Quale politica per le foreste italiane?
Da troppo tempo, ormai, non c’è una politica per le foreste italiane. Dagli anni ‘80, infatti, con la Legge 121/81, recante il “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”, venne sancito l’inserimento del Corpo Forestale tra le Forze di Polizia dello Stato. Le disposizioni legislative, emanate successivamente, posero le basi per la riforma strutturale e normativa del CFS, concretizzatasi con la nuova legge 6 febbraio 2004 n. 36, per il “Nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato“; legge che ribadisce i compiti ad esso affidati, di polizia ambientale e forestale, nonché di polizia giudiziaria, di ordine e sicurezza pubblica e di protezione civile. La scelta di campo viene ribadita e confermata sia dal cosiddetto codice ambientale – D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152 recante “Norme in materia ambientale” – sia in particolare dal Decreto del Ministro dell’ Interno del 28.04.2006 concernente il “Riassetto dei comparti di specialità delle Forze di Polizia“.
Sono venuti meno, pertanto, i compiti tecnici e di gestione, che per anni hanno costituito il punto di forza del CFS, lasciando spazio ai compiti di vigilanza e repressione delle violazioni in danno all’ambiente. Tali scelte appaiono opposte a quelle della maggioranza dei paesi avanzati. In essi, infatti, le attività di controllo si sono andate ridimensionando rispetto alle funzioni di supporto, assistenza tecnica, monitoraggio, ricerca e sviluppo, in un rapporto di collaborazione e di coinvolgimento delle diverse espressioni della società civile. Concetti come interfluvio, sorrenamenti, frangiventi sono scomparsi anche dal linguaggio tecnico, quando in realtà sono decisamente importanti ai fini del controllo del dissesto idrogeologico e della salute umana.
Quale politica per le foreste italiane? Nei territori montani e collinari – in quelli mediterranei, in modo particolare – occorre prevenire l’innesco dei processi di degrado con una manutenzione corretta e continua resa ancor più problematica dall’esodo dalla montagna e dall’abbandono delle opere tradizionali di sistemazione idraulica agraria, nonché dalla scarsa manutenzione di prati, pascoli e boschi. Occorre contrastare le diverse forme di erosione idrica e razionalizzare i processi decisionali, ricordando che il nostro Paese è tra i primi per quanto riguarda le conoscenze su dissesto idrogeologico e frane. Si ritiene pertanto necessaria e urgente una profonda riflessione sul riordinamento del Corpo Forestale dello Stato, per riportarlo, in alternativa alla sua eventuale soppressione od aggregazione, agli originari compiti istituzionali di “Corpo tecnico” ad ordinamento civile, con responsabilità di polizia forestale…
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Dopo l’annuncio del presidente del Consiglio Matteo Renzi in TV, l’ iniziativa della FIDAF, nella peggiore delle ipotesi, resterà una doverosa testimonianza!
Il CFS aveva già provveduto a suicidarsi procedendo direttamente verso i corpi di Polizia, con il Capo del CFS che già lo aveva sentenziato!
Ora dobbiamo ripartire con un “Nucleo di condensazione” per salvaguardare il patrimonio di cultura delle Scienze Forestali e far ripartire la Politica forestale, indispensabile per il bene del nostro Paese. Luigi Rossi