Ambiente, produzione e qualità alimentare
Un antico proverbio indiano dice pressappoco così: “Solo chi è sazio guarda cosa c’è nel piatto“. In termini più generali significa che i problemi di qualità nel cibo intervengono solo quando sono stati superati i problemi della quantità dello stesso. Ormai è la situazione presente in quasi tutti gli strati delle popolazioni di gran parte dei Paesi sviluppati, mentre si verifica ancora in molti dei Paesi in via di sviluppo.
Se il diritto al cibo deve essere considerato uno dei diritti di base per ogni essere umano, la disponibilità di un cibo qualitativamente valido è un passo ulteriore che deve però tener conto di usi e costumi locali, dell’ambiente agro-ecologico, della disponibilità di fatto di prodotti diversificati.
Inoltre, credo che esista una costante in tutti i Continenti e Paesi: più la popolazione è povera e più è legata a prodotti, tecnologie e cibi tradizionali, in modo che a volte può sembrare assurdo. In vari Paesi africani, dove il mais bianco è il cibo di base (per preparare la polenta) è praticamente impossibile introdurre la polenta gialla.
Ciò è legato ad una antichissima tradizione che, per millenni, ha visto il sorgo ed i migli, che producono una farina bianca, poi trasformata in polenta, come cibo di base. Il mais, introdotto nel 1600 in vari Paesi africani, principalmente dai Portoghesi, ha man mano sostituito in molte zone il sorgo ed i migli preesistenti, ma l’aspetto esteriore del prodotto finito è stato garantito solo da mais con granella bianca. Il mais giallo è considerato un mangime solo per i polli e non per gli umani !
La massificazione dei consumi, specialmente nei centri urbani, ha inoltre contribuito in modo determinante alla standardizzazione dei prodotti, garantita da una industria alimentare sempre più potente. Inoltre, lo sviluppo e la diffusione di nuovi prodotti ha determinato, nel tempo, vistosi cambiamenti nell’ habitus alimentare.
Per rimanere a casa nostra, fino a circa un secolo dopo la scoperta dell’America e l’introduzione del mais in Italia, veniva prodotto solo pane (generalmente integrale o quasi) da frumenti, orzo e segale (spesso in miscela) e specie di minestre o polente da panico e miglio. In aree montane venivano consumate polente di castagne (specie in Liguria, Toscana, Umbria, Lazio) e, particolarmente nelle aree alpine, polente di grano saraceno (la polentina bigia di manzoniana memoria).
Il pane si è oggi standardizzato in vari tipi, ma quasi sempre ottenuto da frumenti e, solo in zone con terreni acidi, da segale, mentre le polente ed i semolini vari sono praticamente scomparsi. L’ambiente di coltivazione e la produttività di determinate colture hanno spazzato via coltivazioni di altre specie tradizionali, ormai rimaste a livello folcloristico o quasi…