Come cambierà l’agricoltura europea

di Elisabetta Tola

La PAC è fatta. Dopo oltre 50 anni di politica agricola comunitaria, e quasi tre di discussione e consultazioni, la Commissione europea ha varato a fine 2013 una radicale e significativa riforma che indirizzerà lo sviluppo rurale nei 28 paesi dell’Unione da qui al 2020. Come dicevamo nel nostro post precedente sul tema, questa riforma arriva dopo una lunga consultazione non solo tra gli esperti ma anche tra associazioni, produttori e altri portatori di interesse, di cui è possibile leggere vari contributi. I quattro regolamenti comunitari, dal 1305 al 1308, prodotti per la prima volta in forma congiunta da Parlamento e Consiglio europeo, sono stati pubblicati a fine dicembre 2013.

Dal 1 gennaio 2014, dunque, valgono le nuove norme. Al centro della PAC rimangono i due pilastri già noti in precedenza, i pagamenti diretti e lo sviluppo rurale. Ma le modalità di accesso cambiano e integrano meglio questi due canali di finanziamento rendendoli compatibili con il più ampio programma di sviluppo dell’Unione verso il 2020, la cosiddetta strategia Europa 2020.

La filosofia della nuova PAC, l’introduzione del greening

La grande novità è che per la prima volta si parla esplicitamente di ambiente rurale in senso più ampio. Gli agricoltori sono infatti attori fondamentali anche nella gestione e mantenimento del paesaggio rurale, della biodiversità agroambientale, delle acque. Attraverso il meccanismo esplicito del greening, letteralmente “inverdimento”, la PAC riconosce formalmente un valore comune a questi beni che non hanno mercato.

La nuova politica agricola mette ancora l’accento sulla sicurezza alimentare ma in un’ottica di maggiore sostenibilità e minore impatto sulle risorse naturali. Si riconosce anche, per la prima volta in modo molto esplicito, che le realtà rurali in giro per l’Europa sono molto diverse e che è necessario combattere le profonde disparità che spingono, in alcuni paesi più che in altri, verso un abbandono delle terre.

La PAC dunque vuole promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione, sia gestionale che tecnologica, in agricoltura. E si propone, perlomeno sulla carta, di favorire l’organizzazione in filiere corte soprattutto a livello del territorio, con attenzione particolare al benessere degli animali, alla gestione del rischio, al recupero e alla preservazione degli ecosistemi agricoli e forestali.

Un particolare accento è posto anche sulle misure di contrasto ai cambiamenti climatici. Obiettivi ambiziosi, certo. Che necessitano di un profondo rinnovamento non solo delle pratiche ma anche della stessa popolazione rurale che è di età molto avanzata. Per questo ci sono anche…

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Redazione Fidaf

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