Malaria e riflessione storica

Malaria e riflessione storica

Di Luigi Mariani (1) e Gianni Gilioli (2)

(1) Università degli Studi di Milano – Disaa

(2) Università degli Studi di Brescia – DMMT

Premessa

Il primo degli scriventi ha pubblicato, alcuni giorni orsono, l’articolo “Malaria, Global Warming e la Santa Ignoranza” (http://www.climatemonitor.it/?p=45763). L’amico Luigi Rossi lo ha divulgato ai laureati in agraria attraverso il sito  sito http://www.fidaf.it/index.php/malaria-global-warming-e-la-santa-ignoranza/ ricevendo fra gli altri i commenti del dottor Vincenzo Ferrara qui di seguito riportati:

Vincenzo Ferrara se bisogna togliere l’ignoranza, forse oltre la storia bisognerebbe conoscere anche la scienza per esempio cosa dice la ricerca scientifica su malaria e cambiamenti del clima in particolare gli effetti dell’aumento della temperatura e dell’umidità sulla diffusione e l’intensificazione della malaria. Qui qualche esempio tanto per cominciare:

http://www.geospatialhealth.net/…/gh/article/view/416/506
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3066711/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5101366/
https://www.omicsonline.org/…/impact-of-global-warming…

 Vincenzo Ferrara E qui per i “non addetti ai lavori” alcuni quadri sintetici (anche giornalisticamente in italiano) degli effetti sulla salute umana causati direttamente o indirettamente dei cambiamenti del clima (non solo la malaria). Si tratta di documentazione non di un blog fazioso, ma proveniente da agenzie internazionali (come EEA e WHO):
https://www.eea.europa.eu/…/cambiamento-climatico-e…
http://apps.who.int/…/bits…/10665/42749/1/9241590815.pdf
http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs266/en/
http://www.cfc.umt.edu/…/ClimateChangeandMalaria.pdf

Il legame fra ricerca scientifica odierna e storia

Giambattista Vico sosteneva che è impossibile interpretare un fenomeno se non se ne conoscono le origini e come esso sia venuto evolvendosi nel tempo. Questo è vero anche in diversi campi della ricerca scientifica, dove possono esistere dei vantaggi derivanti da una visione anche storica dei problemi che si vanno ad affrontare. Venendo allora al caso specifico della storia della lotta alla malaria in Italia, da essa ci vengono per lo meno due insegnamenti essenziali e cioè che:

  1. la politica di contrasto alla malattia basata sulla lotta al vettore con l’uso di insetticidi e con la bonifica degli habitat in cui le zanzare vettrici erano maggiormente abbondanti si sono rivelati essenziali come mezzi di contrasto alla malattia quando questa era in fase epidemica e cioè fino agli anni ’50 del XX secolo;
  2. altrettanto importante è stato il ruolo giocato dalle misure sanitarie volte a minimizzare la presenza del parassita nell’uomo, misure che dovranno essere mantenute anche in futuro se si vuole far fronte con successo al rischio di reintroduzione del plasmodio cui la globalizzazione ci espone.

Ma la scienza procede non solo con l’analisi dell’evoluzione storia di processi o fenomeni ma anche con la descrizione dei meccanismi coinvolti e l’interpretazione del ruolo dei diversi fattori. In tal senso il lavoro pionieristico del grande malariologo italiano Giovanni Battista Grassi (1854-1925) costituisce un passaggio fondamentale nella direzione dell’analisi dei meccanismi implicati nella trasmissione della malaria. Grassi intraprese, nel luglio 1898, un ampio studio bio-geografico che gli consentì di correlare la presenza della malaria alla presenza del zanzare Anofele. Grassi, in collaborazione con i patologi Giuseppe Bastianelli e Amico Bignami, studiò il ciclo vitale del plasmodio nell’uomo e nella zanzara e nel novembre del 1898 realizzò sperimentalmente la trasmissione della malaria in un soggetto sano attraverso la puntura di zanzare del genere Anopheles raccolte in aree malariche. L’anno successivo fu in grado di dimostrare che l’Anopheles si infetta quando punge un essere umano infetto e annunciò quella che venne chiamata “La legge di Grassi”: malaria= anofeli + esseri umani infetti (Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Battista_Grassi).

La necessità di un approccio sistemico per chiarire i legami fra clima e malaria

La “legge di Grassi” afferma in sostanza il fatto che la malaria come malattia dev’essere necessariamente analizzata nell’ambito del sistema “vettore (zanzara) – agente patogeno (plasmodio) – uomo” e che gli esseri umani infetti sono il serbatoio da cui la zanzara vettrice attinge per diffondere il patogeno. La ricerca svolta a partire dal contributo di Grassi ha consentito di chiarire numerosi altri aspetti del funzionamento di questo sistema epidemiologico, dal ruolo dei fattori ambientali nel ciclo del vettore e del patogeno, a quello delle risposte immunitarie nell’ospite umano. L’epidemiologia ha anche contribuito a chiarire in che modo diverse combinazioni di fattori determinino le modalità con cui si manifesta il pattern di trasmissione della malattia (oloendemico, iperendemico, mesoendemico e ipoendemico) e la persistenza del sistema epidemiologico..

L’importanza di comprendere il ruolo e le interazioni delle componenti del sistema malarico è ancor oggi ben lungi dall’essere patrimonio comune, tant’è vero che sono molto diffuse forme di pensiero semplicistiche che in sostanza privilegiano uno dei fattori quale determinante chiave della modello epidemico trascurando gli altri. Un esempio tipico è quello dell’assegnare un ruolo chiave alle variabili ambientali che agirebbero in modo lineare sul vettore e quindi sulla malattia. Per esemplificare, il pensiero sotteso è: incremento della temperatura à incremento dell’abbondanza del vettore à aumento del rischio di contrarre la malattia.

In realtà sappiamo bene che i sistemi epidemiologici come quello malarico funzionano in modo non lineare e approcci semplificati non sempre aiutano a comprendere e spiegare quello che accade, rischiando anche di fuorviare la possibilità di intervenire in modo opportuno ed efficace sul problema.

Questa non linearità e complessità delle risposte del sistema malarico è vera anche volendosi limitare alla sola analisi del ruolo del clima. Così nel considerare il nesso causale fra global warming e vettori malarici non è escluso che si scopra che l’eccesso termico possa avere effetti diversi in diverse zone del Pianeta, giocando anche a sfavore dei vettori qualora si creino situazioni climatiche subottimali per le zanzare (potrebbe essere questo il caso di molte zone attualmente gravate dalla malattia). Ovviamente la situazione è ancora più complessa se nella valutazione dell’impatto del global warming si inseriscono anche le altre componenti del sistema malarico, dall’uso del territorio (es. deforestazione e incremento degli accumuli d’acqua come in molte situazioni urbane e peri-urbane) alle politiche sanitarie finalizzate alla gestione sia dei vettori che della malattia. In tali condizioni è davvero arduo derivare semplici regole che leghino cause ed effetti.

In sostanza siamo di fronte a un sistema complesso:  approcci di tipo empirico (basati su una semplificata interpretazione della correlazione fra prevalenza della malaria da un lato e temperatura e precipitazioni dall’altro) rischiano di condurre a risultati altamente insoddisfacenti e di indirizzare la soluzione di un problema mondiale su conoscenze incomplete e non sufficientemente generalizzabili. Come esempio di questo approccio segnaliamo Ivanescu et al., 2016, uno degli articoli proposti alla nostra attenzione dal dott. Ferrara, in cui l’assertività del titolo non trova poi a nostro avviso riscontro nei risultati prodotti.

Alcuni approfondimenti che suggeriamo ai lettori

Con riferimento all’approccio sistemico e meccanicistico da noi perorato per indagare la dinamica dei sistemi epidemiologici e fondare in modo razionale la loro gestione invitiamo a leggere il bellissimo articolo del 2008 di Paul Reiter (malariologo dell’Istituto Pasteur di Parigi) dall’emblematico titolo “global warming e malaria: conoscere il cavallo prima di attaccare il carro”. Tale scritto, proprio a partire da una prospettiva storica, ci esorta a un approccio meccanicistico. Invitiamo inoltre a leggere  l’articolo da noi pubblicato sul Malaria Journal nel 2011 e con cui proponemmo un modello meccanicistico per descrivere e prevedere la dinamica di popolazione di Anopheles gambiae di uno dei principali vettori della malaria, non presente in Italia.

A supporto di quanto da noi affermato in precedenza, fra gli articoli segnalati dal dottor Ferrara invitiamo i lettori a leggere in particolare quello di Sabi e Qader (2009) di cui riteniamo utile riportare le  conclusion:

Qui non si nega il fatto che la trasmissione della malaria sia legata al clima e alla temperatura in quanto sia il plasmodio sia le zanzare vettrici dipendono da essa per loro attività.Tuttavia sussistono molti altri aspetti della malattia che non possono essere ignorati e che giocano un ruolo chiave nel determinare sua incidenza. Pertanto, una previsione sul futuro della malaria  a livello globale non può essere fatta basandosi su proiezioni relativa ad alcune località e considerando solo alcuni fattori causali. Inoltre, la maggior parte della recente ripresa della malaria può essere spiegata con motivi diversi dai cambiamenti climatici.

Il riscaldamento globale non sarà di grande importanza per l’aumento della malaria, a meno che non sia accompagnato da un deterioramento di altri fattori come le strutture sanitarie pubbliche, la resistenza ai farmaci antimalarici, le misure di controllo delle zanzare, la crescita della popolazione e le tendenze migratorie. È molto difficile stimare quali varieranno gli altri fattori in futuro e pertanto non si può veramente fare alcuna previsione accurata sulla malaria. Alla luce di ciò come operatori sanitari pubblici sarebbe più giustificabile incentrare i nostri sforzi per l’eradicazione e il controllo della malaria sui fattori summenzionati”.

Tale brano  ci rimanda al fatto che oggi, come in passato, la cosiddetta “dittatura del clima” (Vasak, 2010) si contrasta in modo efficace con un corretto uso della tecnologia.

Bibliografia

Gilioli G, Mariani L (2011). Sensitivity of Anopheles gambiae population dynamics to meteo-hydrological variability: a mechanistic approach. MALARIA JOURNAL, vol. 10, ISSN: 1475-2875, doi: 10.1186/1475-2875-10-294

Ivanescu et al., 2016. Climate Change Is Increasing the Risk of the Reemergence of Malaria in Romania, Biomed Res Int. 2016; 2016: 8560519.  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5101366/

Nabi S.A. e Qader S.S., 2009. Is Global Warming likely to cause an increased incidence of Malaria?

Libyan J Med. 2009; 4(1): 18–22 Reiter P., 2008. Review – global warming and malaria: knowing the horse before hitching the cart. Malaria J 2008, 7(Suppl 1):S3,  https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3066711/

  • Vasak A., 2010. Emmanuel Le Roy Ladurie et l’écriture de l’histoire du climat, Revue de la Bibliothèque nationale de France, ISBN : 9782717724516, 2010/3 (n° 36)
  • Zhou et al., 2004. Association between climate variability and malaria epidemics in the East African highlands, PNAS, February 24, 2004, vol. 101, no. 8, 2375–2380
Water Lilies The Clouds - Claude Monet
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Redazione Fidaf

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