OGM: una polemica fuorviante, ma che non accenna a scemare
Pubblichiamo questa nota scritta da Andrea Sonnino e pubblicata da Cibariaweb (http://www.cibariaweb.it/).
La polemica sugli OGM dura ormai da anni – più di venti – in forma estremamente polarizzata e non accenna ad attenuarsi, ma ha anzi intrappolato le opposte fazioni in quella che è stata chiamata dall’antropologo Stone la ‘guerra mondiale della retorica’[1]. Un altro autore, Bauer, ha definito la controversia sugli OGM come una rappresentazione drammaturgica, di cui nessuno conosce il finale, e nella quale molti attori recitano contemporaneamente sullo stesso palcoscenico, ma ognuno per un pubblico differente[2]. Come nota personale vorrei aggiungere che nella mia vita non ho mai ho ascoltato tante falsità su di uno stesso argomento, e da entrambe le fazioni, come ne ho ascoltato sugli OGM. Molte delle fandonie dette o scritte sugli OGM sono così grossolane da poter essere considerate come veri e propri insulti alla intelligenza di chi ascolta o legge. Non nego quindi di provare fastidio nell’intervenire ancora su questo argomento. Se ho accettato di scrivere questo articolo non è certo per alimentare la polarizzazione del dibattito, né per portare elementi a favore o contro l’uso degli OGM, ma solo per offrire qualche spunto di riflessione.
Gli organismi geneticamente modificati o OGM sono piante, animali o microrganismi nel cui genoma è stato inserito mediante tecniche di ingegneria genetica un gene proveniente da un altro organismo in modo da ottenere una caratteristica desiderata. Il termine biotecnologie – o la sua forma accorciata biotec – viene spesso usato come sinonimo di OGM (e viceversa). In realtà quando si parla di biotecnologie agricole ci si riferisce ad una vasta gamma di tecnologie usate in agricoltura e nella industria alimentare, utilizzate per un gran numero di scopi, tra cui il miglioramento delle varietà coltivate e delle popolazioni animali, la diagnosi di patologie sia animali che vegetali, la produzione di vaccini per uso veterinario, e il miglioramento dei processi fermentativi impiegati nella preparazioni alimentari[3]. Le biotecnologie sono anche largamente utilizzate per la conservazione e la utilizzazione sostenibile della biodiversità microbica, vegetale ed animale[4]. Una recente pubblicazione della FAO, cui ho contribuito come coautore, discute 19 casi in cui l’applicazione di biotecnologie non transgeniche – senza OGM, quindi – ha portato tangibili e dimostrabili benefici ai piccoli agricoltori di paesi in via di sviluppo e ha migliorato la sostenibilità della produzione agricola[5]. La letteratura scientifica (e non solo) riporta numerosi altri esempi di questo tipo.
La forte controversia sull’uso delle biotecnologie agricole è in realtà legata ad una sola applicazione biotecnologica, l’ingegneria genetica ed ai suoi prodotti, gli OGM, mentre le altre applicazioni sono generalmente ben accette. Ciononostante, la polemica in corso sugli OGM oscura agli occhi del grande pubblico e a quelli dei decisori politici l’importante contributo all’aumento sostenibile della produttività agricola dato dalle altre biotecnologie e il loro ancor più importante contributo potenziale. Posso testimoniare che molte agenzie internazionali sono talmente timorose di essere anche solo lambite dalla polemica sugli OGM, che rifiutano di finanziare qualsiasi progetto che contenga anche un solo cenno alle biotecnologie, pur senza nessun possibile coinvolgimento di OGM. Il danno è palese.
È difficile negare che gli OGM abbiano incontrato successo: sono coltivati su 185 milioni di ettari, pari a circa il 10% dell’intera superficie coltivata, da svariati milioni di agricoltori di tutti i continenti, sia in paesi industrializzati che in paesi in via di sviluppo. Gli agricoltori di tutto il mondo prendono le loro decisioni animati da logiche imprenditoriali e seguono quindi un approccio edonistico. Sembra quindi ovvio che gli agricoltori che negli ultimi vent’anni sono stati disposti (e continuano a essere disposti) a pagare per l’uso della tecnologia OGM vi abbiano trovato un vantaggio, almeno uguale, se non superiore, al prezzo pagato.
È però altrettanto difficile negare le limitazioni che la tecnologia ha finora incontrato: le applicazioni sono virtualmente circoscritte a quattro piante coltivate (soia, mais, cotone e colza) e a due caratteri (tolleranza ad alcuni erbicidi e resistenza a insetti dannosi). Poche altre applicazioni hanno finora raggiunto scarsa rilevanza statistica. Al momento non esistono animali OGM approvati per il rilascio commerciale e quindi disponibili per attività produttive. Le applicazioni su piante forestali sono limitate al pioppo resistente ad alcuni insetti, che occupa una modesta superficie in Cina.
Successo quindi, ma limitato a poche applicazioni. Proviamo a capire perché. Prima di tutto le proporzioni degli investimenti necessari. Le procedure di trasformazione genetica delle piante coltivate più diffuse sono oggi relativamente semplici, ma l’identificazione, l’isolamento e l’inserimento in cassette di trasformazione di geni che codificano per caratteri utili richiedono operazioni complesse e costose e professionalità altamente specializzate. La validazione delle piante trasformate e la loro valutazione agronomica presuppongono un’efficiente organizzazione sperimentale e hanno comunque una durata pluriennale, che allunga i tempi di recupero degli investimenti effettuati. Una volta completate la fase di trasformazione genetica e quella di sperimentazione agronomica, e ammesso che gli esiti siano positivi, gli OGM devono affrontare la fase di valutazione della biosicurezza, che richiede complesse e costose prove di valutazione di impatto ambientale, di flusso genico, di tossicologia e allergologia, della composizione chimica e del valore nutrizionale dei prodotti. Altri anni e altri fondi, spesso ingenti. Arriva infine la fase di approvazione, lunga, costosa, dagli esiti incerti, legati non solo ad aspetti scientifici, ma anche a fattori politici e di percezione pubblica.
I costi e i tempi per l’ottenimento e l’approvazione di un OGM sono quindi proibitivi per il settore pubblico di quasi tutti i Paesi in via di sviluppo, e per le piccole e medie imprese. E difatti quasi tutti gli OGM oggi coltivati sono stati ottenuti o da grandi multinazionali o da istituzioni pubbliche di ricerca di pochi grandi Paesi (Brasile, Cina, India, Stati Uniti). Grandi investimenti, non importa se del settore pubblico o di quello privato, devono essere giustificati da un grande ritorno, in termini di beneficio pubblico (se l’investimento è pubblico) o di profitto (se l’investimento è privato). Aggiungiamo poi che molti caratteri di potenziale interesse agronomico, come per esempio l’efficienza di utilizzo dei nutrienti o dell’acqua, sono controllati da meccanismi genetici complessi e sono quindi difficilmente influenzabili mediante l’introduzione nella pianta coltivata di un solo o di pochi geni. Tutti questi fattori, insieme ad altri minori che ometto per brevità, spiegano perché gli OGM disponibili siano sostanzialmente solo quattro piante migliorate praticamente solo per due caratteri.
Mi sembra pertanto che lo spessore della polemica in corso sia sproporzionata rispetto alla reale rilevanza del problema. Anche se i mirabolanti benefici vantati dai sostenitori degli OGM o le conseguenze disastrose lamentate dagli oppositori corrispondessero a verità – e onestamente stento a crederlo – si tratterebbe comunque di effetti di portata limitata. Senza gli OGM il mondo non sarebbe particolarmente migliore né drammaticamente peggiore.
In definitiva credo che gli OGM possano essere di aiuto in alcune circostanze e in alcuni contesti geografici, ma che non possano essere considerati la panacea che risolverà i problemi della fame o della sostenibilità a livello globale.
Il ritmo di sviluppo delle conoscenze scientifiche, soprattutto nel campo della biologia molecolare e delle biotecnologie, è comunque impetuoso. Molte altre tecnologie, spesso più precise e più potenti della trasformazione genetica, si stanno oggi affacciando – o è prevedibile che si affaccino presto -sullo scenario mondiale. Certo, nessuna di queste tecnologie da sola potrà risolvere tutti i problemi. Un approccio razionale, indipendente da astrusi ideologismi e avulso dalla difesa di interessi di parte, potrà permettere di esaminare ogni singolo problema, di scegliere la risposta più adeguata e come e quando applicare la tecnologia più appropriata.
La polemica che varrebbe veramente la pena di scatenare – ma che nessuno scatena – sarebbe quindi quella dell’accesso alle tecnologie più sofisticate: le dobbiamo lasciare appannaggio degli agricoltori ricchi dei Paesi ricchi o dobbiamo fare in modo che siano disponibili anche per gli agricoltori poveri dei paesi poveri? Dobbiamo cioè accettare che siano sviluppate principalmente dalle grandi multinazionali, o dobbiamo mettere in grado la ricerca pubblica di produrre OGM che rispondano ad obiettivi di bene comune? Spero che questo modesto contributo aiuti a spostare la controversia su questo piano.
[1] Stone, G. (2002). Both sides now: fallacies in the genetic-modification wars, implications for developing countries, and anthropological perspectives. Curr. Anthropol. 43: 611-6.
[2] Bauer M., Kohring M., Allansdottir A., Gutteling J. (2001). The Dramatization of Biotechnology in Elite Mass Media. In Biotechnology 1996-2000: The Years of Controversy. Science Museum, London, United Kingdom. pp. 1-18.
[3] Ruane, J., Sonnino A. (2011) Agricultural biotechnologies in developing countries and their possible contribution to food security. Journal of Biotechnology 156 (2011) 356–363.
[4] Lidder P., Sonnino A. (2012) Biotechnologies for the Management of Genetic Resources for Food and Agriculture. Advances in Genetics vol. 78: 1-168.
[5] Ruane J., J.D. Dargie, C. Mba, P. Boettcher, H.P.S. Makkar, D.M. Bartley, A. Sonnino (eds.) (2013) Biotechnologies at work for smallholders: Case studies from developing countries in crops, livestock and fish. FAO, Rome.
Ho letto con curiosità il tuo articolo sul sito web riguardante gli OGM e concordo pienamente con te sulla necessità di fare chiarezza sul tema, soprattutto per evidenziare tutte le potenzialità positive della tecnica (che grazie all’avvento del sistema CRISPR/Cas9 sta avendo un esplosiva rinascita e raffinazione) nascoste appunto da questa sterile polemica tra fazioni.
Volevo solo segnalarti, a scopo di curiosità, che in realtà esiste già una specie d’insetto GM commercializzata e già utilizzata in diverse aree nel mondo.
L’azienda inglese Oxitec ha prodotto una variante GM di Aedes aegypti introducendo delle mirate modificazioni genetiche che hanno come risultato di portare alla produzione di maschi che trasmettono alla progenie un gene che induce mortalità larvale. L’espressione del gene è reprimibile somministrando uno specifico antibiotico cosicché il ceppo si può allevare in biofabbrica ma produce individui che non raggiungono lo stadio adulto in natura e che non possono quindi rischiare di diffondere il genoma modificato. Una seconda modifica genetica del ceppo fa si che le larve nate da padri modificati siano fluorescenti. Questo consente di monitorare l’impatto della tecnica in campo campionando i focolai larvali.
La competitività di questi maschi GM è molto minore rispetto a quelli selvatici, ma se si ha la possibilità di lanciare ad libidum sembra essere efficace…
Ti ringrazio per il commento. Ero a conoscenza degli esperimenti Oxitec. Ho sentito parlare di esperimenti alle isole Cayman e in Malesia (cito a memoria e forse ricordo male) ma non conoscevo l’esperienza in Brasile, grazie per questa informazione aggiuntiva.