Crescente desertificazione
Il termine “desertificazione” appare ormai sempre più spesso sulla stampa e nei dibattiti, convegni o incontri in cui scienziati e tecnici delle varie discipline che si occupano di clima e di agricoltura fanno le loro previsioni.
Trattasi di un processo lento, subdolo – che investe ormai anche vaste aree del nostro paese – che sfugge alla percezione di coloro che non si occupano di agricoltura o non svolgono attività nei settori ad essa connessi o collegati; in pratica, alla grande maggioranza dei cittadini, ai quali l’acqua arriva, più o meno regolarmente, dai rubinetti di casa.
Ma cosa bisogna intendere per “desertificazione” ? La Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccità (UNCCD), ratificata da 160 Paesi, la definisce “il degrado delle terre in zone aride, semiaride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, quali variazioni climatiche e attività umane”.
“Senz’acqua non c’è futuro”: il grido d’allarme lanciato nel lontano 2002 a Johannesburg, in occasione del vertice sullo sviluppo sostenibile, è più che mai attuale, soprattutto per l’agricoltura e la zootecnia, che utilizzano il 70 per cento delle risorse idriche mondiali; una percentuale assai alta, destinata a crescere ulteriormente, soprattutto per la espansione demografica nei Paesi in via di sviluppo e per l’arricchimento qualitativo dell’alimentazione.
Una previsione fondata che non autorizza, pertanto, a distogliere l’attenzione, né ad allentare l’impegno per una migliore gestione dell’acqua disponibile, soprattutto laddove – come nel nostro Paese – le attività agricole tutte hanno tratto e traggono, sempre più, buoni impulsi dalla sua utilizzazione, giovandosi anche di un clima che ne valorizza le potenzialità.
Affidabili ricerche organizzate, prima che i rischi della progressiva desertificazione divenissero oggetto anche di manifestazioni di piazza, evidenziarono gli aspetti – certamente assai significativi – della preoccupante questione, appresso riepilogati:
- il 30 per cento circa del territorio del nostro Paese (regioni del sud, in prevalenza) ne è affetto, a causa dell’impatto delle attività umane e delle variazioni climatiche, nonché di fattori predisponenti.
- il ruolo – importante – dell’agricoltura per la salvaguardia del territorio, mediante interventi di recupero, mitigazione e adattamento alle diverse forme di degrado;
- la possibilità di delimitare le aree maggiormente a rischio e definire gli interventi di salvataggio grazie a un sistema integrato di rilevamento;
- l’inevitabile costo sociale della lotta al degrado delle risorse naturali causate dalle diverse attività produttive;
- la conferma che collaborazioni finalizzate alla applicazione dei risultati delle ricerche permettono di avviare iniziative per migliori sinergie tra mondo scientifico, istituzioni e amministrazioni locali.
E’ ormai chiaro che il fenomeno rappresenta una vera e propria emergenza ambientale e influisce sempre più sullo sviluppo socio-economico delle regioni interessate, considerate sia la fragilità ecologica intrinseca del sistema di risorse del territorio, sia le condizioni climatiche avverse, caratterizzate da ricorrenti periodi di forte siccità, alternate a intense precipitazioni.
E’ stato evidenziato che, soprattutto nel Mezzogiorno, il fenomeno rappresenta una vera e propria emergenza ambientale e influisce sempre più sullo sviluppo socio-economico delle aree interessate.
Laddove l’ampliamento dei piani produttivi e la loro innovazione sono possibili soltanto a seguito di una diffusa irrigazione, la disponibilità idrica deve essere sempre più il frutto di processi organizzativi e strutturali efficienti. Le aziende non possono essere lasciate alla mercè della naturale portata di fiumi e canali sempre più avari, ma debbono poter fare affidamento su invasi capaci di trattenere la troppa acqua che nei mesi invernali finisce in mare.
Ricerche e studi mirati, nonché buoni progetti, non mancano; ma urgono iniziative concrete sia del governo centrale, sia degli enti locali, finalizzate a evitare che preziose risorse idriche continuino ad essere inutilizzate per irrazionali egoismi che ostacolano il trasferimento dell’acqua al di là di confini puramente amministrativi, penalizzando assurdamente la crescita economico-sociale di vaste aree.
Vi è ancora molto da fare; ma, per fortuna, disponiamo ormai di ricerche specifiche e di studi affidabili che consentono la progressiva soluzione del problema della buona gestione dell’acqua: un problema che assilla agricoltori e allevatori, ma che ha anche rilievo, assai pesante, per l’economia del Paese e per i cittadini tutti. Senza eccezioni.