L’agricoltura italiana durante la grande guerra
L’Italia agricola occupava alle soglie della Grande Guerra poco meno della metà degli italiani (ambo i sessi, superiori ai 13 anni di età), e fu coinvolta nella sua interezza nel conflitto: il richiamo degli uomini al fronte, che lasciarono i campi a donne e anziani; la necessità di rispondere alle esigenze di approvvigionamento alimentare delle truppe, ma anche dell’intera popolazione; il rifornimento di legname da ardere e soprattutto da costruzione che il fronte richiedeva costantemente.
Circa il 46% dei richiamati alle armi provenivano dalle campagne (2,6 milioni) e rappresentavano più della metà dei contadini in età adulta. Oltre alla diminuzione di manodopera i danni per l’agricoltura derivarono anche dall’incetta del bestiame (2,5 milioni di capi) e dalla diminuzione dei concimi chimici, al tempo ancora ampiamente importati soprattutto dalla Germania (scorie Thomas).
L’alimentazione delle truppe determinò una forte richiesta di frumento e di altre derrate ad alto valore nutritivo come la carne. Per assicurare l’approvvigionamento, l’esercito provvide con strutture da campo (forni e mulini di guerra) e facendo ricorso a forni e mulini privati; mentre l’industria alimentare fu impegnata nella produzione di gallette e di conserve di carne e di condimenti. Non meno complessi furono i problemi di approvvigionamento della popolazione urbana, aggravate dall’incremento dei prezzi, dalla svalutazione monetaria e dall’aumentato costo della vita. L’ascesa dei prezzi raggiunse nel 1918 un incremento medio del 200% per generi alimentari come pane, farina bianca, pasta, riso, carne bovina, lardo, burro, latte, olio d’oliva.
Il fronte determinò inoltre una forte richiesta di legname, sia da opera (trincee, baracche e veri e propri villaggi militari per il ricovero di uomini, animali e derrate alimentari), sia da ardere (soprattutto per alimentare i forni di guerra). Senza contare, naturalmente, le distruzioni provocate dalla guerra, in particolare nell’altopiano di Asiago con le sue fustaie…