, nei suoi aspetti positivi e non solo in quelli negativi.

I meridionalisti, negli anni Cinquanta e Sessanta, furono vittime, spesso, di tale logica che comportò una specie di freddo inventario dei problemi soprattutto del Meridione, considerati specifici, da affrontare in quanto tali e non con riferimento allo sviluppo complessivo del Paese.

Dalla fine degli anni Settanta la situazione è considerata quasi un problema di carattere generale ; con la conseguenza che per molti i ritardi e i mali si risolverebbero con la cattura di un maggior numero di criminali.

Ma così si confondono gli effetti con le cause : limitarsi a potenziare gli organici dei carabinieri serve a poco, poiché l’azione repressiva – indispensabile per la tutela dei diritti e della sicurezza dei cittadini e, soprattutto, quale riprova della volontà dello Stato di imporre la sua sovranità – non può bastare. Necessita una crescita costante e concreta del reddito dei consumatori. Ma un reddito effettivo, generato da lavoro e non frutto di generose elargizioni politiche, non sempre disinteressate. Occorre abbattere l’insostenibile elevato tasso di disoccupazione giovanile. Ma è indispensabile soprattutto come si è detto un convinto e corale impegno politico a livello centrale ; e, al tempo stesso, un analogo impegno delle forze sane, che può essere favorito anche da spinte culturali, provenienti soprattutto dalle nuove generazioni, meno condizionate dalle tradizioni e da situazioni ambientali.

La presenza più diffusa e qualificata dello Stato – in tutte le sue articolazioni – deve trovare sostegno soprattutto nella consapevolezza che un avvenire sereno dei nostri figli può essere creato soltanto da uomini politici e da amministratori locali scelti in funzione di provata esperienza e di sicura affidabilità, anche per la loro indifferenza ai richiami e ai ricatti mafiosi.

Grande mercato del pesce - Jan Brueghel Il Vecchio
Grande mercato del pesce – Jan Brueghel Il Vecchio

 

Redazione Fidaf

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