L’incontro di Biarritz, l’Amazzonia, la selvicoltura e l’elemosina

La celebre cittadina balneare di Biarritz, sulla costa atlantica, nella Nuova Aquitania, ha offerto, dal 24 al 26 agosto 2019, l’elegante cornice alla quarantacinquesima riunione dei G7.

Il summit dei paesi industrializzati è sorto, com’è noto, per iniziativa della Francia, nel lontano 1975, quando il Presidente Gerard d’Estaing invitò a Rambouillet, i capi della Germania Federale, del Regno Unito, del Giappone, dell’Italia, degli Stati Uniti Uniti, del Canada per discutere della crisi economica-finanziaria del biennio precedente, provocata dal mercato petrolifero.

Anche questa volta, lo “spirito di Rambouillet”, rappresentato dall’informalità tra i Capi di Stato e di Governo, garantita dall’esclusività del luogo, dal supporto tecnico fornito da numerosi funzionari ed esperti di fiducia, dalla brevità dell’incontro e dalla sottoscrizione congiunta degli impegni politici ed economici di alto livello, ha consentito un notevole successo per la Francia e per il suo presidente Emmanuel Macron.

Con il nuovo Millennio, infatti, i temi cruciali degli investimenti, dell’energia, del commercio, dell’innovazione, dello sviluppo, dell’ambiente hanno coinvolto anche i paesi dalle economie emergenti, che sono stati invitati a Biarritz, come Cina, India, Messico, Brasile, Sud Africa e per il segmento africano Egitto, Libia, Marocco, Angola, Congo, Etiopia, Sudan.

L’aspetto innovativo che ha caratterizzato i l lavori dei G7, fortemente voluto dal Presidente Macron, è stato quello di dare immediata concretezza alle formulazioni di principio enunciate nelle dichiarazioni finali delle varie Commissioni per evitare, come si era verificato in passato, la loro dispersione e la diminuzione della loro efficacia per la soluzione dei problemi.

Se ne è avuta conferma, fin dal primo giorno, quando il Presidente Macron non ha esitato ad affrontare il problema degli incendi forestali che stavano distruggendo migliaia di ettari in Amazzonia, con gravi conseguenze sull’ecosistema terrestre, accusando il Presidente del Brasile di non aver rispettato gli impegni sottoscritti negli accordi bilaterali precedenti con la Germania Federale, il Regno Unito e la Norvegia, che avevano stanziato oltre 30 milioni di dollari per contrastare il disboscamento.

Fin dal 2008, infatti, i G7 avevano promosso la creazione del Fondo per l’Amazzonia (UNRED) per la protezione, la conservazione ed il monitoraggio delle foreste, che rappresentano un serbatoio di circa ¼ dell’anidride carbonica assorbita dalle superfici forestali mondiali, allo scopo di contrastare la deforestazione, e di favorire la loro  gestione sostenibile.

Alle accuse di incapacità rivolte al Presidente Bolsonaro, assente da Biarritz, per i postumi dell’attentato al cuore subito durante la campagna elettorale, hanno fatto seguito le immagini inviate dai satelliti di una Amazzonia in fiamme, coperta da una nube di fumo che si estendeva fino alla costa atlantica e su buona parte dell’America meridionale.

Lo stesso Istituto Nazionale Brasiliano per le Ricerche Spaziali aveva segnalato che il numero degli incendi aveva raggiunto il massimo dell’ultimo decennio, a causa della prolungata siccità, durante i mesi di luglio ed agosto.

A differenza dell’Europa, le condizioni ecologiche della maggior parte dell’Amazzonia non sono favorevoli al manifestarsi degli incendi a causa dell’elevato grado di umidità dell’aria e del suolo ed anche l’intervento dell’uomo per il disboscamento, richiede un ripetuto processo di interventi pluriannuali, mediante l’impiego del fuoco, che avanza soltanto al progredire della stagione secca.

Nei mesi estivi del 2019, la superficie complessiva forestale percorsa dal fuoco nella Regione Amazzonica, è risultata pressoché uguale a quella verificatisi nello stesso periodo di tempo nelle regioni della Siberia meridionale, in Angola, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan.

L’allarme lanciato dal Presidente Macron soltanto per le foreste amazzoniche, concretizzatosi in una donazione immediata di 20 milioni di dollari da parte della Francia, è stato interpretato, in un primo tempo, come un’elemosina non richiesta.

Nel rifiutare la generosa offerta, il Presidente Bolsonaro, ha convocato i Governatori dei sette Stati della Regione per una consultazione urgente, le cui conclusioni sono state efficacemente espresse nelle parole del Governatore dello Stato di Acer “finchè esisterà la fame in Brasile, l’Amazzonia continuerà a bruciare”.

Il risoluto atteggiamento di Macron ha fornito, tuttavia, alcuni risultati positivi riguardanti l’autorizzazione richiesta dalla Costituzione brasiliana, per l’impiego immediato dell’Esercito e dell’Aereonautica, oltre 40.000 uomini nello Stato di Rondonia e l’accettazione di 11 milioni di dollari, donati dal Regno Unito.

Il programma di lavoro dei G7 ha offerto al Presidente Macron l’opportunità di chiarire il motivo della sua preoccupazione per la conservazione della biodiversità a livello mondiale, iniziando dall’Amazzonia, depositaria di oltre il 10% delle specie animali e vegetali esistenti.

 Se la deforestazione amazzonica continuasse ai ritmi attuali, le accurate stime delle principali organizzazioni ambientaliste come WWF e Green Peace, e della 24 esima COP, indicano che l’umanità correrebbe il rischio di raggiungere quello che è stato definito il punto del non ritorno per il controllo nell’aumento della temperatura terrestre.

 I G7 hanno affrontato i problemi dei cambiamenti ambientali e della conservazione della biodiversità nell’apposita seduta, svoltasi durante il secondo giorno dei lavori.

Il Presidente Macron ha chiaramente espresso le linee programmatiche della Francia, che riecheggiano quanto ha riportato nel suo recente libro dal titolo “Rivoluzione” e cioè “la Francia non ha mai pensato senza pensare agli altri, ha sempre avuto una vocazione, quella di illuminare, di stimolare il cammino del mondo ed ha il dovere di dare l’esempio” (pagg.180-181).

A  questo scopo, Macron ha  annunciato una nuova strategia ambientale, secondo un programma che verrà presentato alla prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York, dal 17  al 27 settembre prossimi, per affrontare i punti cruciali della conservazione e della gestione sostenibile del patrimonio forestale mondiale, della riduzione dell’inquinamento provocato  dai trasporti marittimi, dell’eliminazione dei gas serra nella produzione dei tessili, dell’abolizione della produzione di carbone, della conservazione della biodiversità, al fine di contenere l’aumento della temperatura atmosferica entro 1,5°, a partire dal 2030.

 Forte della collaborazione del Presidente del Cile, Sebastian Pinera, e della Cancelliera Angela Merkel nella lotta agli incendi boschivi, della Norvegia, del Regno Unito, della Cina, e di numerosi paesi africani, Macron ha inserito in questo quadro il rilancio dinamico del modello “Amazzonia”.

Questo modello prevede un cospicuo finanziamento dell’apposito fondo UNRED (35 miliardi di dollari), un vero e proprio investimento e non una elemosina, sotto la responsabilità delle Nazioni Unite, ed il coinvolgimento diretto del Brasile, in particolare, degli Stati di Acre, Amazonas, Mato Grosso, Parà, Rondonia, Roraina, la cui superficie complessiva di 4.334.107 Kmq è pari a quella dell’Unione Europea (4.326.253 Kmq).

Per contrastare la deforestazione è obbligatorio l’impiego delle Forze Armate, su richiesta dei Governatori che dovranno predisporre le misure necessarie per la lotta contro gli incendi, la conservazione della biodiversità, il contenimento della deforestazione, il rimboschimento delle aree degradate, le linee guida per le concessioni con il coinvolgimento delle popolazioni locali nel rispetto dell’Agenda del 2030, le regole per l’Agricoltura e la Zootecnia ecocompatibile.

Il rischio della mancata attuazione del modello, basato in gran parte sull’applicazione della selvicoltura tropicale, è quello di esporre il Brasile al boicottaggio dei prodotti agroalimentari provenienti dall’Amazzonia, in particolare della carne, che viene esportata anche in Italia.

Le difficoltà non sono poche, poiché mentre in Europa l’evoluzione della selvicoltura ha una lunga tradizione, ben documentata dal Prof. Orazio Ciancio nel volume “Storia del pensiero forestale. Selvicoltura Filosofia Etica (Rubbettino, 2014), non si può dire altrettanto per le regioni tropicali e subtropicali, che pur occupano il 40% della superficie terrestre.

In seguito alle frequenti modifiche che hanno riguardato le Università ed i Centri di ricerca forestali europei durante i due secoli precedenti l’attuale, sono rimasti attivi pochi Istituti di Selvicoltura tropicale come quello dell’Università di Gottinga in Germania ed il Centre Technique Forestier Tropicale a Nogent sur Marne, in Francia.

La comunità scientifica internazionale ha preferito, infatti, privilegiare le ricerche sul riconoscimento delle specie, ma soprattutto sulle loro caratteristiche tecnologiche ai fini dell’utilizzazione industriale, lasciando in secondo piano i problemi degli interventi colturali e della rinnovazione naturale ed artificiale per la conservazione dei soprassuoli.

Soltanto a partire dal 1980, quando la FAO rese nota la scomparsa annuale di 13 milioni di ha di foreste tropicali, in Asia, Sud America ed Africa, l’Unione Internazionale delle Organizzazioni per la Ricerca Forestale (IUFRO) ha dato un vigoroso impulso alle attività riguardanti la ricostituzione delle foreste tropicali degradate.

Si sono così avviate le ricerche della Divisione 1, con le Unità dedicate alla selvicoltura tropicale e sub tropicale e delle Divisioni 6 ed 8, le cui Unità si occupano degli aspetti sociali delle foreste e dell’ambiente forestale.

In questi ultimi anni, le riunioni ed i Congressi nazionali ed internazionali per migliorare l’evoluzione delle ricerche e la diffusione dei risultati sono stati numerosi ed hanno interessato vari Paesi dalla Polonia alla Bulgaria, alla Francia, dalla Cina alla Corea, dal Giappone al Canada.

Durante il prossimo Congresso Mondiale della IUFRO, che avrà luogo a Curitiba, in Brasile, dal 25 settembre al 5 ottobre, un’apposita sessione sarà dedicata alla ricostituzione delle foreste secondarie degradate nelle aree tropicali, per colmare il gap tra la richiesta ed il rifornimento di legname.

 In questa occasione, verranno esaminate le possibilità di applicazione degli interventi colturali per ripristinare l’ambiente e le modifiche da adottare, considerando le conoscenze delle popolazioni indigene locali e le loro tradizioni nella gestione degli ecosistemi forestali.

Il risultato dei G7 in considerazione dei prossimi incontri internazionali, appare favorevole per un concreto passo avanti della comunità mondiale, secondo le proposte del Presidente Macron, volte a fare rispettare gli obbiettivi previsti nel 2050, evitando così il crollo degli ecosistemi indispensabili alla sopravvivenza dell’umanità.

A Biarritz, l’Italia ha svolto un ruolo significativo su molti aspetti che direttamente od indirettamente hanno un sensibile impatto ambientale.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha posto in evidenza la necessità di riportare la pace in Libia, seguendo le deliberazioni delle Nazioni Unite ed ha confermato la disponibilità di assistenza nei settori agro forestali ai paesi africani, da cui provengono le correnti migratorie che investono l’Italia.

La posizione geografica del nostro paese, che dista meno di cento chilometri dalle coste tunisine, visibili dall’isola di Pantelleria, espone inevitabilmente alle pressioni di oltre un milione di disperati abbagliati dal miraggio europeo, per risolvere i problemi della loro sopravvivenza ed è compito dei G7 trovare la soluzione ad un problema epocale riguardante la stabilità dell’Unione.

Tuttavia, il ruolo di presidio ambientale riconosciuto a Biarritz alla gestione sostenibile delle foreste mondiali, ha come conseguenza che la superficie boscata del nostro Paese, (30%), rappresenti la più diffusa e sicura infrastruttura su cui investire nel medio e lungo termine.

 In conclusione, la concretezza imposta da Macron ai G7 è stata gradita dalla maggior parte dei Paesi invitati, alcuni dei quali hanno interpretato lo stemma di Biarritz, rappresentato da un’antica nave per la tradizionale caccia alla balena, come un auspicio per la trasformazione dei porti balenieri giapponesi in piacevoli località turistiche, un sogno difficilmente realizzabile.

Cipressi, 1889
Cipressi, 1889

Redazione Fidaf

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