Leonardo, l’uomo il genio

Se non avesse avuto il marchio del figlio illegittimo, Leonardo da Vinci sarebbe stato quasi certamente un notaio. Tale era infatti ser Piero, suo padre, come pure lo era stato la maggior parte dei suoi antenati per diverse generazioni. Fu invece pittore, scultore, musicista, architetto, urbanista, ingegnere, scienziato impegnato in un ampio spettro di discipline: meccanica, idraulica, anatomia, geologia, astronomia, botanica, ottica, acustica. Leonardo si rivela anche scrittore nei trattati sulla pittura e sul moto. Il suo stile chiaro e conciso prelude a Galileo come creatore della prosa scientifica.

Il primo incontro con Leonardo avviene generalmente nelle scuole. Qui viene detto ai giovani che “per la grande versatilità del suo genio, Leonardo riassume l’universalità del suo tempo. Viene anche detto che come pittore lavorò poco, che la sua versatilità lo spingeva piuttosto a lavori di meccanica e le sue vere passioni erano il volo umano e le grandi opere di idraulica che prevedevano la deviazione di fiumi o la realizzazione di canali navigabili.

E poi, le attività di ingegnere militare, uomo libero al servizio di tiranni, i Medici, gli Sforza, Cesare Borgia, rispondevano alle sue curiosità scientifiche, da lui stesso condannate sul piano etico, oppure costituivano semplicemente un mezzo per far fronte alle proprie necessità di sostentamento?

Protetto dai Medici, grandi sostenitori dell’Accademia Platonica nemica degli aristotelici, ha assimilato gli insegnamenti di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, ma, d’altro canto, in tutte le sue molteplici attività ha avuto, molto razionalmente, si potrebbe dire aristotelicamente, come costante riferimento l’attenta e scrupolosa osservazione della natura. Quindi anche un Leonardo filosofo? Certamente razionalista, anche se, nel Quaderno d’Anatomia, disegnato un torace umano, localizza la sede dell’anima, ad una certa altezza, con le parole Spirituale sito!

Chi si accosta a Leonardo torna allora a rivolgersi all’artista, immenso, indiscusso, innovatore. Sì, ma quante contraddizioni. Il Cavallo, per citarne una, dopo tutto ciò che se ne era detto, non fu compiuto. Quanto alla pittura, poi, chi volesse iniziare da lì la propria conoscenza di Leonardo finirebbe presto con l’imbattersi in una lettera che Pier Soderini, gonfaloniere di Firenze, inviò a Carlo d’Amboise, governatore di Milano. In questa lettera si chiedeva il ritorno di Leonardo che, pur avendo “preso buona somma di denaro”, se ne stava in Milano mentre a Firenze doveva finire la Battaglia d’Anghiari. E la risposta di Carlo d’Amboise è fonte di nuovo disorientamento, perché antepone al pittore il genio. Eccone un brano:

Dappoi che qua l’avemo maneggiato et cum experientia provato le virtute sue, vedemo veramente ch’el nome suo, celebrato per pictura, è obscuro a quello che meritorìa essere laudato in le altre parti che sono in lui de grandissima virtute; et volemo confessare che in le prove facte da lui da qualche cosa che li avemo domandato de disegni et architectura et altre cose pertinenti alla condicione nostra, ha satisfacto con tale modo che non solo semo restati satsfacti da lui, ma ne havemo  preheso admiratione …

Davvero un genio, che, riconosciuto dai suoi contemporanei, sgomenta i posteri, affascinandoli nel turbine del suo sapere.

Oggi i manoscritti di Leonardo, quaderni, fogli isolati, pagine strappate, disegnini ritagliati da collezionisti privi di scrupoli, sono gelosamente custoditi in numerosi musei e biblioteche: le biblioteche Ambrosiana e Trivulziana di Milano, l’Institut de France di Parigi, la Royal Library di Windsor, il British Museum e il Victoria and Albert Museum di Londra, la Library of Christ Church di Oxford, l’Accademia di Venezia, l’ex Biblioteca Reale di Torino.

E’ un immenso puzzle che non ha ancora finito di svelare i suoi segreti. Troppe sono le tessere mancanti: si pensa che, delle tredicimila pagine originarie, ne siano scomparse circa seimila. Forse un giorno alcune di esse ricompariranno, così come è possibile che alcuni dipinti escano dall’ombra.

Tutto della vita e delle opere di Leonardo, maestro dello sfumato, è immerso in un’atmosfera indistinta, misteriosa, sfumata appunto.

Chi subisce il suo fascino vorrebbe sapere qualche cosa di più su di lui, a partire dalle sue relazioni con gli artisti contemporanei: il suo rapporto quasi filiale con il Verrocchio, i contrasti con Michelangelo, la rivalità con Raffaello, le sue opinioni sull’arte di Paolo Uccello e del Botticelli. L’interesse per Leonardo non può arrestarsi davanti ad altri aspetti, più intimamente connessi con la sua umanità: il suo tormento interiore, mai manifestato esplicitamente, le sue frequentazioni di giovani bellissimi, per giungere fino a quella che probabilmente è l’origine della sua singolarità: i rapporti con i familiari. Gli anni della sua infanzia e della prima adolescenza lasciano un segno indelebile nella vita dell’uomo: da un lato i turbamenti di un fanciullo senza padre né madre, dall’altro la serenità di una vita in campagna, presso i nonni, Antonio e Lucia, circondato da una natura splendida e incontaminata. Matura così l’uomo che vede nella natura la principale fonte di conoscenza e cerca di interpretarne i princìpi e le regole. Dirà infatti:

  • mai nessuno deve imitare la maniera dell’altro, perché sarà detto nipote e non figliolo della natura; perché essendo le cose naturali in tanta larga abbondanza, piuttosto si deve ricorrere ad essa natura che ai maestri, che da quella hanno imparato.

Ebbe una madre, che certamente dovette lasciarlo quando aveva appena pochi mesi, un padre, che poté dedicarsi pochissimo a lui, quattro matrigne e sedici fratellastri, che gli contesero la sua parte di eredità paterna. Il padre non si cura di avviarlo ad un regolare corso di studi. Ha soltanto l’idea, straordinariamente felice, di affidarlo ad Andrea del Verrocchio, titolare della bottega artigiana più prestigiosa di Firenze. Qui si realizzano oggetti di oreficeria e scultura, disegni, dipinti, decorazioni. Durante questo apprendistato incredibilmente fecondo, Leonardo comprende come, con l’osservazione, lo studio, la sperimentazione, si possono perfezionare le tecniche ed approfondire le conoscenze. Sarà quindi un dovere, per l’allievo, fare un passo in avanti nel cammino del sapere. Ecco perché affermerà che

  • tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro.

Ma Leonardo vuole andare più a fondo, arrivare a cogliere le leggi che governano la natura, di cui ha un concetto quasi divino. E’ così che formula una teoria della conoscenza scientifica, che appare oggi ai nostri occhi straordinariamente moderna, anticipatrice di quella che, nel secolo successivo, con Galileo Galilei e Isacco Newton, è denominata rivoluzione scientifica. Queste sono le parole di Leonardo:

  • la scienza è il capitano, e la pratica sono i soldati. Quelli che si innamorano di pratica senza scienza son come il nocchiero che entra navilio sanza timone o bussola, ché mai ha certezza di dove si vada.

Nel linguaggio moderno diremmo: teoria e sperimentazione, queste sono le due gambe che fanno avanzare le conoscenze in ogni disciplina scientifica.

Questo approccio conduce Leonardo ad assecondare il proprio interesse e la propria curiosità su un numero enorme di tematiche. Troviamo nei suoi taccuini, a volte in una stessa pagina, disegni e appunti, vergati di getto, relativi ad argomenti del tutto differenti. Non poteva bastare una sola vita per approfondire, generalizzare e sistematizzare tante geniali intuizioni. Così il pittore e lo scultore non portano a compimento tante loro opere; l’ingegnere progetta sommariamente macchine il cui funzionamento sarà compreso soltanto dopo molti decenni o addirittura secoli; il raffinato artigiano, per meglio valorizzare il proprio stile pittorico, sperimenta nuove tecniche che a volte falliscono, con la conseguenza di non tramandare ai posteri opere di grandissimo valore artistico.

Quanto i rapporti familiari abbiano influito sulla formazione dell’uomo non ci restano che debolissimi indizi nei suoi appunti e voluminosi scritti con cui studiosi e psicanalisti, persino Freud, hanno tentato di decifrare la sua personalità.

E’ oggi chiaro che Leonardo, pur essendo universalmente conosciuto come uno dei massimi pittori della storia dell’umanità, ha dedicato alla pittura una frazione molto limitata del suo tempo e delle sue energie. Ciononostante, le sue innovazioni in questo campo sono state straordinarie. La prospettiva non è rappresentata soltanto in termini geometrici, ma anche in termini cromatici: le montagne, ricoperte di vegetazione, in lontananza appaiono azzurrine; all’aumentare della distanza i contorni diventano sempre più sfumati, per effetto dell’aria interposta e dei limiti della nostra vista; è la luce, oltre alla visione binoculare, a dar conto della tridimensionalità degli oggetti. In tutte le sue opere pittoriche, infine, Leonardo non si limita a rappresentare la figura dei soggetti, ma sembra guardar loro dentro: le posture, i gesti, gli sguardi rappresentano gli stati d’animo, quasi sempre complessi, a volte ambigui, dei personaggi e l’atmosfera complessiva che regna sull’intera rappresentazione. E’ così che Leonardo formula questo affascinante teorema:

  • farai le figure in tale atto il quale sia soffiziente a dimostrare quel che la figura ha nell’animo, altrimenti la tua arte non fia laudabile.

Anche nella religiosità Leonardo si distinse rispetto ai contemporanei: la divinità per lui si identificava strettamente con la natura, in un certo senso anticipando di più di cento anni la visione antropomorfa della divinità del filosofo Spinoza.

Prima di chiudere definitivamente gli occhi, tuttavia, Leonardo, il razionalista, si riconciliò con il dio cristiano. Possiamo pensare che, in fondo, la sua adorazione per la Natura non fosse altro che un modo per glorificarne il Creatore.  Non fu certo un modo canonico, ma l’anima, prima di dipartirsi dal suo corpo sfinito, fu pronta a ricevere tutti li ordini di Santa Madre Chiesa e ben disposta. Egli lasciò, nel Codice Arundel, questo brano di una preghiera:

Io ti ubidisco, Signore, prima per l’amore che ragionevolmente ti porto …

Non si finirà mai di studiare la personalità di Leonardo, tanto ricco, articolato e anticipatore è il messaggio che ci ha tramandato.

Una frase, formulata circa un secolo fa da Dmitrij Sergeevič Merežkovskij, scrittore russo del primo novecento, descrive appieno la sensazione che ancora oggi proviamo dinanzi a questo genio: è come un uomo che si sveglia troppo presto, mentre è ancora buio e tutti stanno ancora dormendo.

Sandro Taglienti

scapiliata

 

Redazione Fidaf

2 pensieri su “Leonardo, l’uomo il genio

  1. Il “non finito” spesso è la caratteristica del genio. Come il “non luogo”, il “non nome”, il “non tempo”, ecc… L’astuto Ulisse crea un “non nome”, Nessuno, per ingannare Polifemo, e un “non luogo”, il cavallo di legno, per ingannare i troiani. Queste entità frutto di processi ricorsivi, speculari, inclusivi sono state usate anche da Gesù e Leonardo da Vinci. Michelangelo nella scultura diede origine al termine. L’Adorazione di Leonardo è un non finito e non un opera incompleta, perché l’autore si ritrasse sul bordo destro (per chi guarda), mentre si dirigeva a Milano. Si rappresentò mentre usciva dal quadro, lasciandolo apparentemente incompiuto. La ricorsività è il sigillo del genio, come Archimede che per provare i suoi amici greci matematici gli mandava da dimostrare dei teoremi errati, e loro sostenevano di averne trovato la dimostrazione. Cfr. Ebook: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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