L’ultima invasione barbarica: 8 Settembre 1943
VICINO AL CAMINETTO
L’ULTIMA INVASIONE BARBARICA: 8 Settembre 1943
La ricorrenza della firma dell’Armistizio tra l’Italia e le Forze Anglo-americane, avvenuta l’8 Settembre 1943, è stata praticamente ignorata dalla maggior parte degli italiani.
Dopo oltre settanta anni, si può comprendere come la memoria di un evento che ha segnato la resa incondizionata del nostro Paese durante il secondo conflitto mondiale,abbia perso di attualità e bene ha fatto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a recarsi a Porta San Paolo, per ricordare i Granatieri caduti per la difesa di Roma.
Ma non si può capire l’importanza dell’8 Settembre, se non si tiene conto delle circostanze che hanno preceduto l’annuncio del Capo del Governo, Pietro Badoglio, diffuso in continuazione dalla Radio a partire dalle ore 18 dello stesso giorno.
Non erano passati neanche due mesi dallo sbarco in Sicilia, dopo la distruzione di Pantelleria, Palermo era stata occupata, le forze corazzate dilagavano in Calabria, e Roma aveva subito tre pesanti bombardamenti aerei che avevano provocato migliaia di vittime, quando il Gran Consiglio del fascismo era stato costretto il 25 luglio, a deporre, Benito Mussolini, che aveva guidato il Paese per 21 anni.
Il RE si era fatto interprete delle sofferenze degli italiani, stremati da condizioni di vita sempre più difficili per mancanza di cibo e sottoposti a notevoli perdite, provocate dalle operazioni belliche e dai continui attacchi aerei,che avevano stravolto le comunicazioni stradali e ferroviarie, ed aveva predisposto l’arresto immediato di Mussolini.
Non va dimenticato che oltre ai militari caduti sui diversi fronti, le perdite di civili uccisi o dispersi erano particolarmente elevate.
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La caduta del fascismo fu quindi interpretata con sollievo, come la prossima fine della guerra e non era necessario essere dei provetti strateghi per capire che l’enorme superiorità in uomini e mezzi delle Forze Alleate, non lasciava scampo alla distruzione di paesi e città italiane.
I primi ad esserne informati erano proprio i fascisti, e naturalmente i responsabili degli Stati Maggiori dell’Esercito italiano e di quello germanico, dopo l’insuccesso di Musssolini per convincere Hitler a scendere a patti, per giungere ad una pace separata, durante l’incontro tenutosi il 19 luglio nei pressi di Feltre.
Le trattative avviate autonomamente dal nuovo Governo italiano con gli Anglo-americani per la formulazione dell’Armistizio andavano a rilento e gli Alti comandi dell’Esercito italiano non furono in grado di predisporre un piano efficace per garantire, senza eccessive perdite, lo sganciamento delle nostre forze da quelle germaniche.
Il risultato della mancanza di comunicazioni tra i comandi delle Armate e quelli dipendenti fece sì che dopo 72 ore dalla dichiarazione armistiziale dell’8 settembre, poche divisioni tedesche, per lo più costituite da reparti territoriali, furono in grado di occupare i punti strategici del nostro Paese, per dare tempo all’ingresso in Italia di nuove forze destinate a sostenere il fronte Sud, dando così inizio all’ultima invasione barbarica.
Gli effetti dell’assenza di direttive precise, nonostante i disperati tentativi di raggiungere gli Alti comandi furono, a dire poco, micidiali per la sorte dei soldati italiani dislocati sul territorio nazionale, ma anche in Albania, in Grecia, in Jugoslavia, in Francia, in Corsica, nel Dodecanneso ed in altre località estere ed oltre 600.000 militari furono trasferiti nei campi di internamento in Germania ed utilizzati come mano d’opera in condizioni disumane.
E’ sufficiente ricordare due eventi che si svolsero contemporaneamente in Italia ed in Corsica, dal 9 al 12 Settembre 1943 per avere la conferma dell’ambiguità interpretativa suscitata dal proclama del Maresciallo Badoglio.
Mentre gli Alpini della Divisione Pusteria combattevano eroicamente a Grenoble ed a Chambery per ostacolare l’ingresso in Italia delle Armate Germaniche,il resto della IV Armata con a capo il Generale Mario Vercellino, dislocata a cavallo della frontiera italo francese, aveva ricevuto l’ordine di scioglimento nelle Valli del Cuneese, preludio all’internamento nei campi di concentramento in Germania di circa 40.000 uomini ed alla fuga in montagna di molti reparti e dei loro ufficiali, per dare inizio alla Resistenza.
Nello stesso giorno, in Corsica, il Generale Magli comandante del VII Corpo d’Armata, diede ordine alle Divisioni Friuli e Cremona alle dipendenze dei Generali de Lorenzis e Pedrotti di attaccare i tedeschi.
Gli artiglieri italiani guidati dai Maquis francesi contribuirono efficacemente alla liberazione di Bastia, e con i marinai della Corvetta Cormorano del Comandante Carlo Feccia di Cossato, riuscirono a colare a picco sette navi tedesche ed a danneggiarne altre tre.
Il primo lembo di territorio francese era stato liberato il 9 settembre, grazie al sacrificio dei soldati italiani e di questo la Francia ne ha lealmente dato pieno riconoscimento.
Non solo, le operazioni continuarono ed il 17 settembre il Generale Magli incontrò a Corte il Generale Henry Martin per coordinare le azioni delle truppe italiane con quelle francesi ed Alleate ed il 23 i fanti della divisione Friuli attaccarono con successo Porto Vecchio.
In sintesi, la Corsica fu definitivamente liberata il 5 ottobre e le perdite dei soldati italiani, oltre 300, furono circa il doppio di quelle francesi.
Si potrebbe proseguire a lungo nel citare i numerosi fatti d’arme che sono stati compiuti dai singoli soldati ed ufficiali per opporsi al dilagare delle preponderanti forze germaniche.
Tuttavia, la memoria dell’’8 settembre 1943”, non deve essere soltanto la rievocazione di un armistizio condotto in maniera irresponsabile, destinato a scatenare la barbara reazione da parte delle truppe che occupavano il nostro Paese, ma il riconoscimento del tributo pagato dalle popolazioni civili durante l’ultimo conflitto.
Secondo l’ISTAT, a fronte di circa 300.000 morti militari, di cui 89000 dopo l’armistizio, le vittime civili ammontarono a 157000, di cui 38000 dopo l’armistizio, soprattutto a causa dei bombardamenti aerei.
Si tratta di uomini, donne, bambini, sconosciuti che dovrebbero venire ricordati dalle nuove generazioni, che non hanno sofferto gli orrori della guerra, ma che hanno ricevuto l’eredità del loro silenzioso sacrificio: la pace e la libertà.