Un brandello di storia della Puglia : una torre diruta. Opportunita’ offerte dalla legge 158/2017

Un brandello di storia della Puglia : una torre diruta. Opportunita’ offerte dalla legge 158/2017

Mi piace segnalare l’articolo di Nicola Santoro, il quale offre ulteriori, documentate informazioni su “un brandello di storia” della Puglia ; regione che costituì oggetto della sua apprezzata relazione per il “Venerdì culturale” del 1° dicembre 2017.

E ritengo doveroso ricordare – con la occasione – che è auspicata la presenza di articoli relativi ad altre realtà, riferite a borghi e città di tutte le Regioni, anche con l’intento di sollecitare iniziative atte a beneficiare della legge 158/2017, per promuovere lo sviluppo economico, sociale e ambientale dei piccoli Comuni ; iniziative alle quali noi possiamo offrire contributi professionali non ordinari.

                                                                                                                                       Luigi Rossi

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La storia ha seminato a spaglio, nei secoli, le sue testimonianze sul terreno italico. E’ così, percorrendo le strade del nostro Paese, capita di vedere tracce del passato, di cui spesso si è perso il significato, poiché la memoria resta materializzata in un rudere, un’antica chiesetta, un diruto castello. Accende la curiosità anche la constatazione che sempre più raramente c’è chi sappia dare un ragguaglio sulle vicende e sui personaggi di quella testimonianza.

Questo avviene anche lungo i nostri percorsi più o meno abituali : il fatto è che siamo tanto “ricchi” di storia, che non badiamo più agli …….. “spiccioli”.

Qualche volta succede che un caso fortuito ci offra l’occasione di dare una risposta a una domanda che non avevamo mai formulato ; e scopriamo che dietro mute vestigia aleggiano brandelli di storia dei secoli andati.

La riscoperta, la valorizzazione, l’utilizzazione – soprattutto a fini culturali e turistici – di tali siti potranno essere favorite dalla recente legge 158/2017, che promuove lo sviluppo economico, sociale e ambientale dei piccoli Comuni, ai quali essi spesso appartengono.

Sono – queste – riflessioni fatte in occasione di un ritorno alla avita Lucera, ove arrivo da Roma, abitualmente via Isernia-Campobasso, dopo aver percorso l’autostrada per Napoli fino a San Vittore ; e scendo dal sub-appennino per la nazionale appulo-sannitica. Ammiro, così, ogni volta, l’alta torre scapezzata – massiccia, vetusta, solitaria – che costituisce il solo avanzo illustre della scomparsa Montecorvino. Una torre sfiancata dai terremoti e dalle intemperie, unica testimonianza di una città e di una delle più antiche diocesi.

Notizie scoordinate, frammentarie – quasi una leggenda, ormai – la storia di Montecorvino, centro popoloso e fiorente (con riferimento alla realtà demografica ed economica dei “secoli bui”), che visse in circostanze e per ragioni che si ricollegano, in larga parte, a Lucera.

Epperò, mi mancava il nesso per mettere ordine tra quei frammenti di memorie storiche ; mancava il filo conduttore per una ricostruzione delle varie tessere del mosaico di vicende che il trascorrere dei secoli aveva scomposto e disperso.

Un giorno un amico – che conosceva la mia curiosità e sensibilità per le antiche vicende della mia Lucera e della Puglia – mi fece omaggio di un libretto pubblicato negli anni ’30 : “Notizie storiche sull’antica città di Montecorvino”. Secondo Salvatore Savastio, autore della preziosa pubblicazione, le origini del borgo dauno vanno fissate intorno al mille, nel periodo delle aspre contese tra Bizantini e Longobardi, per il controllo delle “fertili pianure che si estendono a nord di Lucera”.

Affermazioni documentate : Montecorvino è menzionata nella Bolla di Papa Vittore II, del 22 gennaio 1055, datata da Montecassino ; nonché in quella di Ulderico IX, Arcivescovo di Benevento durante il papato di Nicolò II, del 1061.

Successivamente nella spartizione delle regioni conquistate, i Normanni assegnarono Montecorvino alla Contea di Civitate ; mentre dopo, nel periodo svevo, la città fu sempre più interessata alle vicende di “Luceria Saracenorum”, soprattutto in relazione al diritto “pascendi, sumendi aquam et legnandi”, concesso da Federico II alle sue milizie anche sui territori limitrofi a quello lucerino.

Il Savastio condanna, da buon sacerdote, la decisione federiciana, poiché essa “produsse un profondo disagio, un vero sovvertimento di natura religiosa e morale”. “Le località vicine (a Lucera) erano fatte segno a continue ingiurie e ratti scellerati ; erano soggette a distruzioni da parte dei perfidi saraceni, che rapivano e vituperavano ogni persona, non risparmiando né l’età, né il sesso”. Lucera – ricorda il Savastio – “divenne centro della religione di Maometto”.

Il nostro storico evidenzia, inoltre, che nell’epoca angioina Montecorvino era definita di volta in volta “castrum”, “oppidum”, “civitas” : a conferma della sua funzione sulla linea di confine. Era situata, come testimonia la solitaria torre, sull’acrocoro di una collina alta 472 metri, protetta a sud da un torrente e da scoscesi strapiombi sugli altri lati.

Nel 1433 si verificò il primo fatto che costituisce riprova certa della decadenza del borgo : la aggregazione “in perpetuo” della sua sede vescovile a quella di Volturara Appula, in considerazione delle crescenti difficoltà economiche in cui versava.

La sua fine fu segnata nel 1441 allorquando Alfonso D’Aragona “piegò con dura asprezza la tracotanza dell’indomito borgo”, che si era schierato con Renato D’Angiò. Montecorvino fu presa, saccheggiata e bruciata nel mese di giugno di quell’anno ; e, dal 1458, scomparve dai Registri delle imposte dell’epoca, quale città autonoma.

Verso il mercato - Jan Brueghel Il Vecchio
Verso il mercato – Jan Brueghel Il Vecchio

Redazione Fidaf

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