Soppressione del Corpo Forestale dello Stato: ripensiamoci
In questi ultime settimane si sono verificati sulla scena politica mondiale alcuni avvenimenti di particolare eccezionalità anche per il futuro del nostro Paese, che richiedono una riflessione più approfondita sulle sorti del Corpo Forestale dello Stato, che secondo le informazioni riportate dai media, è sul punto di venire soppresso od accorpato ad altre forze dell’ordine, come la Polizia o l’Arma dei Carabinieri.
Non sarà certamente sfuggito il ripetuto ed accorato appello di Papa Francesco sul coinvolgimento di molti Paesi in quella che la Santa Sede definisce “la terza guerra mondiale”.
Parole chiare, che non lasciano dubbi,confermate dalle cronache quotidiane di avvenimenti bellici sempre più estesi,e la serietà delle fonti vaticane apre scenari che non possono venire ignorati.
Giustamente, il Presidente Renzi evita ogni forma di allarmismo, ma è altrettanto vero che come è successo durante la guerra in Corea od in Vietnam è sempre stata la diplomazia Vaticana a dare la notizia dell’inizio dell’ostilità, prima che i governi se ne rendessero conto.
Gli Stati Uniti si stanno ancora interrogando come era potuta accadere la catastrofe di Pearl Harbour, o quella più recente delle Torri Gemelle, nonostante la rete delle informazioni di cui disponevano.
Le indicazioni della Santa Sede non vanno ignorate ed anche se in ciascuno di noi vi è un forte sentimento di repulsione verso un nuova carneficina, bisogna mettere in conto anche per l’Europa l’orrenda parola”guerra”.
Il secondo avvenimento su cui sarebbe opportuno riflettere è la dichiarazione davanti al Congresso degli Stati Uniti del Capo degli Stati maggiori Generale Martin Dempsey, che nell’illustrare la conseguenze dei conflitti in atto, valuta che la fuga delle popolazioni coinvolte verso altri Paesi avrà una durata di circa venti anni, (sessanta milioni di rifugiati,42 milioni di famiglie al giorno- fonte ONU).
Con questa consapevolezza,l’impegno del Presidente Renzi di suscitare maggiore senso di responsabilità nei Paesi dell’Unione Europea per fronteggiare milioni di uomini che stanno disperatamente cercando di raggiungere aree più sicure è meritevole del massimo riconoscimento.Tuttavia, non si possono chiudere gli occhi davanti al fatto che la posizione geografica dell’Italia, la espone a rappresentare una vicina ancora di salvezza da raggiungere con ogni mezzo disponibile.
Tradotto in termini operativi ,significa che piaccia o no, per molti anni ancora il problema dei profughi continuerà a pesare sull’economia italiana e sarà necessario immaginare aree in cui indirizzare i nuovi arrivati, nelle quali dovranno sostare per tempi sempre più lunghi, in attesa di poter entrare nelle quote di assorbimento europee o di venire integrati nel nostro Paese.
In altre parole, se non vogliamo rischiare l’intasamento dei centri urbani non c’è altra strada che prevedere la ripartizione nelle zone più spopolate e cioè in quelle montane.
L’esempio della Francia,che al momento della fine della guerra d’Algeria fece fronte all’arrivo di centomila appartenenti alle forze di sicurezza e delle loro famiglie, creando i villaggi forestali, meriterebbe di venire attentamente considerato.
Potrebbe essere la concreta risposta dell’Italia a due altri avvenimenti che hanno scosso l’opinione pubblica mondiale e cioè l’enciclica di Papa Francesco dedicata al rispetto del pianeta ed alla difesa della natura, a cui ha fatto eco la conversione ambientalista del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha dato il via ad una serie di iniziative economiche ed industriali, che non mancheranno di coinvolgere anche molti settori produttivi europei.
Vi sono quindi seri motivi per riconsiderare il futuro del Corpo Forestale dello Stato, in un nuova prospettiva che dovrebbe portare al suo potenziamento e non alla sua soppressione od al suo bizzarro accorpamento, che possono venire così venire brevemente riassunti:
nessun Paese al mondo si priva di un Corpo perfettamente armato ed altamente specializzato nel controllo del territorio montano, che rappresenta il 50% della superficie territoriale italiana, in un momento di stato di guerra latente.
Non va dimenticato,infatti che il CFS ha una tradizione militare a difesa della Patria, di tutto rispetto, che trae la sua origine dalla partecipazione degli uomini del Real Corpo delle foreste alla prima guerra mondiale, come dimostrano gli atti di valore ed i numerosi caduti su tutti i fronti.
Pochi conoscono l’importanza del ruolo affidato alle guardie forestali dal Comando supremo per guidare come conoscitori del territorio le truppe lungo sentieri impervi poco noti,che è stata una componente non trascurabile del successo iniziale della nostra avanzata in profondità sull’arco alpino, come riportato nella storia della guerra delle fortificazioni. Tradizione militare che è proseguita durante la guerra d’Africa, con le centurie forestali in Eritrea ed in Somalia e che ha avuto uno dei momenti più ardui durante la resistenza e la liberazione dal nazifascismo.
Ma la pecularietà del CFS è sempre stata prima di tutto quella di un corpo tecnico,i cui quadri erano costituiti da personale dotato di due lauree, (generalmente di tipo ingegneristico ed agronomico-forestale) a cui lo Stato aveva affidato fin dagli inizi del novecento, la responsabilità del Demanio forestale dello Stato, le applicazioni delle leggi forestali a difesa dei bacini idrogeologici, delle acque, del suolo e del patrimonio naturalistico e forestale, compresa l’educazione dei giovani per il rispetto della natura.
E’evidente che con l’attuazione dell’ordinamento regionale,molti compiti dello Stato hanno subito notevoli trasformazioni, che hanno imposto un sensibile adattamento nelle funzioni attribuite al CFS, ma anche oggi si deve all’impegno dei suoi uomini la conservazione di un bene irripetibile come la biodiversità, presente nelle Riserve naturali dello Stato, che occupano circa centomila ettari.
Un punto decisamente irrinunciabile ,da cui riprendere un nuovo programma di ricostituzione delle aree degradate od abbandonate del nostro Paese esposte da troppo tempo agli eventi climatici eccezionali, con perdite di vite umane ed economiche, che sono la causa dello stato di calamità naturale, che colpisce ormai con troppa frequenza gran parte delle nostre Regioni.
Se le parole del Papa e quelle del Presidente degli Stati Uniti aprono la via ad una vera e propria rivoluzione del rapporto tra l’uomo e l’ambiente per un responsabile sviluppo economico, rimane difficile giustificare la soppressione del Corpo Forestale dello Stato con l’utopistica necessità di contribuire a creare un Polizia forestale europea unica, o per ridurre le spese nel bilancio dello Stato.
Presidente ci ripensi, forse l’hanno male informata,ma qui il vero problema è quello di ottimizzare e migliorare ciò che di buono abbiamo, anziché disperderlo, perché le nubi che si stanno addensando sulla pace in Europa sono ormai molto vicine.
Sono perfettamente d’accordo con quanto scrive Giordano. Anzi, tenuto conto che attualmente le aree rurali hanno ben pochi servizi per la sicurezza (si parla di miliardi di euro ogni anno di furti, danni ecc.) avrei preferito che al CFS fosse dato il compito di sorvegliare anche le aree rurali, dato che polizia, carabinieri, vigili, finanzieri ecc.operano quasi esclusivamente nelle comunità urbane. Come al solito non si tiene conto degli abitanti delle aree rurali, perchè sono ormai pochi e quindi di non grande interesse per i politici.
Perfettamente d’accordo con quanto denuncia Ervedo
Giordano, circa l’inopportunità e le conseguenze che potrebbero derivare da un depotenziamento del Corpo Forestale dello Stato.
Potremmo, nel seguito, pentirci amaramente della perdita, o quanto meno del declassamento di quel
patrimonio di conoscenze e di capacità tecnico-operative finora in atto.
Sarebbe, al contrario opportuno, provvedere a rafforzamento del corpo, correggendone le carenze più evidenti di tipo regolamentare e disciplinare (eccesivo affollamento di personale in certe aree a scapito di altre, renitenza alla mobilità, basso protagonismo nelle iniziative nel prevenire e contrastare le erosioni, la disgregazione e le frane, del nostro territorio montano.