L’informazione… a metà!
Alcuni giorni fa mia figlia, con la sua famiglia, si è fermata a pranzo dai nonni. Ebbene verso la fine del pranzo, di fronte a un vassoio di belle mele, mia nipote Sara, rivolgendosi alla mamma, ha borbottato: “Quelle mele non le mangio… sono troppo belle per essere naturali, sono piene di pesticidi e concimi sintetici”. Da agronomo, impegnato da sempre nel miglioramento dell’agricoltura e quasi offeso dalla repulsione verso quelle ottime mele, le ho chiesto, molto garbatamente, da chi avesse appreso quelle cose. La risposta di Sara è stata pronta e sorprendente: “L’altro giorno è venuta in classe la dietologa a parlarci dell’agricoltura e ci ha detto quali sono le cose più importanti: “.. via i pesticidi e i concimi sintetici, solo cibo naturale, solo i prodotti biologici e quelli tipici, solo km zero. E poi, nonno, lo sai che dobbiamo salvare la biodiversità!” .
Ho cercato di controllare il mio stupore, pensando che quando noi eravamo ragazzi non sapevamo neppure cos’era la biodiversità. In compenso avevamo la Festa degli alberi! Credo che nella scuola siano stati fatti passi importanti, e che una corretta dieta sia utile non solo per la salute delle persone ma anche per la salute del pianeta! Credo anche che dobbiamo raccontare con orgoglio la storia della nostra agricoltura che è un mix bellissimo di tradizione e di innovazione ma, soprattutto, di importazioni e adattamento di colture provenienti da ogni parte del mondo. Grano, piselli e lenticchie addomesticati nel vicino e nel Medio Oriente, arrivarono in Italia qualche migliaio di anni prima di Cristo; l’ulivo e il pero dal Caucaso; il melo dal Kazachistan, il pesco dall’estremo oriente, l’albicocco e il mandorlo dall’Asia centrale, il ciliegio dalla Turchia. Nel Medioevo, con gli Arabi arrivarono agrumi e riso provenienti dall’Asia orientale, le melanzane dall’India, le angurie dall’Africa tropicale. Nel Cinquecento dalle Americhe arrivarono mais, patate, pomodori, peperoni e zucche. La fragola arrivò alla fine del settecento da un incrocio tra due piante selvatiche e solo nel Novecento è arrivato il kiwi.
La maggior parte delle piante di cui ci nutriamo, tutte quelle coltivate, sono state migliorate durante la storia dell’agricoltura, per diventare più produttive, più facili da raccogliere e da mangiare, più saporite, più uniformi nelle forme e nei colori. Più vicine alle necessità dell’uomo. La bellissima qualità dell’agricoltura italiana non è stata regalata al Bel Paese, ma è il frutto del lavoro di generazioni di italiani, prima di semplici agricoltori, poi di agronomi, che hanno partecipato a costruire tale realtà. Cibo e agrobiodiversità sono strettamente collegati. Con ambiente, salute ed energia rappresentano un insieme difficilmente scindibile. La comunicazione deve essere chiara, trasparente e aperta.